Il fenomeno tecnologico che più sta interessando il mondo dell’ICT nell’ultimo decennio è senza dubbio l’avvento del cloud computing. Quello a cui stiamo assistendo, in buona sostanza, è una progressiva diminuzione dei carichi di lavoro dei data center aziendali, che non poche aziende hanno deciso di abbandonare del tutto, scegliendo di optare per soluzioni di cloud pubblico. Una tendenza che, nel breve periodo, appare inarrestabile, anche per i vantaggi in termini di costo, competitività e scalabilità che le diverse forme di cloud computing sono in grado di assicurare. In realtà, però, il mondo Data Center sta già vivendo un’altra trasformazione tecnologica, ovvero l’edge computing che, per molti versi, appare in contraddizione con il cloud computing. Il quale, riducendo le cose ai minimi termini allontana i dati dall’utilizzatore finale. Mentre invece l’edge computing mira proprio al contrario, ad avvicinare le risorse di elaborazione all’utente finale.
L’edge computing si mangerà il cloud?
A questo proposito, qualche tempo fa, aveva fatto scalpore l’intervento di Thomas Bittman, analista di Gartner, che aveva addirittura pronosticato che, nel lungo termine, l’edge commputing si sarebbe letteralmente “mangiato” il cloud. A fare la differenza sarebbero soprattutto l’esplosione del volume dei dati innescata dall’Internet of things e il problema della latenza, che secondo Bittman non potrà essere risolto dal paradigma cloud, nonostante gli sforzi e i passi in avanti dei cloud provider. La necessità di interazione in tempo reale, insomma, potrebbe realmente fare la differenza. C’è però chi dà anche una lettura meno in contrapposizione tra questi due fenomeni tecnologici: l’edge computing si sta rapidamente affermando come paradigma infrastrutturale nelle moderne industrie 4.0 a largo impiego di IoT, che per ragioni produttive hanno una soglia di tolleranza piuttosto bassa alla latenza.
Una coesistenza possibile
Ci sono però tantissimi altri casi in cui il cloud parte in vantaggio: basti pensare all’analisi dei Big Data, che può essere affrontata solamente facendo ricorso alla centralizzazione di fonti disparate tipica del cloud. Se invece non c’è reale necessità di cumulare i dati, ecco che allora l’edge computing ritorna in ballo. Facendo un esempio pratico: se la tua auto connessa riceve dati sul traffico in tempo reale e aggiornamenti GPS dall’area circostante, probabilmente non c’è motivo di inviare dati avanti e indietro a un data center a cinque stati e a mille miglia di distanza. Ma per l’archiviazione e lo studio dettagliato di questi dati probabilmente potrebbe essercene bisogno. Insomma, è probabile che per lungo tempo continueremo a vedere coesistere cloud ed edge computing.