Mobile Payment

Apple Pay compie due anni: la diffusione di massa può attendere, l’Italia anche

Attivo solo in 8 Paesi, il servizio non ha ancora fatto esplodere il Mobile Payment come auspicavano gli analisti, ed è rallentato dalla concorrenza degli altri produttori di smartphone e dalle resistenze di banche e retailer in alcuni Paesi. In Europa è disponibile solo in UK, Svizzera e Francia, da noi non è previsto a breve

Pubblicato il 07 Set 2016

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In queste ore Apple è al centro dell’attenzione della comunità mondiale dell’hi-tech, ma anche dei media più generalisti per la presentazione ufficiale, ormai data per scontata, dell’iPhone 7 e di iOS 10, che avverrà con un grande evento a San Francisco. Proprio all’evento analogo di due anni fa, oltre all’iPhone 6 e ad Apple Watch fu annunciato Apple Pay, di fatto il primo sistema di proximity mobile payment basato su NFC (Near Field Communication) di un colosso del settore.

Molte erano state allora le analisi positive o addirittura entusiastiche sulla possibilità che Apple Pay facesse fare il salto di qualità e popolarità decisivo al Mobile Payment, facendolo diventare un’abitudine di massa.

Le cose però sono andate diversamente, e due anni dopo Apple Pay, pur avendo registrato risultati rilevanti, si trova oggi a fronteggiare un contesto competitivo complicato, con player agguerriti del mobile hardware vero e proprio (Huawei e Xiaomi sono recentemente scesi in campo, Samsung e LG l’hanno fatto già da tempo), ma anche del Finance e del Retail. In più, come fanno notare gli esperti dell’Osservatorio Mobile Payment del Politecnico di Milano, le soluzioni di pagamento offerte ai consumatori sono tante (anche a parità di tipologia di acquisto) e sinora – in generale nel mondo – nessuna è riuscita a prevalere decisamente sulle altre.

In due anni solo nove Paesi, ancora escluse Germania e Italia

È piuttosto indicativo che a 24 mesi dal lancio, Apple Pay sia attivo solo negli USA e in altri 8 Paesi: Regno Unito, Cina, Australia, Canada, Singapore, da luglio Svizzera e Francia, e da agosto Hong Kong, mentre entro la fine del 2016 dovrebbe toccare alla Spagna.

Come si nota, brilla l’assenza, oltre che che dell’Italia, anche del principale mercato europeo, la Germania, dove sembra che Apple sia frenata soprattutto dalla frammentazione delle banche e dalla bassa diffusione dell’iPhone. E l’Italia? In Apple la scelta dei mercati in cui attivare Apple Pay segue una rotta ben precisa, sintetizzata dalla Jennifer Bailey, Vice President Apple Pay: «Teniamo conto della diffusione dei nostri prodotti nel Paese, di quella delle carte di credito e di debito e della copertura dei pagamenti contactless». L’Italia in questo senso non brilla per propensione alle transazioni cashless (si veda qui la recente analisi dell’Osservatorio Mobile Payment del Politecnico di Milano). Nel 2015 l’uso del contante in Italia si è mantenuto infatti saldamente superiore al 50 per cento, molto al di sopra dei Paesi con cui siamo soliti confrontarci, e i pagamenti digitali con carta – di poco superiori al 20 per cento – hanno rallentato la loro crescita rispetto al 2014.

Comunque alcuni recenti indiscrezioni, circolate negli ultimi mesi nei blog specializzati parlano di incontri tra Apple e rappresentanti dei principali istituti bancari italiani per definire un percorso che dovrebbe culminare con l’introduzione del servizio a metà del 2017. Ma nulla è ancora confermato ufficialmente, anche per quanto riguarda le banche e i merchant interessati ad aderire da subito per il mercato italiano.

Le difficoltà in USA e Australia

Ma le difficoltà per il team di Bailey non mancano nemmeno nei mercati più maturi. In America, ormai, come ha spiegato Tim Cook, il 75% delle transazioni contactless avviene tramite Apple Pay, generando la gran parte dei 10,9 miliardi di dollari che secondo la società di ricerca Timetric rappresentano il transato complessivo della piattaforma nel 2015 a livello globale. Ma il sistema incontra ancora fiera resistenza da parte di alcuni retailer. In particolare CVS, la seconda catena di farmacie degli States con circa 7.600 punti vendita in 47 Stati e titolare delle farmacie dei centri commerciali Target, nonché Walmart, la principale catena di supermercati statunitense. CVS ha annunciato il lancio in quattro Stati di CVS Pay, una mobile app (sviluppata anche per Apple Watch e disponibile pure per Android) che integra prescrizione e pagamento dei farmaci alla cassa attraverso la scansione di un codice a barre e non necessita dunque della tecnologia NFC.

Ma le difficoltà non mancano nemmeno in Australia. I principali retailer e le associazioni degli istituti di pagamento locali hanno fatto quadrato intorno alle banche che stanno boicottando Apple Pay. Si parla di Commonwealth Bank of Australia, National Australia Bank and Westpac Banking Corp (a cui si sono poi aggiunte Bendigo e Adelaide Bank), che avevano proposto ad Apple un accordo per integrare Apple Pay con i loro wallet. Apple ha rifiutato, come in tutti gli altri mercati, si è vista chiudere l’accesso alle carte di credito emesse dalle maggiori banche della Regione, e ha denunciato queste ultime all’Antitrust australiano (Australian Competition & Consumer Commission, ACCC) per comportamento anticoncorrenziale. Ha fatto eccezione solo ANZ (Australia and New Zealand Banking Group), quarto gruppo finanziario australiano, che ha sfruttato la singolare circostanza per lanciare una campagna pubblicitaria del servizio tutta improntata sull’ironia.

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