Analisi

Connected car e smart mobility, la crescita guida il cambiamento dei modelli di business

Gli ultimi dati dell’Osservatorio Connected Car & Mobility della School of Management del Politecnico di Milano confermano sia l’incremento delle auto “intelligenti”, che oggi rappresentano quasi la metà del parco circolante in Italia, sia la trasformazione dell’automotive in un mercato basato sempre di più su meccanismi di servitizzazione

Pubblicato il 01 Lug 2022

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Arrivano almeno due conferme dagli ultimi risultati dell’Osservatorio Connected Car & Mobility della School of Management del Politecnico di Milano, presentati pochi giorni fa. Anzitutto, che i trend di crescita di questo ampio comparto continuano a essere molto sostenuti e in secondo luogo che il segmento non solo coinvolge un insieme di tecnologie sempre più integrate all’interno del settore automotive ma abilita anche nuovi modelli di business. In merito alla prima conferma, il mercato della Connected Car nel 2021 ha raggiunto una cifra pari a 1,92 miliardi di euro, l’8% in più rispetto al 2020, con una netta prevalenza delle soluzioni per l’auto connessa che, nel loro insieme, valgono 1,28 miliardi di euro. A queste si aggiungo i sistemi di Advanced Driver Assistance Systems (ADAS) presenti di default nei nuovi modelli, che vanno dalla frenata automatica d’emergenza al mantenimento del veicolo in corsia per un ammontare di 640 milioni di euro. L’incremento della smart mobility è trainato anche dalla diffusione di auto nativamente connesse tramite SIM (il 19% del totale) e dalla capacità degli attori della filiera di raccogliere grandi quantità di dati dai veicoli. In termini complessivi, alla fine del 2021 nel nostro paese quasi la metà del parco circolante, cioè 18,4 milioni di auto, era formato da auto connesse.

La servitizzazione come nuova frontiera della Connected Car

Per quanto riguarda la seconda conferma sul versante dei nuovi modelli di business abilitati dalla Connected Car, la si ricava dal fatto che più del 50% dei possessori italiani di auto smart dispone anche di servizi associati alla connettività. Si tratta, in particolare, di assistenza stradale in caso di guasto del veicolo, di attivazione dell’invio di soccorsi a seguito di un incidente, di manutenzione predittiva con cui prevenire i malfunzionamenti, nonché della possibilità di mettersi in contatto con un call center dedicato quando occorre. Tutti servizi per i quali il 75% del campione intervistato dall’Osservatorio sarebbe disposto a pagare un prezzo aggiuntivo. Perfino soluzioni ormai consolidate come i box GPS/GPRS per la localizzazione e la registrazione dei parametri di guida sono abbinate nel 54% del totale a finalità assicurative. In generale, questi cambiamenti in cui l’offerta di un prodotto si combina con quella dei servizi inerenti va sotto il nome di servitizzazione. Giulio Salvadori, Direttore dell’Osservatorio Connected Car & Mobility spiega che “aziende, pubbliche amministrazioni e consumatori sono sempre più interessati alla gestione da remoto di auto e veicoli smart”. Il che rappresenta un’opportunità per il comparto automotive che, a fronte di “un contesto caratterizzato da fattori critici come la crisi dei chip, le difficoltà di approvvigionamento di componenti e il rincaro delle materie prime e dell’energia”, possono “continuare a essere competitive e abilitare nuove opportunità di crescita in futuro”.

Tecnologie V2X, 5G nella Release 16 e veicoli a guida autonoma

“In futuro l’auto connessa permetterà al guidatore di attivare, dietro pagamento di un importo, alcuni optional anche in momenti successivi all’acquisto, o per periodi limitati di tempo relativi, ad esempio, a sistemi avanzati di assistenza alla guida o a sedili riscaldanti attivabili solo nel momento del bisogno” aggiunge Giovanni Miragliotta, Responsabile scientifico dell’Osservatorio. Alla base di questa trasformazione si collocano le tecnologie V2X (Vehicle-to-everything) che già oggi, e sempre di più in futuro, permetteranno ai veicoli di condividere in tempo reale grandi volumi di dati generati dai sistemi di bordo. Oltre agli ADAS, questo tipo di tecnologie troverà applicazione in una gestione più “intelligente” del traffico con segnaletica a bordo veicolo e sincronizzazione con i semafori, nella guida assistita che già oggi esiste (protezione del pedone e anti-collisione), fino a quei servizi che sfruttano la connettività per l’infotainment, la tele-diagnostica e la manutenzione, il tele-pedaggio, il car sharing, la gestione della ricarica elettrica e lo smart parking. Dietro l’angolo, ovviamente, c’è grande attesa per i veicoli a guida autonoma che necessitano però di prestazioni superiori dal punto di vista della latenza, della velocità di trasmissione e dell’affidabilità. In altri termini, necessitano di una standardizzazione del 5G che superi i limiti di tecnologie V2X di base. Ed è quello che dovrebbe avvenire entro la fine dell’anno con la Release 16 che porterebbe l’evoluzione della rete da un concetto dedicato esclusivamente all’utente a una rete al servizio dell’industria.

Dalla logistica alla smart mobility fino alle smart road del futuro

È probabile che nei prossimi anni assisteremo per prima cosa a una diffusione progressiva dei veicoli autonomi nell’ambito della logistica, cioè al proliferare dei mezzi adibiti alla distribuzione e alla consegna di beni di piccola e media taglia. Al netto della complessità derivante dall’interazione con pedoni, animali, biciclette e monopattini, questi veicolo saranno “i primi a sperimentare in modo massiccio forme ibride di guida, parzialmente autonoma e parzialmente remota, appoggiandosi alla rete 5G sia per la trasmissione dati sia per la localizzazione ed eventuale potenza di calcolo offerta dalla rete stessa” sostiene Sergio Savaresi, Professore Ordinario di Ingegneria dell’Automazione del Politecnico di Milano.

L’Osservatorio fa il punto anche sulla propensione dei Comuni italiani a investire sulla smart mobility, rivelando che quasi 9 su 10 tra quelli con una popolazione superiore ai 15 mila abitanti considerano questo tema rilevante o fondamentale. Tanto che il 59% dei Comuni ha avviato progetti in questa direzione, seppure in alcuni casi sono stati rinviati o rallentati a causa della pandemia. Quella stessa pandemia che, di contro, è stata all’origine del PNRR i cui stanziamenti per la sola mobilità sostenibile e intelligente (bus elettrici, idrogeno, infrastrutture di ricarica, piani urbani integrati, mobilità ciclistica ecc.) ammontano a 14,3 miliardi di euro. Grande fermento, infine, si riscontra attorno allo sviluppo delle smart road con 28 progetti a livello nazionale e internazionale attivati nel 2021 (+64% sul 2020). Seppure la maggior parte siano ancora in fase sperimentale, tutte queste iniziative preludono al raggiungimento di obiettivi ambiziosi quali la sicurezza stradale e l’ottimizzazione dei flussi di traffico, la riduzione dell’inquinamento e il miglioramento della manutenzione dell’infrastruttura, sia essa stradale o tecnologica.

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