Scenari

4G in Italia: cresce LTE Advanced, in attesa del boom con le small cell

TIM e Vodafone stanno espandendo l’LTE a 225 Megabit, che pure Wind e 3 Italia si preparano a adottare. Ma è solo l’inizio di una lunga roadmap che ci porterà fino al 2020, cioè fino al 5G, attraverso una serie di tappe: nel 2016 vedremo crescere ancora la velocità di picco LTE Advanced fino a 500-600 Megabit, mentre si diffonderanno le small cell e tecnologie come LTE-U, LTE Direct e LTE Broadcast

Pubblicato il 09 Mar 2015

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La crescita della connettività 4G è già realtà, anche in Italia: quest’anno TIM e Vodafone stanno espandendo l’LTE Advanced a 225 Megabit (mentre l’LTE in genere copre l’80 per cento della popolazione), che pure Wind e 3 Italia si preparano a adottare. Dai rispettivi siti web, risulta che Vodafone ha l’LTE Advanced in 150 città e TIM in 122, anche se al momento solo i nuovi cellulari (usciti nell’ultimo anno) supportano questo standard.

Ma è solo l’inizio di una lunga roadmap del 4G ci porterà fino al 2020, cioè fino al 5G, attraverso una serie di tappe che possiamo già prevedere. In sintesi: già da quest’anno e nel 2016 vedremo crescere ancora la velocità di picco LTE Advanced (fino a 500-600 Megabit), mentre si diffonderanno le small cell e tecnologie come LTE-U, LTE Direct, LTE Broadcast.

Sono tutti sviluppi che devono avvenire in contemporanea, perché si realizzi la promessa del 4G: velocità più alte, per una mobilità onnipresente e anche più ricca di servizi a supporto delle attività quotidiane. Lo dimostrano i numeri, che parlano di una sfida: gli operatori dovranno reggere una crescita del traffico mobile senza precedenti. Secondo Cisco si passerà dai 2,5 exabyte del 2014 ai 4,2 del 2015 e poi una sequenza di salti fino ai 10,7 exabyte del 2017 e ai 24,3 del 2019.

LTE e Internet of Things, si comincia dalle auto

Questo boom si spiega non solo con la diffusione dell’LTE tra le persone e con la crescita delle velocità di picco. Ma anche con la penetrazione dell’LTE nell’Internet of Things, per applicazioni che richiedono grandi capacità e basse latenze. Per esempio nelle auto. Al recentissimo Mobile World Congress di Barcellona Huawei, Qualcomm e Alcatel-Lucent hanno mostrato integrazioni LTE per le auto, e Audi ha annunciato che dall’anno prossimo renderà di serie l’LTE su tutte le auto.

Noi abbiamo provato la tecnologia di Alcatel-Lucent: utilizza VoLTE (Voice over LTE) e Rich Communications per alcuni servizi in auto, per esempio la possibilità di ordinare a voce (con un microfono installato in auto) alcuni prodotti in un fast food vicino, per poi prenderli di persona. Sempre a Barcellona, Qualcomm e Ericsson hanno mostrato i primi apparati LTE Advanced Cat 11 a 600 Megabit (oggi in Italia siamo alla Cat 6).

Ai crescenti usi e prestazioni dell’LTE si dovranno affiancare tecnologie e strategie innovative di rete. Possiamo riassumerle così: si va verso una maggiore intelligenza e complessità dei network, al doppio scopo di ottimizzare le risorse di spettro esistenti e trovarne altre. Già, “le risorse spettrali” saranno sempre più il petrolio delle nuove “macchine” mobili. Lo capiamo con una metafora automobilistica. Adesso è come se stessimo aumentando la potenza dei motori delle auto circolanti. Nel contempo, stanno aumentando le stesse auto, sulle strade. Come permettere alle auto di sfruttare le nuove velocità di cui sono capaci? Come evitare le congestioni nei momenti di punta e nei luoghi più trafficati (aeroporti, stazioni, centri commerciali, stadi…)? Con strade migliori. Ossia reti più distribuite e con più frequenze disponibili per la banda larga mobile.

Small Cell: verso reti che valorizzano vicinanza e servizi locali

Per il primo punto, c’è una grande promessa nelle “small cell”. Sono piccole antenne che creano celle delle dimensioni di un ufficio o un centro commerciale, stazione, aeroporto eccetera. Possono essere usate anche in esterno, nei luoghi di grande affollamento: ad Amsterdam e a Parigi sono appoggiate ai lampioni e ai cartelloni pubblicitari. Sono collegate direttamente alla rete dell’operatore oppure – negli uffici – tramite la fibra ottica dell’azienda.

