Le modalità di comunicazione tra utenti e tra imprese sono ormai diversificate, basti pensare al fenomeno della mobility e ai canali social utilizzati sempre più anche sul fronte del business e non solo in ambito consumer/privato; di conseguenza, le strategie enterprise di Ucc services, Unified Communications and Collaboration, si stanno adeguando alle nuove esigenze guardando in particolar modo all’ottimizzazione dei processi (sia interni sia verso clienti e partner).
“Secondo gli analisti, l’Ucc è una delle voci che sta più velocemente salendo nelle priorità di investimento delle aziende – ricorda Stefano Uberti Foppa, direttore di ZeroUno nel corso di un recente Breakfast con l’Analista organizzato in collaborazione con Orange Business Services -. Il perché è abbastanza comprensibile. L’Ucc rappresenta un elemento molto importante sul fronte della razionalizzazione dei costi e dell’efficienza dei processi; parliamo infatti di un insieme di tecnologie e servizi che, se correttamente implementati e inseriti nei contesti aziendali secondo un disegno organico e strategico, riescono a dare una rapida risultanza anche in termini di efficacia di business. Difficile, quest’ultima, da misurare in termini di ritorno di investimento, ma tangibile sul fronte della razionalizzazione collaborativa attraverso la semplificazione e l’ottimizzazione dei processi coinvolti”.
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Protezione dei dati e sicurezza informatica: punto critico di attenzione
Orange Business Services : Ucc sempre e ovunque, con il cloud
Sul piano della dinamicità e della flessibilità, l’accesso a servizi Ucc sfruttando le potenzialità del cloud apre poi nuove strade. Secondo la società di analisi Forrester, ad esempio, grazie al cloud si creano nuovi “spazi di lavoro” virtuali comuni e omogenei che permettono di coinvolgere fornitori e clienti, accelerando le decisioni di business con un più immediato e semplice coinvolgimento dei decision-maker. Non solo: tali servizi supportano più facilmente i mobile user e consentono di sfruttare le potenzialità dei social media per finalità di business. Una visione confermata dall’intervento di Stefano Mainetti, codirettore scientifico dell’Osservatorio Cloud & Ict as a service della School of Management del Politecnico di Milano, che spiega come “i servizi di Ucc fruiti in modalità public cloud siano una delle aree più promettenti e in forte crescita nel mercato del cloud computing, anche in Italia”.
“Il cammino verso l’It as a service è fortemente spinto da fenomeni come l’industrializzazione It e Tlc e la consumerizzazione che sta velocemente modificando la comunicazione tra persone: i messaggi asincroni (come le e-mail) sono considerati obsoleti dai nativi digitali, ma presto lo saranno anche nelle aziende – commenta Mainetti -. Ci stiamo spostando verso una comunicazione partecipata e in real-time”.
Ma cosa significa questo sul fronte tecnologico? “Per supportare adeguatamente questo cambiamento serve un’infrastruttura cloud globale di comunicazione unificata – risponde Mainetti -. Naturalmente le aziende sono spinte anche da logiche differenti rispetto alla consumerizzazione (che comunque è un fenomeno che non va affatto trascurato). Dall’indagine del nostro Osservatorio, quest’anno emerge che il primo driver verso l’adozione del cloud non è più il contenimento dei costi, ma la ricerca di agilità che si concretizza nell’accesso a servizi utili a supportare la trasformazione in atto sia sul piano It sia di business”.
Parlando di Ucc, quindi, gli ambiti di riferimento dei servizi si ampliano e vanno dalla telefonia al Voip sulla nuvola, conferencing via cloud e su mobile, instant messaging, chat live eccetera. “L’Ucc non si esaurisce però in una semplice implementazione tecnologica – osserva Mainetti -. Le implicazioni sul fronte dei processi sono molteplici e serve una strategia: è fondamentale il training delle persone e diventa indispensabile prevedere un adeguato change management, soprattutto ora che stiamo evolvendo verso complessi modelli ibridi sul piano tecnologico e verso nuove modalità operative sul fronte del business”.
Dello stesso parere Bernardo Centrone, managing director South Central Europe di Orange Business Services che parlando dell’esperienza diretta della stessa multinazionale spiega: “essendo una realtà distribuita geograficamente su 220 paesi con oltre 20.000 dipendenti, siamo un’azienda che prima ancora di erogare il servizio al cliente lo sperimenta e adotta al proprio interno. Viviamo sulla nostra pelle le complessità organizzative e gli ‘attriti’ con il reparto It, ma questo ci consente di comprendere a fondo gli impatti organizzativi e di processo che hanno tecnologie e servizi come quelli di Ucc. La complessità del disegno verso modelli ibridi è una roadmap su cui anche noi stiamo facendo esperienza; le criticità più sfidanti riguardano la sicurezza e l’integrazione dei sistemi”.
