Una rivoluzione ancora più dirompente di quella industriale. Così Boston Consulting Group (BCG) definisce l’avvento della “Mobile economy” nel suo report “The Mobile Revolution: How Mobile Technologies Drive a Trillion-Dollar Impact”. Il trillion del titolo si riferisce ai 6.400 miliardi di dollari di valore che gli utenti dei Paesi analizzati (Stati Uniti, Germania, Sud Corea, Brasile, Cina e India) generano ogni anno attraverso le tecnologie mobile, al netto del costo dei dispositivi e dei servizi di connettività, sempre più bassi.
Se è infatti noto a tutti che oggi è possibile acquistare uno smartphone per poco più di 40 dollari, la ricerca mette in evidenza che la seconda voce di spesa è letteralmente crollata nell’ultimo decennio, visto che in media il costo per megabyte, dal 2005 al 2013 si è contratto del 99%. D’altra parte mentre aumentano vertiginosamente le capacità dei network (una rete 4G è 12 mila volte più veloce di una di seconda generazione) le spese di gestione delle infrastrutture sono diminuite del 95% passando dal 2G al 3G, e di un ulteriore 67% nell’evoluzione dal 3G al 4G, che nel 2020 consentirà otto miliardi di connessioni.
Ma la vera rivoluzione, come detto, è data dall’impatto che il mobile ha avuto e continua ad avere sul tessuto economico globale. Sul piano delle piccole e medie aziende, Boston Consulting Group evidenzia che il 25% delle organizzazioni che utilizza in modo intensivo le nuove tecnologie cresce fino a due volte più velocemente delle imprese tradizionali, assumendo nuovi collaboratori in misura fino a otto volte maggiore rispetto alla media.
Ne consegue però che il gap tra leader e inseguitori tenderà a crescere sempre di più, anche se questa secondo BCG non è necessariamente una cattiva notizia: sono i business dei mercati emergenti (Brasile, Cina e India) quelli che meglio stanno cavalcando l’onda del mobile, contribuendo in questo modo a riequilibrare il rapporto di forza con i Paesi più sviluppati. Ma c’è spazio per tutti se, come dice il rapporto, in gioco ci sono potenzialmente sette milioni di nuovi posti di lavoro nelle sei country prese in considerazione. Tutto sta a puntare con maggiore decisione sulle soluzioni mobile, a cui – va detto – fanno sempre più riferimento le società di venture capital, con investimenti che negli ultimi cinque anni sono raddoppiati, raggiungendo nel 2014 i 37 miliardi di dollari, l’8% del totale delle operazioni.
Rimanendo in tema di occupazione, sono 11 milioni gli addetti nella filiera, che ha generato nel 2014 un fatturato pari a 3.300 miliardi di dollari. In ciascuno dei Paesi analizzati, il mobile rappresenta una porzione di PIL che oscilla dal 2 al 4% (con una crescita annua compresa tra il 10 e il 20%), e addirittura in Corea del Sud si raggiunge già il valore record dell’11% del PIL. Interessante confrontare a questo punto i dati di BCG con quelli delll’Osservatorio Mobile Economy del Politecnico di Milano, secondo i quali la Mobile Economy in Italia nel 2014 è cresciuta del 23% a oltre 25 miliardi di euro, ed è destinata a superare i 37 miliardi nel 2017, pari al 2,3% del PIL.
L’impressionante analisi di BCG continua evidenziando che le imprese che compongono la catena del valore hanno investito tra infrastrutture e ricerca e sviluppo (le R&D assorbono in media il 21% dei fatturati) circa 1.800 miliardi di dollari dal 2009 al 2013, accedendo quasi esclusivamente a capitali privati.
Enormi investimenti privati
Si tratta di sforzi titanici che devono andare incontro a precise richieste del mercato. Se i consumatori hanno le idee chiare al riguardo, con il 90% degli utenti di servizi 3G e 4G in attesa di reti dati ancora più veloci, coperture ancora più estese, batterie di durata maggiore e ulteriori innovazioni tecnologiche che continuino a migliorare le loro vite, l’incessante evoluzione è imposta anche dal fatto che con l’attuale tasso di accelerazione del traffico di dati, entro dieci anni il numero di informazioni trasmesse sarà un migliaio di volte superiore a quelle che circolano in rete oggi. Non bisogna infatti dimenticare che nel 2020 si aprirà anche il capitolo del 5G e delle comunicazioni di massa M2M.
La corretta implementazione delle reti 5G (di quinta generazione) è una delle questioni strategiche secondo Boston Consulting Group: gli operatori dovranno investire nel prossimo quinquennio 4 mila miliardi di dollari per riuscire a sfruttare a pieno le potenzialità dei nuovi network e trarne marginalità consistenti. Ne consegue che per tutelare i rischiosi ma necessari investimenti richiesti, telco e sviluppatori dovranno attivare efficienti piani di protezione dei brevetti e di acquisizione di banda trasmissiva, cercando al tempo stesso di condividere standard ed expertise con gli altri player per attenuare le complessità del sistema. In altre parole, il mercato arriderà a chi sfrutterà i prossimi cinque anni per costruire il miglior equilibrio tra tutte queste istanze.