Gartner, ‘il 2011 sarà l’anno del PaaS’

In quest’intervista Massimo Pezzini (nella foto), Vice President e Fellow della società di ricerca, fa il punto sul momento attuale e sulle tendenze del mercato cloud

Pubblicato il 08 Apr 2011

pezzini70

Secondo Gartner, il 2011 sarà l’anno del ‘platform-as-a-service’ (PaaS). “Per l’It sarà uno dei principali trend dell’anno – spiega un report -: il PaaS, basato sull’offerta di strumenti middleware (application server, portali, business process management, Dbms, ecc.) come servizi cloud, sarà rivoluzionato dall’entrata di colossi come Ibm, Microsoft e Sap, che andranno a competere con gli attuali leader Amazon, Google e Salesforce.com portando nuove e più consolidate tecnologie in uno scenario per ora frammentato e privo di standard”. Di questo, e più in generale delle tendenze in atto nel cloud computing, abbiamo parlato con Massimo Pezzini, Vice President e Fellow di Gartner, tra i più autorevoli esperti internazionali in ambito application infrastructure e middleware.
“Gli elementi principali di scenario nel cloud computing sono tre – ci spiega Pezzini -. Il primo è la netta preferenza che emerge per il private cloud rispetto al public cloud”. L’analista cita per esempio un sondaggio su clienti Gartner, per lo più grandi aziende, il 75% delle quali da qui al 2012 investirà più in private che in public cloud: tendenza confermata da molte altre ricerche, non solo Gartner. Il secondo punto è che nelle aziende s’affermerà un’architettura ibrida: “Detto dell’interesse per il private cloud, anche il public cloud è apprezzato, almeno in alcuni ambiti SaaS (software-as-a-service), come e-mail o web conferencing, mentre le soluzioni mission-critical restano ‘in casa’: per cui per almeno 5 anni, se non 10, gran parte delle organizzazioni dovrà far convivere e interagire elementi on premise e in cloud privata o pubblica”.
Il terzo elemento è il consolidarsi dell’architettura cloud in tre livelli: infrastructure-as-a-service (IaaS), PaaS, e SaaS. “Quello che per noi sarà in primo piano quest’anno è il PaaS, dove al momento c’è un gran numero di fornitori, ciascuno che offre uno o più componenti as-a-service: database, Bpm, integrazione, e così via”. Una situazione, continua Pezzini, che non può durare: “Per sviluppare un’applicazione complessa ho bisogno di Dbms, app server, portale, strumenti di sicurezza, e altro, e non posso pensare di rivolgermi per ogni componente a un fornitore diverso che me lo eroga come servizio da un data center diverso: perciò pensiamo che ci sarà un consolidamento, con l’emergere di suite di servizi integrati, che girano nello stesso data center e offrono ambienti completi di sviluppo e integrazione”.

Emergono nuove famiglie di servizi
Più in dettaglio Gartner vede come tendenza a 3-4 anni la concentrazione del mercato PaaS intorno a due famiglie di servizi: “Una, detta application PaaS (aPaaS), di strumenti per sviluppare nuove applicazioni, e l’altra, integration PaaS (iPaaS), di strumenti per integrare applicazioni cloud tra loro, e con soluzioni non cloud”.
Un problema del cloud computing è la confusione dei messaggi di fornitori e media, per cui poche aziende utenti hanno oggi le idee chiare. “Un dubbio diffuso per esempio è quanto ha senso un’architettura Soa in un mondo cloud? Di fatto la Soa è un abilitatore per l’integrazione nel cloud: le applicazioni cloud offrono interfacce di accesso a dati e funzioni applicative in una logica che è praticamente Soa: quindi chi ha già fatto investimenti Soa li potrà riutilizzare, chi non li ha fatti è bene che inizi a pensarci, altrimenti avrà molta difficoltà a integrare soluzioni cloud e non cloud”.
In ambito PaaS, poi, la poca chiarezza è legata anche alla forte dinamicità dell’offerta: “E’ il classico mercato nascente con tanti piccoli operatori, nessun grande vendor, tecnologie proprietarie e niente standard; però lo scenario sta cambiando – sottolinea Pezzini -: Microsoft per esempio nel programma Azure tocca sia il discorso iPaaS che l’aPaaS, e promette che tra le evoluzioni future ci saranno anche le funzioni di BizTalk, il suo middleware di integrazione”. Quanto a Sap, sta lavorando su due progetti legati al PaaS: “Una ha nome in codice River ed è uno strumento di sviluppo che sarà disponibile solo come servizio cloud, a disposizione di terze parti o degli utenti stessi per sviluppare applicazioni cloud a contorno di quelle on premise già in uso; l’altra è Business ByDesign, un sistema Erp solo in SaaS che comprenderà un Sdk per customizzare ed estendere la piattaforma”. Passando a Ibm, “ci aspettiamo novità importanti all’Impact, il suo evento che avrà luogo a metà aprile, mentre Software AG pochi giorni fa ha annunciato per il 2012 un’offerta iPaaS con WebMethods, la sua piattaforma di Bpm e integrazione”.
Se il lato offerta prepara molte novità, le aziende utenti, come abbiamo visto, procederanno molto gradualmente con l’approccio ‘ibrido’: “Ci sono anche esempi di ‘pionieri’ che hanno in corso diversi progetti cloud, ma a quanto ci risulta sono più medie aziende che grandi: di recente abbiamo studiato per esempio il caso di una agenzia svizzera di lavoro temporaneo che ha tutte le applicazioni in cloud tranne una, una soluzione di gestione degli skill più specialistici che ha dovuto sviluppare ad hoc”.
Passando all’Italia, “in attesa dei risultati di un’indagine realizzata da ZeroUno che pubblicheremo a breve, vediamo una buona adozione di SaaS come e-mail, web conferencing e CRM; quanto al PaaS, c’è un certo utilizzo di risorse public cloud come Amazon per attività di sviluppo e test, e anche per far girare applicazioni temporanee, che servono per un periodo limitato”.
Visto quindi che nel PaaS in Italia siamo agli inizi, abbiamo chiesto a Pezzini quali best practice suggerisce a chi vuole provare queste tecnologie. “E’ ora di cominciare a ‘giocarci’: alcune piattaforme hanno raggiunto un buon livello di usabilità e maturità”. Nell’aPaaS tutto dipende dal tipo di applicazione: se le classifichiamo in ‘trasformazionali’ (“quelle che rivoluzionano il business, per esempio l’internet banking negli anni ’90”), ‘operazionali’ (“per migliorare l’efficienza”) e ‘situazionali’ (“servono a un team ristretto di persone, per esempio un’applicazione che cerchi una certa competenza nel repository aziendale e in siti come LinkedIn e Monster, utile all’ufficio del personale ma non al resto dell’azienda”), “usare ora servizi PaaS per sviluppare applicazioni trasformazionali non ha senso, ma per le situazionali sì. In questi casi infatti i vantaggi di costi, velocità di sviluppo e immediata disponibilità per l’utenza superano decisamente i potenziali problemi”.
Quanto invece all’ambito dell’integrazione (iPaaS), conclude Pezzini, ”gli strumenti sul mercato sono più maturi: per esempio si può già tranquillamente integrare un’istanza SAP on premise con Salesforce.com con strumenti iPaaS come Cast Iron di IBM o Boomi di Dell”.

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