Casani: ecco come è nato il libro “Come usare al meglio l’Internet delle Cose”

L’Internet of Things è oggi un fenomeno che sta cambiando imprese e mercati e che sta alla base di tante trasformazioni aziendali. C’è la necessità di capire, di mettere in fila i fenomeni e di dare agli imprenditori e alle imprese una chiave di lettura. Questo lo spirito dell’opera edita da Tecniche Nuove

Pubblicato il 02 Feb 2017

Martina Casani, Entando Marketing Director

Abbiamo recensito, in occasione della sua uscita sul mercato, un libro prezioso per chi opera nell’ambito dell’IoT e soprattutto per le imprese che sentono la necessità di orientarsi e di scegliere tra le tante soluzioni che partono dall’Internet delle Cose per cambiare tecnologie e servizi.
Abbiamo adesso voluto capire la logica e le ragioni cha anno portato alla realizzazione di quest’opera e abbiamo rivolto alcune domande a Martina Casani che con Marcello Majonchi ha scritto “Come usare al meglio l’Internet delle Cose”.

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Come usare al meglio Internet delle cose
Guida per manager e imprenditori
di Martina Casani e Marcello Majonchi

Casa editrice Tecniche Nuove
Data pubblicazione: 01/2017
Collana: Gestione di Impresa – Crescita professionale
Pagine: 242
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Internet4Things offre un nuovo contributo di conoscenza sull’opera edita da Tecniche Nuove e sull’Internet of Things in Italia.

Perché oggi un libro sull’Internet of Things?

Certo è che ormai in molti ambienti, dai circoli delle start up ai grandi convegni tecnologici, si mangia pane e IoT quasi tutti giorni. Si tratta però di un fenomeno ancora molto frastagliato, poco digeribile, affrontato sotto punti di vista spesso molto settoriali e con un linguaggio frequentemente molto tecnico. Noi lo abbiamo conosciuto attraverso un’esperienza un po’ diversa, quella “di strada”, di chi si è confrontato con manager e imprenditori, anche e soprattutto italiani, per capire come usare le potenzialità degli oggetti connessi. Per questo ho pensato ad un libro un po’ più narrativo: un testo che inquadrasse il “fenomeno IoT” non attraverso il teleobiettivo della tecnologia, ma con il grandangolo della strategia. L’aver raccontato, tra l’altro, molte storie italiane ci riempie non poco di orgoglio.

Cosa vuol dire oggi “usare” l’Internet of Things per un manager o per un imprenditore?

Significa affacciarsi a nuove prospettive di vantaggio competitivo. Proprio parlando con uno dei protagonisti del libro, mi è rimasta in testa una frase: “i prodotti si copiano, il software no”. Chiunque può copiare una macchina per produrre scarpe; più difficile è copiarne l’intelligenza, quella componente per cui la macchina riesce a prevedere cosa si romperà, quando, perché e che è capace di auto-ripararsi o di ordinare i pezzi per tempo, senza down produttivi. Ma, soprattutto, è ancora più difficile copiare nuovi modelli di business, che i dati raccolti dagli oggetti rendono possibili: tornando all’esempio di prima, vendere ad esempio una macchina in base al numero di scarpe realizzate senza difetti. Minori costi, dunque; ma soprattutto nuove opportunità di ricavo.

Cosa serve affinché l’IoT possa portare effettivamente e concretamente la digital transformation nelle imprese e nella PA?

Servono essenzialmente due cose. La prima, è un impegno da parte dell’offerta: è necessario che diffondano i case study, che facciano parlare gli imprenditori i quali hanno già innovato i loro processi, che propongano forme di accesso facilitato alle loro tecnologie (attraverso ad esempio Proof of Concept o forme di coinvestimento, soprattutto per le imprese più piccole). La seconda, è un salto culturale da parte della domanda: Internet of Things è solo un aspetto della trasformazione digitale. Sebbene siano comprensibili le perplessità su come mettere insieme tutti gli ingredienti necessari per un’applicazione IoT, così come i timori per aspetti poco consolidati tra cui privacy e sicurezza, non considerare le opportunità degli oggetti connessi significa non voler guardare le nuove dinamiche competitive. Un consiglio? Sperimentare e scalare: ci sembra di aver imparato che con Internet of Things non funzionino le maniere forti, bensì processi di adozione graduali, anche perché presuppongono una coesione del management che si basa su una comune visone della trasformazione digitale che matura col tempo.

Nel libro ci sono interessanti approfondimenti su IoT e Industry 4.0, IoT e digital payment, IoT e Smart Home. Quali sono gli obiettivi più vicini e più rapidamente concretizzabili?

Sicuramente tutte le applicazioni che riguardano il monitoraggio da remoto (che si tratti di macchine, edifici, persino persone) e la manutenzione almeno preventiva sono la tipologia di case study più sperimentata rispetto alla quale esistono già molti progetti in produzione (AEG, Rancilio, Mark Italy per fare tre nomi); più difficile è il passo successivo, l’integrazione tra i macchinari connessi e tutti i sistemi di produzione, amministrativi, di marketing. In tema di digital payments, il futuro prossimo -anche stando alle stime del Politecnico – avrà come protagonista i pagamenti via mobile phone; in un futuro un po’ meno prossimo un qualsiasi oggetto potrà essere in grado di realizzare delle transazioni e lì ci sarà da divertirsi: penso a quando il mio armadio comprerà da solo scarpe coi tacchi… e magari sceglierà lo store più conveniente. Personalmente, considero la Smart Home un terreno controverso, in cui prima di una diffusione di massa sarà necessario risolvere il problema dei diversi protocolli di inter-comunicazione tra gli oggetti: ottimo che anche in Italia siano aperti gli ordini per Nest, il termostato intelligente; il curioso Sleep 360, il letto intelligente che dà consigli per l’ottimizzazione del sonno e si adatta in funzione dei comportamenti, alle temperature e alle posture dei belli addormentati, ma non siamo ancora pronti per un dialogo di gruppo tra scarpe, lavatrice, frigorifero, materasso e caldaia.

Un libro sull’IoT è per definizione in evoluzione, quali saranno i prossimi passi per mantenere vivo l’aggiornamento sulle novità e sui mercati?

L’IoT stessa è un grande libro, anzi, direi un grande blog dove ogni giorno appaiono nuove storie da raccontare. Direi che questo sia il taglio che ci piacerebbe dare al “sequel” di questo libro: continuare a raccontare, sempre con grande attenzione alle esperienze concrete, di IoA (Internet of Animals), IoB (Internet of Buildings), IoC (Internet of Coffee), IoD (Internet of Dogs. Sicuramente lo faremo attraverso una serie di Linkedin posts. A a breve un roadshow nelle principali città italiane (es. saremo a MECSPE il dal 23 al 25 marzo). In futuro vedremo, sarebbe bella una edizione internazionale, magari con uno sguardo sull’Europa.

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