Personalizzazioni sì, personalizzazioni no. La domanda circa l’opportunità o meno di ricorre a importanti “customizzazioni” dei pacchetti software gestionali è stata per anni un tormentone all’interno della comunità It. Qual è oggi l’atteggiamento del mercato verso questa tematica? Qual è il giusto equilibrio tra il perseguimento di customizzazioni e l’adozione degli standard presenti nei pacchetti? Come cambia questo scenario nel contesto del modello Software-as-a service? ZeroUno ha posto queste domande a cinque vendor di business application e a tre t
erze parti di consulenza, progettazione, implementazione e sviluppo.
“Il trend verso l’Ootb (Out of the Box) – risponde Antonio Pezzinga, partner di Accenture Technology Organization – è emerso in maniera forte già da alcuni anni. L’obiettivo è cercare di ridurre al minimo le realizzazioni custom in modo da minimizzare le necessità di evoluzioni e le spese di manutenzione per aggiornamenti, riducendo così il Tco. Riteniamo che quanto maggiore sia l’utilizzo di funzionalità standard dei pacchetti, tanto maggiore sarà la possibilità di usufruire ‘gratis’ degli aggiornamenti forniti dal vendor software con le nuove release, senza necessità di costose manutenzioni. Accenture ha realizzato diversi progetti con un meccanismo per cui dei bonus erano legati alla percentuale di requisiti soddisfatti con funzionalità Ootb anziché con sviluppi custom. In questo modo si riduce anche la dipendenza dai fornitori o addirittura dai singoli individui che diventano con il passare del tempo gli unici depositari de
lla conoscenza di una determinata applicazione”. Anche Enza Fumarola, country manager in Italia di Infor concorda sul fatto che la tendenza alla riduzione della domanda di personalizzazioni sia effettivamente in atto: “Considerando le soluzioni pacchettizzate Erp e Crm, secondo la nostra esperienza la domanda di personalizzazione è calata di circa il 50% rispetto al passato. E questo ritengo sia avvenuto per due ragioni principali: i prodotti di nuova generazione sono veramente parametrizzabili, basta inserire semplici informazioni per adattare il comportamento del pacchetto alle diverse esigenze aziendali; in diverse soluzioni di alta gamma sono inserite best practice, sono loro a trascinare gli utenti verso il miglioramento di determinati processi”.
Più cauto, anche se sostanzialmente sulla stessa linea, è Sergio Gimelli, direttore Sales Consulting Oracle Applications, Oracle Italia: “La scelta delle aziende di procedere o meno alla personalizzazione delle nostre soluzioni non dipende tanto da particolari tendenze o dall’evolvere dei tempi, bensì dalle peculiarità di ciascun cliente: la situazione è molto variegata oggi come in passato, e le scelte variano molto in funzione della specifica realtà di business e organizzativa di ciascuna azienda. Quello che è però importante notare è che nel mondo Oracle sempre di più le aziende clienti tendono, grazie alla ricchezza funzionale delle soluzioni e alla semplicità di utilizzo, a ‘configurare’ le applicazioni secondo le proprie esigenze più che a ‘personalizzare’: le possibilità di configurazioni sono infatti ormai molto ampie e hanno il vantaggio, ad esempio, di garantire la portabilità alle versioni successive. La configurabilità peraltro va oltre la specifica funzionalità o caratteristica da applicare o meno, ma riguarda anche la configurabilità e disegno dei processi, in modo da modellare l’applicazione sempre più sulla realtà del cliente”.
Sempre più imprese, insomma, ritengono conveniente adottare soluzioni che, previa opportuna parametrizzazione, supportino in modo esaustivo le necessità dei loro processi. La personalizzazione è limitata a questi processi critici per i quali non sono sufficienti gli standard dei pacchetti. In questo caso le aziende si assumono più coscientemente che in passato il rischio di tempi di implementazione superiori e spese fuori dal contratto di manutenzione per effettuare upgrade e formazione. Ma si tratta di un trend che, anche a fronte della situa
zione economica attuale e della crescente competizione globale, si dimostra in discesa: “Oggi – nota Roberto Battaglioli, Direttore Commerciale Erp di Formula – le aziende ricercano soluzioni di mercato facili da parametrizzare, rapide da apprendere, complete funzionalmente, provate, che possano adattarsi al business dell’azienda e che l’accompagnino nella crescita senza ricorrere a personalizzazioni complesse”.
