Dropbox è probabilmente tra i più conosciuti dei circa venti concorrenti attualmente disponibili, normalmente a titolo gratuito fino a qualche giga e poi a pagamento per dimensioni maggiori. Dropbox è anche senz’altro famoso, in senso negativo, per per il problema di security di qualche mese fa quando per alcune ore è stato vulnerabile a una serie di attacchi e furti di dati. Un incidente che ha portato molti It Manager a vietare l’utilizzo di questo strumento.
Sulla scia di Dropbox è uscita un’offerta più mirata al business, Box, che offre interfacce per i vari smartphone e tablet e ha il vantaggio di consentire a un amministratore di sistema di gestire i diversi account utente, garantire privilegi e quindi definire anche preziosi filtri per controllare che tipo di file viene trattato. Ecco che a 15 dollari per utente al mese si ha una casella di 500 Giga, e ci si fida che quanto scritto sul sito, rispetto alle procedure di back-up e ripristino, sia vicino al vero e non mera pubblicità: un buon atto di fede. La cifra è veramente interessante, perché pur non essendo il “gratis” di Dropbox consente una serie di parametrazioni che permettono all’ente Ict di “controllare” quanto avviene sulla nuvola. Negli Usa il problema della sicurezza del cloud, grazie ad esempi come Dropbox ed altri altrettanto imbarazzanti, continua ad essere il leitmotiv di una resistenza a questo approccio che fortunatamente è sempre più debole e appannata.
Personalmente, però, sto andando oltre alle soluzioni disponibili sul mercato e sto seguendo da vicino una start-up della Silicon Valley che tra poco dovrebbe uscire in Beta Test con una soluzione ancora più performante di Box, che oltre a quanto già descritto per l’aspetto di amministrazione di sistema consenta anche di fare una “business intelligence” dei documenti e dati non codificati immagazzinati in cloud. Gli ideatori di questa soluzione sono ancora molto riservati (e si può capire il motivo di tale riservatezza), ma alcune grosse aziende vi hanno già investito importanti somme. Come sempre partecipare al Beta Test, implica il rischio del fallimento e lo spreco di tempo, ma è pur vero che mediamente vale la pena se si può influenzare lo sviluppo secondo i propri requisiti.
In conclusione, è interessante riflettere sulla velocità con cui una tecnologia proposta inizialmente per il mercato consumer, si è rapidamente spostata al business ed ora sia vicina a diventare una soluzione customizzabile per le specificità delle singole aziende. Quello dello storage su cloud è sicuramente un importante settore di innovazione.
* Roberto Dolci è Cio di un’azienda medio grande italiana e lavora negli Usa, nell’area di Boston. Osserva, per conto di ZeroUno, le evoluzioni più interessanti del fenomeno Ict d’oltreoceano.