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Il futuro è nelle mani delle memorie persistenti



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Entro il 2030, o poco dopo, potremmo assistere a un grande sorpasso: quello delle memorie non volatili sulle DRAM. A prevederlo è SNIA, che ha analizzato il mercato e i suoi trend, mettendo in luce le sfide che i produttori sono chiamati ad affrontare a breve. Di velocità, ma anche di costi

Pubblicato il 21 mar 2024

Marta Abba'

Giornalista



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Quando si parla di memoria nel mondo IT, che si abbia “solo” l’intenzione di capire quella più adeguata al proprio ambito o quali sono destinate a custodire per anni i dati prodotti con generosità, è necessario abbandonare la pretesa di una risposta univoca e definitiva. Troppe sono le tipologie, perché tanti sono i principi fisici su cui si basano: è quindi importante e necessario approfondire come i vari dispositivi evolvono. Lo fanno in continuazione, adeguandosi alle esigenze di mercato, limitati oltre che dalle leggi della natura, anche dai costi di realizzazione.

Il sorpasso delle DRAM: una questione di velocità

Chi prova ad analizzare il presente e prevedere il futuro di un mondo così affollato e articolato come quello delle memorie è la SNIA (Storage Networking Industry Association). Con la sua Compute Memory and Storage Initiative (CMSI) si è presa la briga di analizzare le memorie emergenti come MRAM, FERAM e ReRAM, concludendo che potrebbero sostituire la DRAM nel giro di un decennio. Un’ipotesi, più che una conclusione, che nasce dal silenzioso sorpasso in corso in alcune nicchie dove queste tecnologie stanno prendendo piede.

Le memorie persistenti, non volatili, hanno l’esplicito vantaggio di saper mantenere il contenuto anche in assenza di alimentazione, minimizzando il rischio di perdita dati. Di contro, le DRAM restano tuttora decisamente convenienti dal punto di vista dei costi di produzione e sono disponibili in alte densità. Finora sono state le favorite anche per la loro velocità ma, entro il 2030, potrebbero trovarsi a dover cedere tale primato alle competitor.

Secondo SNIA, infatti, le memorie persistenti saranno in grado di eguagliare la velocità delle DRAM, per lo meno alcune. Quelle ferroelettriche (FeRAM) all’afnio, per esempio: sfruttando uno strato di materiale ferroelettrico per ottenere la non volatilità, si stanno dimostrando molto veloci e con cicli di scrittura molto rapidi. Anche le MRAM (memorie RAM magnetoresistiva), immagazzinando informazioni come campo magnetico invece che come quantità di carica elettrica, sono ottime candidata al “grande sorpasso” della DRAM. A quel punto, sarà solo una questione di costi.

Costi e resistenza: le sfide dei produttori

Veloci e permanenti, i vari tipi di memorie persistenti avranno secondo SNIA la strada spianata per diventare le protagoniste del mercato. La avranno quando, più che se, riusciranno a scalare e a far scendere i costi.

Una via percorribile potrebbe essere quella imboccata da molti produttori, che si stanno dedicando al mercato embedded. Sarebbe il modo più rapido ed efficace per essere utilizzate in ambienti di produzione e accumulare il volume necessario per veder ridurre i costi, anche per le memorie autonome a volume più elevato.

Dal punto di vista più tecnologico, una criticità da affrontare sarà prima o poi quella della resistenza o il problema dell’usura. Avendone già sofferto le memorie NAND, però, esistono tecniche di livellamento dell’usura incorporate nel software che gestisce le unità SSD. Secondo gli esperti di SNIA, sono efficaci ma vanno testate, per essere certi che assicurino alle memorie non volatili una resistenza più elevata rispetto a quella delle DRAM.

Per quanto riguarda le interfacce host, nelle previsioni realizzate c’è poco spazio per i dubbi. Quella del futuro sarà il CXL, o Compute eXpress Link, grazie alla sua capacità di collegare qualsiasi tipo di memoria al processore host. “Cancella le differenze”, una dote preziosa e non da tutte, che supporterà l’emergere delle memorie permanenti, aiutando l’intero settore a evolvere. Nei dovuti tempi, non prima del 2030.

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