Kuwait Petroleum Italia SpA è un’affiliata di Kuwait Petroleum International, la società di Kuwait Petroleum Corporation che si occupa di raffinazione e distribuzione di prodotti petroliferi al di fuori del Kuwait. Entrata nel mercato italiano nel 1984, rilevando la rete di vendita Gulf, ha lanciato il marchio Q8 nel 1986, ed è poi cresciuta attraverso una strategia di acquisizioni, tra cui Roloil, Mobil Oil Italiana, e le attività Rete, Aviazione, Supply e Distribuzione di Shell, con cui nel 2014 è diventato il secondo operatore del mercato petrolifero italiano.
La società (che d’ora in poi per comodità chiameremo Q8 Italia) si occupa dell’intero ciclo integrato del downstream petrolifero italiano, con particolare focus sulla rete di distribuzione carburanti e, attraverso altre società del Gruppo, sulle vendite dirette di lubrificanti e carburanti per la marina e l’aviazione. Inoltre è attiva anche nella raffinazione con la Raffineria di Milazzo, gestita in joint venture paritetica con ENI.
Dal punto di vista dell’IT a supporto del business, ci racconta Simone Rischia, manager operations IT di Q8 Italia, le sfide principali sono due: essere “motore d’innovazione”, e aumentare l’efficienza (costi e struttura). «Le due cose possono sembrare in contraddizione, ma un utile contributo per conciliarle viene dalla virtualizzazione. Oggi abbiamo due data center completamente virtualizzati, frutto di un percorso iniziato nel 2007 e basato sulle tecnologie di VMware. Inoltre abbiamo totalmente virtualizzato tutti i desktop dei nostri utenti».
«Il 98% dei carichi di lavoro nei nostri sistemi è virtualizzato»
Il risultato è che il 98% dei carichi di lavoro nei sistemi informativi di Q8 Italia oggi è virtualizzato, e tutta la gestione di ambienti e operation è centralizzata. «Tutto questo ci ha permesso di semplificare le attività dell’IT e di migliorare l’efficienza in termini di costi e uso delle risorse, grazie all’automazione. Abbiamo così liberato risorse con cui intraprendere percorsi di innovazione e nuovi progetti, come l’insourcing delle soluzioni di Disaster Recovery, prima affidate a terzi».
Dopo la fase di virtualizzazione, ormai completa e operativa da tempo, l’IT di Q8 sta ora infatti lavorando sul monitoraggio e automazione dei sistemi. «Questo ci consente di fare application performance management, collegando – per la prima volta con report oggettivi – le prestazioni dei sistemi alle richieste del business», spiega Rischia.
Un’altra linea di recente sviluppo è l’adozione di nuovi componenti VMware per erogare facilmente risorse infrastrutturali ad hoc, funzionando come una specie di “cloud service provider” interno nei confronti per esempio di team di programmazione che stanno sviluppando applicazioni per il business.
Come accennato, poi, oltre alla parte server Q8 ha anche virtualizzato le postazioni di lavoro, cosa che – continua Rischia – ha portato notevoli risultati grazie alla standardizzazione e centralizzazione della gestione. «Prima di tutto in termini di riduzione del TCO (Total Cost of Ownership) dei dispositivi, visto che si è drasticamente ridotta l’attività di hardware replacement. E poi anche di aumento del livello di sicurezza per gli utenti».
Un’infrastruttura molto più complessa e performante a parità di persone
Il percorso di virtualizzazione inoltre ha prodotto cambiamenti anche a livello organizzativo e di governance. «Abbiamo due data center (Roma e Napoli), con 300 server virtuali nel primo e circa 400 nel secondo, che riusciamo a gestire con 7 persone in tutto, e avvalendoci pochissimo di società esterne. Quindi grazie ad automazione, monitoraggio e virtualizzazione abbiamo messo in campo un’infrastruttura molto più complessa e performante senza aumentare le persone per gestirla. Non solo: prima il disaster recovery era affidato all’esterno, ora con l’infrastruttura virtuale abbiamo portato quest’attività in casa, facendola testare e certificare ogni anno dagli utenti di business».
Sempre in tema di governance dei sistemi, continua Rischia, è molto migliorata anche la fase di delivery delle nuove applicazioni, «perché quando parte un progetto, poter allestire ambienti di sviluppo e test sulla base delle esigenze che recepiamo rende il processo molto più veloce che in passato».
Per quanto riguarda la parte client, «con la virtualizzazione siamo scesi a tre immagini-base da gestire, quando avevamo i pc fisici erano una quindicina. Abbiamo così ridotto gli interventi di help desk, e anche in caso di problemi assicuriamo tempi di ripristino più bassi, con effetti sulla produttività evidenti».
«Crediamo in un Cloud che integri anche risorse “on premise”»
Infine Rischia si sofferma sulle “lezioni apprese” da questo lungo percorso. «È fondamentale l’approccio di sperimentazione mediante POC (proof of concept) delle tecnologie di frontiera. Oggi si parla molto di Cloud, ma noi crediamo nel Cloud che integri anche risorse on premise, e stiamo cercando soluzioni che abilitino quest’integrazione: i POC che stiamo facendo con vCloud Air (l’offerta di servizi IaaS di cloud pubblico di VMware, ndr) per esempio mirano proprio a capire se la tecnologia è già matura e può già dare risultati rilevanti».
Stesso discorso sull’end-user computing: «Siamo convinti che l’approccio virtuale classico, pur molto positivo, cominci a mostrare limiti: oggi accedere a una macchina virtuale da parte del personale di campo con tablet o smartphone è un problema. Ma c’è la nuova possibilità di rendere fruibili le applicazioni di back-end in HTML5, cioè direttamente su un workplace a cui far accedere l’utente, senza dover fare sviluppi: questo vorremmo realizzarlo il più presto possibile, e lo stiamo testando con POC».
Un tipo di approccio che Q8 sta applicando anche alla Network Virtualization: «È una tecnologia giovane che seguiamo con molto interesse: potrebbe consentire grandi passi avanti in molti ambiti, per esempio in termini di sicurezza, se abbinata con soluzioni di next generation firewall. Però prima di introdurla in ambienti business critical vogliamo avere tutte le garanzie».