La collaborazione e il significato del demand management
Ad avvalorare il quadro fin qui esposto, alcuni dei Cio intervenuti al Breakfast di ZeroUno confermano la forte esigenza di collaborazione delle proprie aziende, sia fra utenti interni, spesso dislocati in sedi e territori diversi, sia con clienti, partner e fornitori.
“Il nostro è un esempio di azienda distribuita sul territorio: oltre 300 sedi, 90 società da connettere, diverse start-up e varie acquisizioni e fusioni. Un quadro che mostra chiaramente la necessità di collegare varie realtà ed utenti – sottolinea Oriana Benetti, messaging collaboration manager di Eni -. Sul fronte della collaboration siamo partiti con una strategia già nel 2009 e oggi ritengo abbiamo raggiunto un buon livello di maturità. Le riflessioni importanti da condividere non riguardano le scelte tecnologiche, quanto piuttosto gli elementi di tipo organizzativo che rappresentano la vera innovazione. L’efficacia della collaborazione fra team e utenti secondo logiche, processi e strumenti nuovi richiede capacità di change management, per accompagnare gli utenti al cambiamento, ma soprattutto di demand management, per capire cosa realmente serve alle persone. Inoltre, innovazione per noi significa anche sapere comunicare correttamente il valore di determinate iniziative al business”.
Anche per Pirelli l’Ucc è stato, ed è tutt’ora, un percorso evolutivo, iniziato con il VoiP per andare poi verso la telepresence e la collaboration tra team che operano su progetti condivisi, ma sono situati in country diverse. “La complessità principale è da registrare sul fronte organizzativo – sottolinea il Tlc manager della società, Giuseppe Fiorentini -. Nel nostro caso ci siamo strutturati con una governance centrale che, rispetto alla strategia di business, decide il modello di riferimento e gli strumenti di utilizzo che vengono poi declinati su più paesi. L’utente un po’ subisce la soluzione sul fronte tecnologico, ma la struttura di governance centrale si occupa anche del demand management affinché le scelte effettuate poi producano un reale valore per gli utenti”.
L’attenzione al demand management risulta fondamentale anche per Daniele Rizzo, responsabile sistemi informativi di Autogrill: “La comunicazione è un’esigenza umana su cui il controllo è rischioso. Attenzione quindi a capire che su questi fronti l’It può essere un abilitatore, ma anche un forte freno. Noi siamo partiti dall’ascolto per capire quali fossero i bisogni degli utenti e ci siamo poi mossi con una vision che ci ha portato alla cloud collaboration. Un’esperienza che ha aperto riflessioni sia sul piano delle barriere al cambiamento sia sul valore del progetto It. La declinazione di una scelta tecnologica sui processi aziendali richiede un accompagnamento, ossia l’adeguata formazione per aiutare le persone a comprendere prima di tutto il cambiamento per poter poi utilizzare al meglio i nuovi servizi proposti. Quanto al valore del progetto, il cloud semplifica molto la complessità infrastrutturale e offre un’agilità superiore nell’erogazione dei servizi. Anche in questo caso, però, gli impatti sui processi It non sono banali e richiedono la giusta ‘preparazione al cambiamento’ affinché l’agilità del servizio tecnologico non si scontri poi con la rigidità dei processi e della struttura organizzativa tecnologica”.
Protezione dei dati e sicurezza informatica: punto critico di attenzione
Porta invece l’attenzione sulle problematiche della confidenzialità del dato Gabriel Demitri, It security manager di Bnp Paribas, motivo per cui la sua realtà ha optato per un cloud di tipo privato. “Gli aspetti di sicurezza sono prioritari – spiega Demitri -. Le aziende rispondono con un certo ritardo a fenomeni quali la consumerizzazione e la mobility perché ci sono diverse valutazioni da effettuare sul piano della sicurezza. Innegabile tuttavia che le soluzioni di Unified Communications and Collaboration siano in evoluzione, proprio sulla spinta di questi stessi fenomeni, e che anche realtà come la nostra, di grandi dimensioni e fortemente distribuita, ne identifichino i benefici sul fronte della produttività e dell’ottimizzazione dei processi”.
“L’Ucc ci sta a cuore per una priorità di cambio organizzativo – interviene Mario Migliori, responsabile area normativa e metodologie Direzione Organizzazione di Banca Popolare di Milano -, ma anche nel nostro caso la sicurezza rappresenta un vincolo. Ci troviamo a dover affrontare un’esigenza organizzativa con vincoli tecnologici, soprattutto sul fronte security, che rendono difficoltosa l’applicazione di una strategia coerente”.