Qu
ando, allora, le customizzazioni sono effettivamente necessarie? Con che criterio richiederle? E quali alternative, eventualmente, esistono? “Le aziende – risponde Matteo Losi, Sales Advisory Manager di Sap Italia – hanno capito che le soluzioni pacchettizzate rispondono all’80-90% dei requisiti dei processi standard e si adeguano alle funzionalità proposte dal software. Le personalizzazioni vengono effettuate a fronte di processi core business, che non sono inclusi nelle best practice proposte dai pacchetti e che fanno la differenza. Per queste personalizzazioni le aziende si affidano a partner specializzati per industry o processo”.
Secondo Filippo Rizzante,
executive partner della società di consulenza e progettazione Reply, “il discorso cambia se parliamo di Erp o di Crm, Supply chain management o Content Management. Per un azienda non importa come sia gestito il ciclo attivo o passivo da un Erp, perché non è un processo che incide sul modo di stare sul mercato. Come si gestiscono le relazioni con i clienti, invece, fa la differenza e qui non si può prescindere da una logica di personalizzazione”. Per i processi differenzianti è possibile ricorrere all’integrazione di applicazioni esterne. “Le aziende – interviene Giovanni Zo
ffoli, direttore marketing della divisione Microsoft Dynamics di Microsoft Italia – richiedono a un Erp di coprire almeno il 70-80% dei loro processi senza dover effettuare personalizzazioni. Il supporto dei processi rimanenti – come il Crm o l’automazione di fabbrica – è possibile integrando soluzioni esterne legacy, o della stessa suite, per beneficiare di economie di scala, o realizzate ex novo con ambienti che garantiscono la compatibilità futura”. I vendor tendono a fornire ai partner e ai clienti escamotage che evitano di mettere mano al codice standard: “Noi offriamo al cliente l’ambiente Sage X3 (Sage Application Framework for Enterprise) – spiega Battaglioli – che può essere utilizzato dai clienti per realizzare sia componenti applicativi del sistema sia per consentire la personalizzazione di Sage Erp X3 in base a esigenze specifiche senza modificare il codice sorgente e senza alcun rischio in fase di aggiornamento di release”.
Molte personalizzazioni mirano a soddisfare esigenze peculiari di un settore verticale più che necessità molto specifiche di una singola azienda. Ecco che i verticali di piattaforme standard vengo
no incontro alla domanda di implementazione rapida, sicura, conveniente ed efficace per il business. “Molte soluzioni pacchettizzate – sottolinea Paola Pomi, Offering e Innovation Manager di Sinfo One – sono oggi disponibili in forma verticalizzata ed evitano il più possibile le personalizzazioni. Un vantaggio di usare una piattaforma standard con poche personalizzazioni si vede anche nella velocità di upgrade. Quest’anno, per esempio, siamo riusciti a far migrare un cliente da Jd Edwards dalla versione 8.12 alla 9.0 nel giro di soli quaranta giorni. Quando è presente molto software custom, gli aggiornamenti possono richiedere anche diversi anni uomo”.
L’approccio Saas: cosa cambia?
Come cambia l’approccio alle personalizzazioni a fronte del SaaS? “In questo contesto – afferma Losi – la tematica delle standardizzazioni è estremizzata. L’approccio offerto al mercato spinge il livello di personalizzazione al minimo necessario: le informazioni di base, il piano dei conti e i processi chiave e poco altro. Il modello SaaS è adatto a chi vuole semplificarsi la vita rispetto ai processi standard”. Infatti, “Il SaaS – precisa Pomi – è adatto ai processi non core. Nel caso del Crm non si presta molto ai processi delle vendite, come l’inserimento degli ordini o di informazioni di prodotto. Inoltre bisogna considerare che, in Italia, molte aziende temono il furto di informazioni”.
Oggi anche nel contesto dei SaaS e del cloud computing cresce la possibilità di ottenere soluzioni integrate personalizzate anche riducendo al minimo necessario la scrittura di codice. “Con l’avvento del cloud – interviene Zoffoli – i partner hanno l’opportunità di specializzarsi di più sugli aspetti verticali e, sfruttando piattaforme erogate sulla nube, servire una base clienti più vasta. A cui basta avere in casa solo dei pc”. “Quando pensiamo al SaaS – conclude Rizzante – tendiamo a vedere solo grandi player. In realtà esiste una miriade di piccoli player specializzati su singole necessità. Salesforce.com, per esempio, non è solo Crm come servizio ma un ecosistema, basato sulla piattaforma Apex, in cui moltissimi partner offrono migliaia di soluzioni e add-on tra le quali si può fare shopping. In quest’ottica il mestiere dell’integratore e della società di consulenza si eleva dallo scrivere brutalmente pezzi di codice e configurare prodotti ad assemblare soluzioni standard per fornire le risposte più adatte alle esigenze dei singoli clienti”.