“Mentre si traguardano le ultime evoluzioni tecnologiche, come i sistemi cognitivi o la realtà aumentata, di cui si parlerà molto nei prossimi anni, il cloud rimane un tema essenziale, che rappresenta un cambio di paradigma importante nella sua capacità di dare flessibilità e velocità di risposta al business”; così Stefano Uberti Foppa, Direttore di ZeroUno ha introdotto l’Executive Cocktail Cloud Experience: ecco il cloud raccontato dalla prospettiva di chi ha saputo coniugare con successo il modello as-a-service con risultati di business organizzato da ZeroUno in collaborazione con Avanade, che deve il suo titolo anche alla presenza del caso utente Rcs, che ha raccontato durante l’incontro leve, freni e criticità del suo percorso e a al quale verrà a breve dedicato un articolo specifico.
A tracciare lo scenario Stefano Mainetti, Co-Direttore Scientifico dell’Osservatorio Cloud & Ict as a Service, School of Management, Politecnico di Milano, che ha definito questa che stiamo vivendo come la “terza era del cloud”: dopo una prima di adozione opportunistica, trainata dall’idea di un risparmio economico, una seconda fase di sperimentazione, in cui anche le Lob iniziano a cogliere la portata del fenomeno in termini di innovazione attraverso l’adozione soprattutto di servizi SaaS quali la posta elettronica, soluzioni Ucc, sistemi per supportare la forza vendita, siamo ora giunti “All’era della concretizzazione, dove l’offerta, anche in campo PaaS, è matura ed è ormai possibile innovare attraverso il cloud in modo molto rapido”, dice Mainetti, che fa però poi notare un ritardo nella diffusione del PaaS: su una spesa legata al consumo di cloud pubblico di 587 milioni di euro (figura 1), la prevalenza degli investimenti verte infatti soprattutto sullo IaaS, ormai per molte aziende una soluzione anche per i workload business critical (figura 2), e sul SaaS:
“Il PaaS – dice l’analista – con la sua capacità di usare tecniche costruttive moderne per essere flessibili e rispondere al business, è un’opportunità non ancora colta in Italia, ma potenzialmente molto interessante” (figura 3).
Who's Who
Ivan Loreti
Sulla stessa linea Ivan Loreti, Cloud Market Unit Lead, Avanade: “Il PaaS richiede alle aziende un livello di maturità maggiore, ma è proprio attraverso questo che si realizza la piena innovazione”, dice il manager, che quindi definisce inevitabile l’adozione del cloud per ogni impresa che voglia mantenersi competitiva (“Secondo Gartner – dice Loreti – il entro 2020 una strategia ‘on premise only’ sarà insostenibile”), quindi cita, tra i freni che tuttavia stanno rendendo più lenta di quanto potrebbe essere la diffusione della nuvola, il tema delle terms and condition dei contratti con i provider: “In azienda devono svilupparsi ruoli e competenze legate alla comprensione e gestione delle termination fee e delle rinegoziazioni di questi contratti”.
Un momento dell’Executive cocktail
A questa criticità si aggiungano quelle rilevate dagli altri ospiti presenti all’incontro:
resta sfidante reperire le competenze necessarie a gestire il cloud journey – Fabrizio Locchetta, CIO, Siram sottolinea tuttavia che è possibile sviluppare anche in casa alcune di queste competenze: “Una persona che nella nostra realtà per 20 anni è stata responsabile SAP a livello operation, adesso, dopo un percorso di formazione, sta facendo a sua volta dei corsi sul funzionamento della piattaforma Google a tutti i nostri colleghi”.
è fondamentale che ci sia il commitment del business e dei vertici aziendali – Secondo Francesca Carnevali, Head of It Solutions, Adecco, se in fase di execution questo viene a mancare si rischia un pericoloso atteggiamento di giudizio critico nei confronti dell’IT; “Si deve invece comprendere – dice Carnevali riferendosi più in generale a tutti i livelli aziendali – che innovare oggi vuol dire sperimentare ed eventualmente fallire; il fallimento, in un contesto dove tutto viene reso più rapido dal cloud, si recupera velocemente, diventa gestibile”.
si deve lavorare sull’orchestrazione di questi nuovi ambienti ibridi – Come ha fatto notare Matteo Prezioso, It Enterprise Architect, Adecco: “Non possiamo pensare di usare la standard governance IT per gestire il cloud: se l’attivazione di una nuova macchina virtuale richiede pochi minuti, non posso bruciare questo vantaggio con processi di autorizzazione molto più lunghi”. E sempre a proposito di governance è la stessa Carnevali che sottolinea l’importanza di formalizzare l’esistenza di figure dedicate a valutare gli investimenti e i costi legati alla nuvola, a gestire i fornitori e comprendere i contratti.
sul piano tecnologico è critica l’integrazione – Laura Milano, HR, Communications & Presidency IT Manager, A2A sottolinea le difficoltà che si generano quando si deve integrare una soluzione SaaS pura con i sistemi aziendali sottostanti: “Per riuscirci abbiamo dovuto creare un integration layer on premise su cui scaricare e distribuire i dati”, spiega. Sullo stesso tema Prezioso, insieme ad altri, ha ricordato quanto l’integrazione risulti complessa in situazioni multi cloud: “Le difficoltà cominciano a essere importanti quando si vuol far parlare tra loro i diversi cloud provider [e i servizi da questi proposti – ndr]”.
Difficoltà a calcolare il Tco, soprattutto col PaaS – “Resta difficile pianificare i costi – dice Locchetta – durante il cloud journey è facile emergano spese per integrare servizi e sistemi che non erano stati preventivati”; e nuovamente Prezioso, sul PaaS in particolare: “Se con il SaaS e lo IaaS il calcolo è più semplice, con il PaaS è necessario apprendere, fare proof of concept, testare su piccola scala i progetti”; caratteristica del PaaS è infatti una più complessa definizione delle tariffe: le tante variabili di utilizzo che vanno a impattare sui costi rendono più difficile il calcolo del Tco.