Il fatto che si stia entrando nel vivo dell’Internet of things è testimoniato anche dalle nuove alleanze che cominciano a sbocciare a cavallo del mondo agricolo e di quello delle telco, sempre più bisognose di identificare nuovi modelli di business in uno scenario in cui la mera connettività è destinata a configurarsi come una commodity.
Tim satellitare
In Italia, per esempio, Confagricoltura ha siglato un accordo con TIM per fornire alle imprese agricole attualmente non ancora raggiunte dalla banda larga via cavo, connessioni satellitari che consentiranno, a tutti gli associati, di usufruire di connessioni ad alta velocità anche per tutto il mondo IoT. In pratica TIM metterà a disposizione una soluzione “chiavi in mano” realizzata in partnership con Eutelsat Broadband (business unit del colosso delle comunicazioni satellitari specializzata nella trasmissione dati) con la fornitura di una connessione in download fino a 22 Mbps e in upload fino a 6 Mbps. L’offerta è modulata in tre opzioni contrattuali (dopo il contributo per l’attivazione di 295 euro, si può accedere a 10 GB di traffico mensile per 36,70 euro, a 25 GB per 64,30 euro o scegliere la tariffa flat da 87,30 euro), implementabili con servizi digitali aggiuntivi come la videosorveglianza, il telecontrollo di apparati e impianti, la fatturazione elettronica e l’e-commerce.
Telefónica sta invece lavorando con la startup israeliana Cattle-Watch per diffondere negli allevamenti dell’America latina (ma anche a latitudini superiori) un sistema di conteggio e controllo del bestiame basato sulla piattaforma proprietaria Smart m2m. Come facilmente intuibili, anche negli sconfinati territori di Brasile, Cile e Argentina la connettività via cavo non è sempre garantita, e per questo Cattle-Watch ha puntato su una collaborazione con Gilat SatCom, operatore (anch’esso israeliano) specializzato nelle comunicazioni satellitari. Il sistema permette ai mandriani non solo di controllare via smartphone la posizione dei capi di bestiame, ma anche di registrare ed elaborare alcuni parametri biometrici. Il tutto avviene attraverso un network Bluetooth collegato a speciali collari (alimentati a energia solare) o tag applicati alle orecchie degli animali che genera e trasmette aggiornamenti sulla situazione ogni 30 secondi.
Secondo Ilan Arbel, CEO di Cattle-Watch, la soluzione ha già destato l’interesse di aziende africane, australiane, britanniche, spagnole e anche italiane. Con circa 1,3 miliardi di bovini allevati a livello globale e una fee di un dollaro al mese per abilitare il servizio su ciascun capo di bestiame, in prospettiva il business di Cattle-Watch ha tutte le carte in regola per crescere a ritmi esponenziali. Naturalmente, pur essendo un settore giovanissimo, la concorrenza non manca. In Australia iHeardapp, che dichiara di avere già 40 mila utenti in 120 diversi mercati, propone servizi simili, con la possibilità, offerta anche da Cattle-Watch, di analizzare i dati raccolti in modo da proporre agli allevatori suggerimenti su misura per migliorare il benessere degli animali e di conseguenza la resa dell’attività. «Le statistiche ci dicono che oggi mille mucche danno alla luce in media 450 vitelli», dice Ilan Arbel. «Il nostro obiettivo è arrivare a 600 nascite».