Strategie

Apple e IBM, perché la “mega-alleanza” rivoluzionerà il mercato Enterprise Mobility

Una panoramica dei commenti degli analisti sull’inatteso accordo strategico tra le due “big”. Molti gli impatti e le sfaccettature: i più immediati sono il rafforzamento della credibilità di Apple come fornitore di device per il business, e il grande bagaglio di competenze e risorse “istituzionali” sul mondo aziendale portati in dote da IBM, che guadagna visibilità presso gli end-user professionali

Pubblicato il 23 Lug 2014

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Ginni Rometty, Chairman, President e CEO di IBM, e Tim Cook, CEO di Apple

Apple e IBM hanno annunciato qualche giorno fa una partnership di ampio respiro che riguarda l’Enterprise Mobility, che prevede lo sviluppo di oltre 100 App di business per iPhone e iPad basate sulla piattaforma IBM MobileFirst, focalizzate negli ambiti Analytics e Big Data, e specifiche per vari settori. L’alleanza prevede anche esclusivi servizi cloud IBM ottimizzati per iOS, tra cui gestione dei dispositivi, sicurezza, analisi e integrazione mobile; una nuova offerta di assistenza e supporto AppleCare su misura per le esigenze degli utenti di queste soluzioni; e nuove offerte bundle di IBM per attivazione, fornitura e gestione dei dispositivi, tali per cui IBM venderà dispositivi iPhone e iPad con le soluzioni specifiche per settore ai propri clienti business nel mondo.

È un accordo inatteso, soprattutto per la sua ampiezza, al quale oltretutto i due CEO – Tim Cook di Apple, e Ginni Rometty di IBM – hanno riferito di aver lavorato per due anni. Si tratta chiaramente di una novità importante per l’intero settore ICT, che molti analisti hanno commentato evidenziandone le varie sfaccettature e impatti. Quelli forse più immediati sono da una parte il rafforzamento della credibilità di Apple come produttore di device per il business. Dall’altra il grande bagaglio di competenze e risorse “istituzionali” sul mondo aziendale che IBM porta in dote.

Questa mossa dimostra un rafforzamento dell’approccio all’Enterprise Mobility di entrambe le parti, spiega Richard Absalom, Senior Analyst Enterprise Mobility and Productivity Software di Ovum, e specialmente di Apple che guadagna un nuovo fondamentale canale di vendita verso le imprese. «Finora la strategia enterprise di Apple si è basata sull’allargamento della base di utenti consumer, sul fatto che questi portino il loro iPad o iPhone sul lavoro diffondendone l’uso in azienda, e su accordi con produttori di software MDM (Mobile Device Management) in modo da permettere un controllo centralizzato dei device da parte dell’IT aziendale. Questo accordo è importante per Apple perché semplifica gli aspetti di distribuzione e procurement, e quindi l’uso di device iOS nell’ambito di una strategia integrata di Enterprise Mobility».

«È un grande passo avanti da parte di Apple, che semplicemente ha trovato in IBM un “outsourcer” di alta qualità in termini di organizzazione delle vendite, del supporto e dei servizi – aggiunge Frank Gillett di Forrester Research -. Così Apple mantiene il suo focus, ma si allea su larga scala con un partner che può rappresentarla totalmente nel mondo enterprise».

Per Apple l’enterprise è l’unica strada per crescere

«Apple ha assolutamente bisogno di sviluppare il mercato enterprise per l’iPhone, e in parte anche per l’iPad – fa notare John Delaney, Associate Vice President Mobility di IDC -, perché per i target di prezzo che si è sempre prefissata non può puntare sui driver attuali di crescita del mercato consumer, che sono i Paesi in via di sviluppo e i prodotti di prezzo medio e basso».

Molti analisti sottolineano che la casa della “mela” ha fatto grossi passi avanti negli ultimi anni in campo enterprise, sia tramite accordi con vari specialisti di MDM, sia con le funzionalità di sicurezza e gestione integrate nella versione 7 di iOS, ma che le mancava il salto decisivo che desse credibilità ai suoi device come componenti di strategie di Enterprise Mobility anche di larga scala.

«Il fatto è che l’attenzione dei dipartimenti IT si sta spostando dai device alle App, perché i device sono gli stessi per tutti, mentre il valore scaturisce da ciò che si fa in azienda con essi, e cioè dalle applicazioni». Il problema principale per le aziende ora è integrare device e App mobili con l’infrastruttura e il parco applicativo già esistente. Per spingere gli iPhone e iPad in uno scenario del genere, Apple molto semplicemente deve veicolarli attraverso partner in grado di proporre un’offerta il più possibile integrata di sviluppo di Mobile App, gestione di software e device, e systems integration. Insomma, un pacchetto “end-to-end”, “e IBM è uno dei player più forti corrispondenti a questo ritratto», osserva Delaney.

La scelta di IBM, invece che di altri “big” con grandi strutture di servizi IT, come HP o Dell, si spiega con il fatto che Big Blue non vende device, e non ha praticamente più niente a che fare con il mondo consumer, sottolinea Ezra Gottheil di Technology Business Research: «Non c’è nessun conflitto d’interessi in nessuna forma».

IBM, spiega Delaney di IDC, porta in dote un insieme sempre più maturo di competenze e risorse di enterprise mobility, investimenti di sviluppo e di marketing in MobileFirst: una solida piattaforma su cui Apple può sviluppare il suo business enterprise, anche se secondo Absalom di Ovum il beneficio su MobileFirst è reciproco, «perché IBM ha bisogno di recuperare un po’ in termini di execution su questa piattaforma».

Cosa guadagna Big Blue

Al di là di questo, cosa ottiene Big Blue da questa alleanza? Certamente una spinta per la sua offerta di App rivolte agli utenti aziendali, e un rafforzamento della sua piattaforma di EMM (Enterprise Mobility Management) in ambito iOS, sia nei confronti degli sviluppatori, sia dell’IT aziendale in cerca dei livelli di sicurezza enterprise-level per le App utilizzate appunto su device Apple.

Ma soprattutto IBM conquista un’enorme visibilità presso gli end user aziendali. I quali, sottolinea Delaney, sono sempre più influenti nelle scelte dei device mobili utilizzati in azienda: un trend ovvio in caso di politiche di BYOD (Bring Your Own Device) attive, ma sempre più valido anche negli altri casi, e questo per due ragioni. «Prima di tutto se gli end user non gradiscono gli strumenti mobile forniti in dotazione dall’azienda hanno molti modi per intervenire da soli su di essi; inoltre il rollout e l’adozione di device e app mobile hanno molta più probabilità di successo se gli end user li conoscono e sono abituati a usarli».

Restando in tema, secondo l’analista di IDC quest’alleanza tra Apple e IBM potrebbe sfavorire la diffusione delle pratiche BYOD nelle aziende. «Uno dei principali driver del Bring Your Own Device è che gli utenti vogliono usare i loro iPad e iPhone sul lavoro. Ma se è l’azienda a dare loro in dotazione un iPad o iPhone, a seguito di un contratto con Apple e IBM, perché dovrebbero voler usare il proprio?».

Sia Ovum sia IDC infine evidenziano la non esclusività dell’accordo per Apple, che continuerà a lavorare con vari vendor EMM e cercherà accordi con altri fornitori di servizi IT, «ma con questo accordo fa certamente un grosso passo avanti nell’allineare la sua strategia di go-to-market con i trend di adozione del mobile nelle aziende».

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