Il confronto con Massimo Moggi, presidente e CEO di Westpole, parte da una visione a tutto campo dello scenario che caratterizza le tecnologie della quarta rivoluzione industriale, ma nella focalizzazione sui temi della trasformazione digitale nei diversi processi aziendali e del go2cloud sorge l’interrogativo se non si tratti di rivoluzioni incompiute.
Mancato scale up dei progetti di trasformazione digitale e del go2cloud
“La trasformazione digitale nelle diverse aree aziendali altro non è se non l’applicazione dei protocolli Web e Internet, parliamo di tecnologie non proprio recenti, le cui origini coincidono con la nascita di Internet” esordisce Moggi che prosegue: “Eppure, nonostante il gran parlare che se ne fa, sono poche le aziende che sono riuscite a portare realmente a compimento processi di trasformazione digitale. La maggior parte non è riuscita a concretizzare pienamente né l’una né l’altro e, quando va bene, è ancora allo stadio di PoC (Proof Of Concept)”.
Sono diverse le cause del mancato scale up dei progetti di trasformazione digitale, ma secondo il presidente di Westpole sono principalmente da ricondursi a temi organizzativi: “In primo luogo non hanno funzionato i processi top down: guidati da grandi società di consulenza, molti progetti non sono riusciti poi a superare la prova dell’execution. La carenza di cultura ed endorsment da parte del top management è un’altra causa, insieme alle logiche a silos presenti in molte organizzazioni che hanno determinato, per esempio in progetti di Industria 4.0, in situazioni conflittuali tra marketing e produzione”.
Attiene invece a ragioni principalmente tecnologiche il mancato scale up di progetti cloud. Secondo Moggi il problema ha origine nell’errata convinzione che fosse possibile fare il big bang (spegnere i data center e passare tutto in cloud): “La scelta di utilizzare cloud ‘monolitici’ non funziona. Per tempi troppo lunghi ci siamo cullati nell’illusione di un cloud come delivery intelligente di servizi con costi ridotti; Il tema non è però il risparmio, visto che il cloud è più costoso dell’on-premise, ma sono i vantaggi funzionali soprattutto nel senso della flessibilità. Quello che è successo nelle aziende è quindi una proliferazione di componenti di cloud pubbliche o private, data center on premise… in definitiva un cloud ibrido che porta con sé una estrema complessità che deve essere governata con l’orchestrazione di tutte le risorse messe in campo”.
Le ragioni del mancato scale-up e come superare il problema
Cosa fare dunque per realizzare una trasformazione digitale capace di attraversare tutta l’azienda e che non resti bloccata su progetti pilota circoscritti? Come traghettare l’azienda verso modelli di cloud ibrido governati?
La risposta di Moggi si concentra su tre aree che, coerentemente, trovano risonanza nel modello di offerta di Westpole, storico system integrator italiano che sta cambiando pelle, dopo aver cambiato nome, basandosi su risorse e competenze interne, oltre che sul consolidato radicamento nel mercato italiano. La cui nuova missione è proprio quella di supportare le organizzazioni pubbliche e private in una effettiva trasformazione digitale fornendo strumenti e soluzioni integrate in ambito edge computing, basate su managed cloud service e tecnologie blockchain e AI:
- Superata la sottovalutazione dell’infrastruttura, a causa di una logica che ha messo in primo piano i temi applicativi, vanno riportati in primo piano gli elementi che risultano invece fondamentali in situazioni distribuite: networking, sicurezza, scalabilità dell’infrastruttura. Fondamentale quest’ultima per tematiche attuali come il customer engagement che comporta la gestione di decine di migliaia touch-point e per affrontare la tematica IoT.
- Supportare l’effettiva disponibilità del cloud ibrido perché quelle flessibilità e agilità tanto cercate dal business possono essere garantite solo da soluzioni di delivery basate su cloud ibrido, che possono consentire di scegliere dinamicamente cosa tenere in casa e cosa invece sia più utile esternalizzare.
- L’ultimo tema è il software di orchestrazione per gestire trasversalmente l’automazione dei servizi. “Sul mercato non mancano gli orchestrator, alcuni sono presenti addirittura dagli anni ’90, anche se non hanno avuto successo perché molto costosi e mal posizionati” sottolinea il CEO, precisando che questi sistemi possono garantire, attraverso una cross process administration, la trasversalità dei servizi, rompendo nei fatti le logiche a silos.
“Come Westpole abbiamo avuto la fortuna di avere le radici nelle risposte che questi tre temi evocano”, sottolinea Moggi.
I building block della proposta Westpole
La nuova azienda eredita le risorse, le competenze e il parco clienti di Systems CBT, dopo l’acquisizione da parte di LIVIA Corporate Development del 100% del capitale azionario detenuto da Hitachi.
“L’azienda in passato era soprattutto un fornitore di hardware con la capacità di offrire servizi professionali – ricorda Moggi – Oggi abbiamo riorganizzato l’offerta in tre building block per fornire risposte alle esigenze in precedenza elencate: cloud ibrido, edge computing e orchestrazione basata su blockchain/AI”. Westpole può contare su oltre 230 persone, fra cui 40 sviluppatori nella software house situata a Bologna, circa 900 clienti e un fatturato da 40 milioni di euro, oltre a due data center (a Roma e a Milano) e sedi a Roma, Milano, Venezia e Bologna.
“Come partner Cisco, siamo molto vicini a soluzioni di networking scalabili, pur non avendo fin dall’inizio in mente che queste sarebbero state le risposte giuste ai temi di scale-up rappresentandone oggi una delle principali criticità”, esemplifica, ricordando che i sistemi IoT, se inseriti in un’architettura adeguata possono offrire elevata scalabilità.
“La nostra è un’azienda ‘antica’ che da quarant’anni fa managed service e affonda le radici nell’IT italiano”, aggiunge e ricorda il valore dei managed services dell’architettura As400, ancora a migliaia in Italia. Si tratta di un valore in quanto rende possibile recuperare il vecchio che può evolversi nel nuovo e che più di altri ha bisogno di un sistema ibrido per il go2cloud.
L’orchestratore di servizi, sviluppato dal gruppo degli ingegneri della software house di Bologna, rappresenta la terza componente, indispensabile per connettere le funzioni aziendali che si originano nei diversi silos organizzativi e metterle insieme in uno stream cross-funzionale. Due fra i tanti esempi di utilizzo: nel campo assicurativo, per la gestione dei sinistri; in campo sanitario, per la gestione di pratiche amministrative di una Asl. Il gruppo di sviluppatori Westpole ora sta guardando a temi di machine learning e blockchain per offrire soluzioni sui temi di approvazione delle pratiche, centrale in molti settori.
Alcune aree su cui Westpole sta mettendo in pratica il proprio approccio sono: il supporto all’evoluzione del business model delle catene di vendita di carburante che può estendersi a molte catene di vendita con punti distribuiti sul territorio; l’evoluzione degli stadi, tema caldo con le Olimpiadi di Milano-Cortina, che può estendersi a spazi dove sia importante disporre di un’architettura sicura, scalabile, in grado di veicolare servizi; servizi finanziari che parlano al grande pubblico, approvano pratiche, gestiscono contenziosi e necessitano di grande flessibilità nell’input che potrebbe essere realizzata con sistemi di machine learning per accelerare i processi identificativi e instradare i processi.