“I freni dettati dalla sicurezza sono più che comprensibili – risponde Massimo Ceresoli, head of global services South Central Europe di Orange Business Services -. Il nostro approccio è quello di non sostituirci mai all’enterprise nella definizione dei parametri di sicurezza: noi siamo gli ‘esecutori’ di un servizio. Come questo deve essere inserito in azienda, con quali policy e strategie di sicurezza lo decide l’azienda in base alle proprie specifiche necessità, spesso dettate anche dalle normative e, quindi, dall’opportunità/dovere di essere compliant”.
Le soluzioni, comunque si trovano. E lo dimostra il managing director, Centrone, citando il caso dell’ European Space Agency: “L’Esa aveva un problema di controllo e sicurezza sui dati da conciliare con le esigenze di comunicazione e collaborazione degli scienziati che lavorano con l’Agenzia. Per loro natura, per la mente creativa e aperta che hanno queste persone, era impossibile offrire loro degli strumenti corporate da utilizzare solo all’interno degli uffici o negli orari di lavoro. Le loro idee creative non hanno orari né limiti geografici. Abbiamo offerto loro dei servizi che consentissero la comunicazione e collaborazione personale, attraverso però un controllo e una protezione del dato centrale”.
Verso il digital workspace
Benché le criticità sia sul fronte organizzativo e dei processi sia in tema di security non manchino, i Cio concordano sul fatto che l’Ucc è una delle strategie più efficaci oggi per abilitare nuovi modelli operativi, facilitando la comunicazione e migliorando la produttività delle persone. Nell’era digitale, ci si sta muovendo sempre più verso il digital workspace.
“In questo momento abbiamo due soluzioni che stiamo cercando di far convergere – racconta Fiorentini di Pirelli -: abbiamo una parte di unified communication di livello ‘personal’ e una di livello ‘corporate’ che poggiano su tecnologie differenti. Stiamo cercando di integrare i due sistemi per muoverci verso un ‘unified client’ che consenta agli utenti di beneficiare, anche attraverso strumenti personal e mobile, di servizi aziendali qualitativamente superiori”.
Parlano invece proprio di digital workstation Demetrio Migliorati, head of customer administration di Banca Mediolanum e Carlo Stella, Ict director di Luxottica.
“Stiamo lavorando all’evoluzione dei modelli organizzativi verso un ‘mondo digitale’ – osserva Migliorati -. Il tutto in funzione di un’ottimizzazione delle performance organizzative che sono richieste prima di tutto dal mercato e da esigenze quali la mobilità degli agenti, l’interazione con gli stakeholder, i rapporti con la clientela e tra i vari utenti della banca. L’Ucc visto dalla nostra prospettiva è l’elemento abilitante la strategia di digital workspace su cui gravano due grandi aspettative: velocità e flessibilità”.
“Nel nostro caso, la digital workstation rappresenta una naturale evoluzione della Intranet – spiega Stella -, ma l’obiettivo primario è offrire servizi in modo più rapido. Tecnologicamente stiamo lavorando per unificare in un unico punto (la digital workstation) tutto ciò che oggi è sparso nella Intranet e in altre fonti di dati. Ma la strategia di fondo va ben oltre il progetto tecnologico ed è affine alle esigenze di flessibilità del business che nella comunicazione e collaborazione può trovare il giusto supporto”.
Orange Business Services : Ucc sempre e ovunque, con il cloud
Pensa all’internazionalizzazione delle imprese e alla ormai spinta necessità di comunicare e collaborare con partner, fornitori, clienti e collaboratori senza limiti geografici e temporali, Orange Business Service. E lo fa rendendo disponibile la propria piattaforma di Unified Communications and Collaboration (Ucc) in modalità as a service, sfruttando la potenza della propria infrastruttura globale e dei data center che rendono disponibile il servizio in tutti i continenti (44 paesi in 29 lingue). L’Ucc as a service di Orange è costruita sull’architettura Hosted Collaboration Solution targata Cisco (le due aziende hanno una partnership quasi ventennale) e sfrutta la potenza di una global cloud infrastructure che Orange ha sviluppato nel corso degli ultimi anni. In particolare, il servizio di Unified Communications as a Service (UCaaS), chiamato Business Together as a Service, poggia su tre data center regionali situati ad Atlanta, Francoforte e Singapore. La piattaforma consente di accedere a differenti servizi che vanno dalla telefonia alla messaggistica unificata, fino all’instant messaging con videopresenza, conferencing (audio, web e video), con un’offerta specializzata anche sul fronte della mobilità per consentire l’accesso a questi servizi anche da tablet e smartphone.