La complessità dei moderni ambienti multicloud e la forza lavoro sempre più distribuita stanno mettendo sotto pressione le reti aziendali. Come garantire l’efficienza e la sicurezza del network, ottimizzando la user-experience?
Organizzato da ZeroUno in collaborazione con VMware, il webinar “Virtual Cloud Network: come disegnare una rete efficiente in ambienti multi-ibridi” indaga le possibili soluzioni alle nuove sfide del networking.
Durante la diretta, sono intervenuti Massimo Ficagna, Senior Advisor degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, e Rodolfo Rotondo, Business Solutions Strategist Director EMEA VMware, con la moderazione della giornalista Arianna Leonardi.
Ambienti multicloud e orchestrazione
In apertura, i risultati dell’ultimo Osservatorio Cloud Transformation permettono di tracciare un quadro puntuale sull’evoluzione degli ambienti IT.
“Nel 2021 – riporta Ficagna – il mercato italiano delle tecnologie cloud ha raggiunto un fatturato di 3,8 miliardi di euro. Dopo l’impennata del segmento SaaS nel 2020, oggi tornano a crescere i progetti più strutturati di modernizzazione infrastrutturale e applicativa, tramite soluzioni IaaS e PaaS”.
Lo scenario IT delle grandi aziende nazionali conferma una situazione in maggioranza ibrida. Il 41% del campione dichiara inoltre di utilizzare servizi di più fornitori. L’approccio multicloud, che prima riguardava fondamentalmente le tecnologie SaaS, oggi si estende anche in ambito PaaS e IaaS.
Per gestire ambienti IT sempre più eterogenei e distribuiti, le aziende devono misurarsi con diverse problematiche di orchestrazione e si rivolgono a piattaforme specifiche, principalmente in ambito sicurezza (81%), integrazione (54%), governance (48%), integrazione (31%).
“Attualmente – asserisce Ficagna – non esistono suite di orchestrazione in grado di coprire a 360 gradi tutti gli aspetti, ma piuttosto bisogna ricorrere a una combinazione di strumenti differenti”.
Applicazioni cloud native in crescita
L’Osservatorio Cloud Transformation mette in luce un altro aspetto importante: l’ascesa delle applicazioni cloud native, caratterizzate da microservizi, container, continuous deployment, orchestrazione e automazione.
Nonostante i numerosi vantaggi (scalabilità, portabilità, velocità di sviluppo, sicurezza), il modello cloud native pone sfide importanti: il proliferare dei microservizi, ma soprattutto delle loro connessioni può generare una complessità difficile da gestire, anche dal punto di vista del network.
“Diventa necessario – dichiara Ficagna – mettere in ordine le reti, sia per la natura ‘frazionata’ delle nuove applicazioni sia perché le aziende sono sempre più distribuite. Con la repentina accelerazione dello smart working, il network è diventata sempre più un intrico”.
Software-Defined network: cos’è e vantaggi
In soccorso, ci viene il modello Software-Defined, che dopo essersi affermato con la virtualizzazione dei server e successivamente dello storage, oggi viene applicato anche in ambito networking. La logica di controllo viene astratta dagli apparati di rete fisici ed eseguita a livello software, quindi resa programmabile tramite API.
Da qui deriva tutta una serie di funzionalità: gestione tramite console unificata su vari ambienti di rete; orchestrazione di tecnologie eterogenee; scalabilità delle connessioni in base ai microservizi da distribuire; ottimizzazione del traffico e della Quality of Service; compressione e crittografia dei dati; security and access management dinamico.
“I benefici interni – conclude Ficagna – sono considerevoli, perché l’approccio Software-Defined centralizza e automatizza l’amministrazione delle reti, riducendo le competenze e l’effort necessari. Il network diventa inoltre una fonte di raccolta dati, utili per il monitoraggio delle attività e lo sviluppo di nuove applicazioni, ad esempio in ambito Smart City, Domotica e Industrial Internet of Things”.
La rete per ambienti IT distribuiti
“Viviamo in un mondo sempre più iperconnesso – riflette Rotondo riprendendo le osservazioni di Ficagna – e gli analisti dicono che in futuro la maggioranza dei dati disponibili verrà prodotta alla periferia”.
