“L’Italia è uno dei principali mercati per le auto BMW e MINI, e il secondo al mondo per le moto BMW Motorrad. – ci spiega Marco Mangini, Retail Integration e Customer Data Manager di BMW Italia – In questo scenario, per la casa madre di Monaco è fondamentale che tutti i ‘lead’ (contatti, opportunità di vendita, ndr) generati con campagne di marketing, pubblicità, eventi e così via per l’Italia, siano sfruttati nel modo migliore dalla rete di dealer italiani”.
I problemi della soluzione precedente
I concessionari BMW nel nostro Paese sono circa 160, di cui una sessantina si occupano di tutta la gamma (auto e moto BMW e auto MINI), altri 50 solo delle auto, e i restanti 50 solo delle moto. Ogni anno la casa madre di Monaco passa a queste realtà decine di migliaia di lead (34.000 nel 2009), tra cui quelli inseriti spontaneamente sui siti BMW.it, MINI.it e BMW-Motorrad.it (richieste di preventivo, test drive, ecc.), le risposte ai vari tipi di campagne marketing, e così via.
“Già da vari anni i lead raccolti dal sistema Crm centrale BMW vengono indirizzati tramite un portale alla rete di dealer italiani. Questi poi, al termine del processo di tentata vendita, restituiscono al sistema centrale un feedback. Nel 2008 però abbiamo deciso di cambiare tecnologia per il portale: le criticità ormai erano tali da pregiudicare la corretta e completa gestione dei lead da parte dei concessionari”.
Nel dettaglio, continua Mangini, il sistema aveva un’infrastruttura hardware molto costosa era rivolto ai soli responsabili marketing delle concessionarie, ed era poco user-friendly. Inoltre consentiva pochissima reportistica e nessuna attività locale di marketing, e richiedeva tempi molto lunghi per lo sviluppo di nuove funzioni.
“Abbiamo quindi deciso di cercare una soluzione più flessibile, che permettesse di coinvolgere come utenti anche i venditori”. Un’iniziativa su cui BMW Italia si è mossa con una certa libertà di manovra rispetto ad altre realtà locali di multinazionali. “Abbiamo solo dovuto informare l’IT di Monaco del progetto, anche per sviluppare l’interfaccia tra il nuovo portale e il Crm centrale, poi tutto è stato condotto in coordinamento con i colleghi dell’IT interna”.
Il Crm come servizio (dai server Amazon)
Nell’estate 2008 è così partita una software selection tra i principali fornitori Crm sul mercato, che ha portato nell’autunno a una short list di tre soluzioni, tutte on demand. Infine, all’inizio del 2009 è stato scelto l’open source della californiana SugarCrm, con la vicentina OpenSymbol come system integrator.
“Il nostro sistema Crm centrale è una customizzazione di Siebel, e gli altri due fornitori nella short list erano nomi molto più famosi di SugarCrm. Alla fine però abbiamo scelto la soluzione che ci pareva più adatta alla nostra specifica situazione, e che fin dalla prima presentazione del system integrator si è dimostrata in grado di recepire le nostre esigenze ‘in diretta’, man mano che le esprimevamo”.
In sintesi, quindi, nella scelta hanno pesato caratteristiche tipiche dell’open source, come la forte personalizzabilità e integrabilità con altri sistemi, in questo caso il Crm centrale BMW.
Ma i fattori decisivi, sottolinea il manager BMW, sono stati anche altri, “come la velocità di avvio, la prontezza nell’ascoltarci, la flessibilità del prezzo per utente, che rimane lo stesso in una fascia molto ampia, da 100 a 2.000 utenti. Più in generale sul fattore costi, è stata importante la possibilità di pagare un canone, un costo certo, anche perché a parte alcuni sviluppi collaterali, la gran parte del budget che abbiamo stanziato è legato al fatto che abbiamo comprato noi le licenze per i concessionari”.
Altro aspetto fondamentale per i costi è che BMW utilizza SugarCrm in forma di software-as-a-service. “Usando il software come servizio abbiamo eliminato rigidità e costi della gestione interna dell’hardware in cambio di un’ulteriore quota di canone annuale per utente che paghiamo a OpenSymbol, che a sua volta utilizza le infrastrutture di Amazon”.
Molta più flessibilità, e 800 utenti
Come accennato poi il nuovo sistema – che BMW ha battezzato LeadBook – ha permesso di allargare di molto la platea di utenti. “Il precedente portale era rivolto solo ai responsabili marketing delle concessionarie. Ora abbiamo inserito anche i direttori vendite e soprattutto i venditori, per creare un loro coinvolgimento diretto e tracciabile a sistema. Le utenze sono diventate circa 800, con due tipi di licenza: una di livello più alto per i direttori marketing e vendite, che corrisponde a una supervisione e prevede anche della reportistica, l’altra per i venditori che devono semplicemente restituire il feedback”.
In poche parole, il processo di lead management ora si svolge così: i lead vengono raccolti e processati dal sistema centrale di BMW, che li inserisce automaticamente su LeadBook. Questo notifica i nuovi lead inserendoli sulla dashboard del marketing manager della concessionaria, che li smista ai venditori. Questi hanno un certo lasso di tempo per contattare il cliente e condurre la trattativa. Alla fine, in ogni caso inseriscono su LeadBook l’esito, e l’attività di vendita viene monitorata sia a livello della concessionaria dai manager marketing e vendite, sia a livello dell’intera rete di dealer italiani da parte di BMW.