Avvicinare la cella all’utente non serve solo a aumentare le risorse e migliorare la copertura indoor. È, di per sé, una rivoluzione copernicana perché con l’antenna possono avvicinarsi all’utente anche servizi e contenuti, personalizzati in base al contesto e persino alla persona (se l’utente lo consente). Alla small cell può essere collegato un server che fornisce pubblicità ad hoc, coupon, servizi di navigazione all’interno di un centro commerciale. A Barcellona abbiamo visto un server Huawei che analizza il traffico fatto dagli utenti, i loro spostamenti fisici, e fornisce così informazioni utili, aggregate, a un centro commerciale (o a un Comune, a un aeroporto eccetera). Per esempio può rivelare che solo poche persone passano da certi negozi.

Ne derivano così nuove possibili fonti di ricavo per gli operatori, che possono offrire servizi e tecnologia al centro commerciale di turno. In generale, stiamo abbandonando un paradigma di rete basato solo su macro celle, dove il servizio è erogato a pioggia, dall’alto, uguale per tutti. Si va verso “reti ibride” che valorizzano il concetto di vicinanza e di servizi locali.

LTE Broadcast: video e TV per i reply allo stadio, ma anche per la pubblica sicurezza

All’interno di questo nuovo paradigma ci sono anche le tecnologie di LTE Direct e LTE Broadcast, che gli operatori si apprestano a utilizzare. LTE Direct è il collegamento diretto a servizi o altri utenti presenti in prossimità. Si vuole evitare il collegamento alla rete principale, laddove possibile, con un risparmio di risorse ma anche di batteria dei cellulari. LTE Broadcast sono invece servizi TV e video che gli operatori potranno mandare con un flusso unico per tanti utenti. Laddove finora i video su rete mobile sono stati “unicast”: hanno avuto bisogno di un flusso di dati per ciascun utente richiedente (era “broadcast” anche il Dvb-h che però utilizzava frequenze ad hoc ed è fallito).

L’utilizzo più comune dell’LTE Broadcast sarà tramite le small cell, per contenuti video rilevanti in quel luogo specifico (in uno stadio può essere un replay; in un centro commerciale, un video che mostra le promozioni del momento). L’LTE Broadcast può servire anche per breaking news e per servizi di pubblica sicurezza (che pure hanno spesso un carattere locale).

Per aumentare le risorse effettivamente disponibili invece la via è usare nuove frequenze. Quelle licenziate in arrivo nel breve periodo non saranno ottimali per l’LTE mobile: in Italia sono in ballo la fascia 3.6-3.8 GHz e quella 26-28 GHz. La preziosissima banda 700 MHz (già in uso da tempo negli USA) dovrà essere liberata tra il 2018 e il 2020 in Europa, secondo la Commissione europea, anche se la Germania ha già avviato le procedure per indire l’asta in estate e concedere le frequenze nel 2017; in seconda fila c’è la Francia che punta a fare un’asta a dicembre 2015.

In attesa delle nuove frequenze, spazio alle frequenze non licenziate: ecco LTE-U

Nel breve-medio periodo gli operatori si concentreranno quindi sull’uso di frequenze non licenziate e in particolare si guarda ora ai 5 GHz, finora utilizzate dal Wi-Fi. A Barcellona si è vista la tecnologia LTE-U (la “u” sta per unlicensed), con cui gli operatori possono aggregare le normali frequenze LTE con quelle 5 GHz e raddoppiare le risorse disponibili per utente. Finora invece gli operatori hanno fatto solo Wi-Fi offload, cioè fatto transitare i propri utenti 3G/4G su hot spot Wi-Fi (per esempio nei centri conferenza, nelle fiere). Qualcomm è in prima fila con l’LTE-U e prevede di fornire i primi chip a metà 2015; nel 2016 dovrebbero arrivare smartphone compatibili.

Ci aspettano insomma non solo reti più veloci, ma anche più complesse e articolate. Per gestire questa nuova complessità, gli operatori dovranno anche aumentarne l’intelligenza, per esempio adottando le tecnologie di virtualizzazione, che ora vanno per la maggiore nei listini dei vendor.

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