Il mercato cloud è arrivato a un punto di maturità tale per cui le aziende utenti ora hanno bisogno di capire cosa offrono esattamente i vari fornitori e come si differenziano tra loro. Due protagonisti sono certamente Emc e VMware (che fanno parte dello stesso gruppo), per cui abbiamo chiesto alle due filiali italiane di spiegarci il rispettivo posizionamento su questo mercato.
“Emc per scelta non offre servizi cloud direttamente, bensì tecnologie hardware e software abilitanti: proponiamo alle Pmi soluzioni per rendere più efficiente l’infrastruttura It e prepararsi a utilizzare servizi public cloud; alle grandi imprese soluzioni di ottimizzazione e gestione del data center, nell’ottica di realizzare un cloud privato; ai service/telco provider tecnologie per creare un’infrastruttura d’erogazione di servizi public cloud”, spiega Roberto Sortino (nella foto), Director Unified Storage di Emc Italia.
Emc: esordio nel 2009 con Vce
Il nucleo dell’offerta Emc per il cloud si basa sul suo core business, l’area storage/backup allargata a IT management e sicurezza, integrata in stretta sinergia con la virtualizzazione della consociata VMware. Storicamente Emc è entrata nel mercato cloud a fine 2009 con Virtual Computing Environment (Vce), un’iniziativa congiunta con Cisco e VMware basata su pacchetti preintegrati chiamati Vblock, che combinano prodotti di virtualizzazione, networking, elaborazione, storage, sicurezza e gestione dei tre protagonisti.
“Con Vce abbiamo introdotto il concetto di converged infrastructure, poi ripreso da altri grandi fornitori”, afferma Stefano Galoppini (nella foto), Cloud Director di Emc Italia, che prosegue: “Con le sue caratteristiche di pooling e gestione centralizzata delle risorse e automazione del provisioning, la converged infrastructure indirizza l’It verso la conformazione che deve avere nel nuovo scenario cloud”. Essendo però i Vblock pensati per grandi aziende e service provider, continua Galoppini, “per completare l’offerta, Emc ha appena lanciato Vspex, un’architettura di riferimento per introdurre al cloud realtà più piccole, che si basa sulle soluzioni storage e backup di Emc abbinate a quelle di virtualizzazione, server e networking di partner come Brocade, Cisco, Citrix, Intel, Microsoft e VMware”.
Vspex offre 14 configurazioni iniziali, che rappresentano i casi d’uso più comuni per realizzare ambienti di private cloud o end-user computing. Nel primo caso si può scegliere tra VMware vSphere e Windows Hyper-V da 50 a 250 macchine virtuali, nel secondo tra VMware View e Citrix XenDesktop da 50 a 2000 desktop virtuali.
“Ciascuna delle 14 configurazioni è pensata per un tipo specifico di workload: oggi non si chiede più al cliente di quante Cpu, Ram, e connessioni ha bisogno, ma a cosa gli servono queste soluzioni, qual è il tipo di carico di lavoro che devono gestire – precisa Galoppini -. È un salto di qualità che avvicina al concetto di It-as-a-service, ma che ha riflessi anche sul nostro canale Velocity, tramite il quale commercializzeremo Vspex, perché richiede al partner un approccio meno tecnologico e più applicativo: per questo Emc sta investendo molto sul canale”. Un’altra tecnologia che può abilitare una piccola o media impresa al cloud, aggiunge Sortino, è Vplex, che consente di connettere elementi di data center separati fisicamente e trasferire workload dall’una all’altra: “Chi adotta queste soluzioni, domani potrà appoggiarsi a un fornitore cloud esterno con Vplex per scaricare picchi di carico fuori dal suo data center, pagando a consumo”.
VMware, utente finale all’orizzonte
Passando a VMware, è chiaro che la visione del cloud di questo vendor parte dalla virtualizzazione come “elemento propulsore” dei tre livelli di soluzioni che propone in quest’ambito, rispettivamente per l’ottimizzazione delle infrastrutture di data center, lo sviluppo di applicazioni cloud e la fruizione del cloud a livello di utente finale. “Per noi il cloud computing è un discorso prettamente enterprise, in cui il percorso è diverso per ogni organizzazione e va personalizzato”, ci spiega Alberto Bullani (nella foto), Regional Manager VMware Italia. Il punto di partenza è comunque il disaccoppiamento tra risorsa hardware e applicazione, e il raggruppamento delle risorse It in pool logici di storage, rete e unità di server, cioè ‘data center virtuali’ da assegnare alle applicazioni in funzione del bisogno: “In questo senso il cloud consiste nel ‘rivestire’ il data center di un layer di automazione e self-service, automatizzando il più possibile le operation, e accelerando il provisioning verso le unità di business, che possono scegliere i servizi da un catalogo e attivarli da sè”.
A livello di infrastrutture, continua Bullani, l’offerta VMware ha vari componenti, ma i principali sono due: vCenter, una famiglia di prodotti per l’automazione ‘back-end’ delle operazioni di data center, e vCloud, “una suite che costituisce una console self-service per la creazione di servizi, con cui l’utente può agire in funzione dei propri privilegi d’accesso su una certa parte del data center, sfruttando le risorse hardware – Cpu virtuali, Ram, dischi, ecc. – per creare, eliminare o ridefinire macchine virtuali e workload”.
A livello di applicazioni, invece, la proposta VMware si basa su vFabric, “una famiglia di prodotti platform-as-a-service per sviluppare applicazioni basate su nuovi framework cloud, ottimizzate per le esigenze di oggi”. Le applicazioni ora utilizzate nelle aziende, spiega Bullani, si basano in gran parte su concetti obsoleti: “Oggi le applicazioni devono essere utilizzate da molti più utenti di un tempo, se sono web addirittura da milioni di utenti, che si aspettano tempi di risposta immediati, ma in generale vanno concepite per essere solide, portabili e scalabili ai massimi livelli”.
Infine a livello di end-user, VMware rilascerà a giugno Horizon App Manager: “Qui il concetto è che prima le applicazioni erano pensate per l’installazione e l’uso su un pc desktop, mentre ora il focus non è più la macchina ma l’utente finale, che può utilizzare l’applicazione con un’ampia varietà di dispositivi: desktop, thin client, notebook, smartphone, tablet”. Horizon, quindi, conclude Bullani, “rende le applicazioni fruibili in Html5 come servizi, attraverso qualsiasi dispositivo, con qualsiasi sistema operativo, differenziando le tipologie di utente e i servizi da fornire a ciascuno: insomma si può dire che Horizon sposta il concetto di cloud sull’end user”.