Inoltre, prosegue Mangini, “dato che i dealer si trovano a lavorare con un sistema esterno, senza accesso diretto a dati importanti come il circolante (il database dei veicoli BMW nuovi e usati, diviso per area geografica, ndr) e i passaggi officina, è stata messa a punto un’interfaccia tra LeadBook e il nostro data warehouse, con accesso a questi dati, in modo che il concessionario possa utilizzarli nel modo più proficuo, se vuol fare una campagna locale, o dei riscontri rispetto al proprio sistema”.
A differenza del vecchio, infatti, il nuovo sistema permette ai concessionari di organizzare campagne marketing locali, caricando la lista dei destinatari e le risposte, e anche di gestire lead generati localmente, “che noi come BMW vediamo a sistema solo come numeri e non come nomi, anche per motivi di privacy”.
Una soluzione-ponte, ma strategica
Una delle principali critiche al software open source in ambito aziendale è la scarsa garanzia sul supporto e la continuità degli sviluppi nel tempo. Ma questo non ha preoccupato BMW Italia, anzi: “Paradossalmente la possibilità di non vincolarci fortemente a un fornitore ha favorito la scelta di SugarCrm”.
BMW ha infatti in programma un ampio progetto di Retail Integration su scala mondiale, per condividere con i concessionari informazioni di tutti i tipi su una piattaforma comune, gestendovi tra l’altro tutti i punti di contatto con i clienti attuali e potenziali, e quindi tutti i discorsi relativi a lead, immatricolazioni, passaggi d’officina e così via.
“In attesa dell’arrivo di questo progetto cercavamo una soluzione-ponte, qualcosa di avviabile molto velocemente, oltre che flessibile, user-friendly e tutte le cose che dicevamo prima, ma su cui non garantivamo la permanenza per molto tempo”.
Insomma, conclude Mangini, “SugarCrm ci ha permesso di rispondere a un’esigenza tattica, ma con ricadute strategiche, perché indubbiamente ha consentito un salto di qualità. Per dare un’idea, l’anno scorso abbiamo inoltrato alla rete dei dealer circa 34.000 lead in tutti i 12 mesi, mentre quest’anno ad agosto eravamo già a 40.000. Inoltre la percentuale di follow-up (lead effettivamente contattati dal concessionario, ndr) è passata dal 76% del sistema precedente a oltre il 90%”.
In Italia tanti miti da sfatare
In Italia quanto è generalizzabile il caso Bmw? E qual è la reale domanda aziendale di open source applicativo? L’abbiamo chiesto a Enrico Maggi (nella foto), direttore commerciale di OpenSymbol, la società di servizi vicentina che ha implementato SugarCrm per Bmw.
“Lavoriamo su SugarCrm dal 2004, e siamo l’unico ‘gold partner’ in Italia – ci spiega Maggi -. Abbiamo circa 80 aziende clienti, il 30% sulla versione gratuita di SugarCrm e il 70% su quelle commerciali. Ci sono medie aziende, mediamente con 20-30 utenti finali, quasi sempre venditori. E anche grandi aziende, con punte di varie centinaia di utenti, come Bmw o Zurich Assicurazioni. Possiamo quindi smentire un primo ‘mito’ secondo cui gli applicativi open source interessano solo alle piccolissime aziende”.
Nei primi anni, continua Maggi, il business su SugarCrm si basava solo sui servizi: consulenza, formazione, customizzazioni. Poi si è aggiunta anche la vendita delle versioni commerciali del software, “con entrate minime, perché le tariffe sono basse e ne vendevamo qualche centinaio l’anno”. Da un paio d’anni infine OpenSymbol propone SugarCrm anche come servizio: “In questo caso il canone per utente-anno comprende anche una quota per l’hosting: questa è diventata una fonte di entrate importante”. Il servizio però non è erogato da un proprio data center. “Utilizziamo Amazon Web Services, acquistando risorse man mano che ci servono: se avessimo un data center nostro non potremmo certo graduare i costi in questo modo”.
Ma cosa cerca un’azienda utente che valuta un Crm open source? “Le motivazioni sono diverse, ma non è vero che il cliente vuole l’open source per ritagliarsi la soluzione come vuole. Pochissimi mettono davvero le mani sul codice. In realtà sono gli open standard che interessano: un software open source usa solo tecnologie standard per interfacciarsi con il mondo esterno: altre applicazioni, internet, o strumenti di social networking come Facebook o Twitter. In un software proprietario questo non succede sempre”.
E poi c’è il fattore prezzo. “Il modello open source è meno costoso come processo di sviluppo grazie alla community: migliaia di tecnici ed esperti del sistema mettono a disposizione di tutti le soluzioni ai problemi più disparati. SugarCrm per esempio è tradotta in tutte le lingue, ma il produttore non ha speso un dollaro per le traduzioni”.
SugarCrm ha tre versioni, che si differenziano per ampiezza funzionale e dei supporti: Community Edition (gratuita), Professional (360 dollari l’anno per utente), ed Enterprise (600 dollari per utente-anno). “Noi aggiungiamo 120 euro per utente-anno per chi usa SugarCrm come servizio: garantiamo sicurezza, continuità, fornitura da data center europei (e quindi tempi di risposta praticamente nulli), e l’assistenza in italiano, e-mail e telefonica. E’ un servizio molto apprezzato, sottoscritto da oltre l’80% dei nostri clienti”.
La critica più diffusa all’open source in azienda è la scarsa garanzia sulla continuità nel tempo rispetto ai grandi fornitori. “Questo punto non ci ha mai creato difficoltà, comunque una prima risposta è che SugarCrm è un’azienda vera: ha dimensioni ormai non lontane da Salesforce, un buon management e una chiara roadmap.