Rotondo sottolinea il passaggio epocale degli ultimi 15 anni, dal data center tradizionale con perimetro all’ecosistema cloud distribuito fino all’ossimoro per cui il “centro” di elaborazione dati sarà disperso all’edge.
“L’IT – prosegue Rotondo – ha necessità di erogare sicurezza e controllo in ambienti sempre più complessi. L’approccio tradizionale alla rete, dove la scalabilità è limitata da scatole fisiche, oggi si rivela inefficace. La dispersione dei dati ci obbliga a ragionare per i prossimi vent’anni in un modo assolutamente diverso, flessibile e Software-Defined”.
Secondo Rotondo, la rete di nuova generazione deve essere basata su Api e programmabile, in grado di restituire visibilità attraverso ogni dominio (nuvole, edge device, dispositivo degli utenti, datacenter e così via). In questo scenario, le policy di rete devono seguire automaticamente i dati e le app, a prescindere dalla loro posizione; devono essere un servizio che gli sviluppatori possono implementare in autonomia, insieme ai requisiti applicativi.
Virtual Cloud Network, come funziona
A partire da queste riflessioni, VMware propone l’approccio Virtual Cloud Network, che mira a proteggere e valorizzare i dati, accelerando la disponibilità e ottimizzando l’esperienza utente, in un contesto distribuito.
“Il Virtual Cloud Network – suggerisce Rotondo – deve essere visto come un collante su cui si innestano gli elementi infrastrutturali necessari alla Digital Transformation”.
Ma come funziona e si costruisce un Virtual Cloud Network?
“Si parte – racconta Rotondo – creando un overlay sopra all’infrastruttura hardware esistente, che deve funzionare sopra ogni cloud e tipologia di trasporto (Adsl, Mpls, 5G e così via). Anzi, deve aggregare le diverse tipologie di trasporto, scegliendo la più adatta a seconda dell’esigenza e fornendo qualità di servizio; deve quindi connettere e mettere in sicurezza ogni tipologia di applicazione. In questo contesto, per supportare i picchi di richiesta applicativa, i servizi di rete (come il bilanciamento del carico) e di sicurezza devono garantire la stessa scalabilità”.
Rotondo evidenzia i benefici del Virtual Cloud Network: innanzitutto, la riduzione dei costi perché si vanno a ottimizzare le infrastrutture hardware per poi supportare il costrutto software che consente l’erogazione dei servizi di rete; maggiore agilità del network a supporto delle esigenze di business; velocità del time to market grazie all’automazione; sicurezza ottimizzata e coerente sui diversi domini.
Total Economic Impact delle nuove reti
Forrester ha calcolato il Total Economic Impact per misurare i benefici del Virtual Cloud Networking, applicato sulle parte datacenter e Wan.
“Si rilevano diverse efficienze economiche – commenta Rotondo -, con un payback inferiore all’anno e un Roi del 110%. La maggioranza dei benefici è legata all’approccio Software-defined che, disaccoppiando l’intelligenza rispetto alle componenti di trasporto, permette di ridurre gli apparati fisici di rete e sicurezza, minimizzando i Capex ma anche gli Opex legati alla manutenzione dell’hardware. Inoltre, il Virtual Cloud Network permette di efficientare la produttività, sia per gli amministratori IT che automatizzato i task di gestione sia per gli utenti finali in virtù di una migliore experience. Le logiche Software-Defined applicate alla Wan permettono una riduzione dei costi di connettività e un miglioramento dell’operatività, poiché si minimizzano i downtime”.
Rotondo conclude disegnando il percorso tecnologico ottimale per acquisire gli importanti benefici del Virtual Cloud Network: “Innanzitutto – asserisce – si virtualizza la rete, quindi si inizia l’analisi dei casi d’uso e si introducono concetti di automazione. Da qui, si estende il progetto al multicloud e si implementano infine le logiche self-service per gli sviluppatori. L’obiettivo è portare la rete al centro rispetto ai dati e alle applicazioni, che devono essere connesse e protette”.