Ci sono i dati sulla produzione industriale. Ci sono gli indicatori legati ai progetti Industry 4.0 e Impresa 4.0. E poi ci sono i dati del PIL: +1,4 per cento, un tasso di crescita che nel Paese non si vedeva da sette anni. Potrebbe essere soddisfatto il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda e in fondo lo è. Con cautela, come ha spiegato questa mattina.
In tour elettorale con Giorgio Gori, il ministro Calenda ha programmato per oggi una serie di tappe in Lombardia, tra Vimercate, Monza, Bergamo e Brescia, per parlare di impresa al mondo delle imprese.
Una delle visite ha toccato proprio una realtà del mondo ICT, una storia di eccellenza proprio nell’ambito dell’Internet of Things, di cui abbiamo già avuto modo di parlare: Blueit. Ed è in Blueit che il ministro si è fermato per una breve conferenza stampa nel corso della quale ha puntato i riflettori sui temi che maggiormente gli stanno a cuore in vista delle elezioni e, soprattutto, del periodo post-elettorale.
Il Pil, certo, perché, come dice il ministro, la ripresa si è appena messa in moto. L’1,4% non basta, Calenda sarà soddisfatto quando si toccherà il 2% di crescita.
“La strada è ancora lunga – dichiara -. La crisi non è alle spalle, lo sarà quando avremo ricomposto tutte le fratture che i lunghi periodi di crisi hanno portato”.
“Non c’è da scialare”, è la sua chiosa, perché “a disfare questo inizio di crescita ci vuole pochissimo. Per questo bisogna portare programmi seri e proporre iniziative serie”.
Il 2% di crescita, secondo Calenda, si ottiene solo se continua a lavorare su ciò che porta alla crescita: “Più investimenti, più lavoro e più reddito. In quest’ordine. Qualunque inversione di questo ordine rischia di sbriciolare quello che è stato costruito”.
Tutelare quanto fatto con Industry 4.0 e Impresa 4.0
Calenda difende quanto innescato con i programmi Industria 4.0 e Impresa 4.0 e diffida di ogni iniziativa che punti “alla tassazione dell’innovazione tecnologica, all’imposizione di dazi protezionistici, di fatto ammazando il Made in Italy, e ad allontanare le multinazionali che danno lavoro a 1 milione e 250 mila persone”.
Al contrario di quanto è nei suoi obiettivi, visto che per Calenda è essenziale fare dell’Italia un polo di attrazione anche per le multinazionali.