Il mondo dell’Information & Communication Technology è noto per essere caratterizzato da un ritmo evolutivo sempre più rapido: famose in tal senso sono le “leggi” enunciate da alcuni importanti protagonisti del settore, come Gordon Moore e William Joy, che già alcuni decenni fa prevedettero un tasso esponenziale nella crescita delle capacità elaborative dei computer.
Se pensiamo ai cambiamenti e alle innovazioni che hanno caratterizzato l’ultimo decennio non possiamo che stupirci del fattore di accelerazione con cui la tecnologia è cresciuta, si è evoluta e sempre di più ha pervaso il nostro quotidiano.
L’avvento di internet e subito dopo il cellulare (termine ormai obsoleto) hanno radicalmente cambiato il nostro modo di lavorare, di comunicare e interagire non solo con le persone, ma spesso anche con gli “oggetti”. In un contesto in così rapida e costante evoluzione, pervaso a tutti i livelli dalla presenza, a volte eccessiva, di dispositivi “intelligenti” di ogni tipo, siamo ormai abituati, gioco forza, a ragionare per sigle e continui neologismi: ASP, SaaS, Cloud Computing, Ubiquitous Computing; Social networking, E2.0; RFId, Tablet, Smartphone, addirittura Superphone… si potrebbe continuare per ore.
In tutta questa Babele di nomi, ce n’è uno che più di altri può rappresentare ciò che probabilmente costituirà il prossimo importante passo nell’evoluzione dell’Information & Communication Technology: “Internet of Things.” Come spesso accade, benché solo recentemente sia diventato più familiare al grande pubblico, il termine non è affatto nuovo: la sua paternità viene attribuita a Kevin Ashton, che lo coniò nel 1999 come titolo di una sua presentazione aziendale in P&G, dove all’epoca lavorava. Come ammette lui stesso, in quel momento era poco più di un modo efficace per attirare l’attenzione dei manager che lo ascoltavano.
Il concetto, tuttavia, era e resta molto potente, e si basa sul fatto che tecnologie come l’RFId, utilizzate per identificare prodotti ed altri oggetti fisici in luogo dei tradizionali codici a barre ottici, consentono ai computer di riconoscerli automaticamente ed, entro certi limiti, comunicare con loro, senza bisogno della mediazione umana per catturare le informazioni. Si apre quindi la strada verso una rete di computer che non si limitano più ad elaborare dati e informazioni comunque introdotte e mediate dall’uomo, ma si estende agli oggetti e alle informazioni che questi riescono a fornire direttamente. Se la rete che conosciamo può essere concepita come “Internet delle idee”, ecco che le nuove tecnologie consentono di far nascere una nuova “Internet delle cose.” A partire da tale concetto, sono state fornite diverse definizioni di “Internet of Things” (IoT).
Una delle più efficaci a mio avviso è quella fornita dai coordinatori della prima conferenza internazionale sul tema, tenutasi a Zurigo nel 2008, che nella prefazione al volume che ne racchiude gli atti, affermano: “Il termine Internet of Things è utilizzato per descrivere una varietà di tecnologie e ambiti di ricerca che consentono alla rete Internet di estendersi al mondo reale e degli oggetti fisici”. Tale definizione mette in evidenza il fatto che la tecnologia elettronica, e soprattutto la sua continua miniaturizzazione a parità di capacità di calcolo, rappresenta il fattore abilitante dell’IoT. La tecnologia RFId ha avuto il merito di dare inizio alla rivoluzione, tant’è che ancora si tende spesso a confondere la Internet of Things con la realizzazione di applicazioni più o meno articolate di questo tipo di tecnologia. Tuttavia, più in generale si può parlare di IoT ogni qual volta (in effetti sempre più spesso) oggetti fisici sono in grado di connettersi in rete per contribuire in qualche misura ad una elaborazione più estesa: questo rappresenta, in fin dei conti, la vera rivoluzione, poiché consente al “mondo degli oggetti” – senzienti, connessi e in qualche modo “coscienti” – di arricchire ed estendere il “mondo delle idee” con dati ed informazioni aggiornate automaticamente e in tempo reale in base alla situazione. Da qui nascono gli scenari più intriganti legati alla IoT. Ad esempio:
• Avere pneumatici che informano direttamente delle loro condizioni rispetto all’asfalto
• Disporre di un antifurto in grado di riconoscere il proprietario ed aprirgli automaticamente la porta di casa o dell’auto senza bisogno di chiavi
• Poter cercare su Google gli occhiali smarriti
• Avere un frigorifero che quando sta per svuotarsi provvede autonomamente ad ordinare la spesa al supermercato
In Softec da tempo mi occupo, con uno staff di “giovani visionari”, di tematiche connesse all’Internet degli oggetti. Lavorando ormai da anni su soluzioni e piattaforme rivolte al Mobile&Wireless, l’approccio che seguiamo è orientato a una gestione integrata dei dispositivi elettronici ed altri oggetti connessi, al fine di consentire agli utenti un’interazione efficace e un utilizzo ottimale dei servizi e delle funzionalità che essi sono in grado di fornire. Abbiamo ideato e realizzato la piattaforma DesktopMate® in grado di riconoscere automaticamente dispositivi e oggetti capaci di connettività, rilevandone le funzionalità principali, e configurando quindi “collezioni” di “dispositivi virtuali” da assegnare agli utenti, che possono, in modo integrato e sinergico, avere, da un lato informazioni aggiornate sullo stato degli oggetti e dall’altro, intervenire in base alle proprie competenze o autorizzazioni.
Abbiamo abilitato scenari dove elettrodomestici “intelligenti” sono collegati tra di loro tramite DesktopMate e con una serie di device, tra cui: lo smartphone della “mamma-manager” che può monitorare la lavastoviglie, programmata in modo coordinato con il forno, in modo da non sovraccaricare l’impianto elettrico ed anzi sfruttare le fasce orarie più convenienti; il tablet del tecnico installatore e manutentore di fiducia che riesce a monitorare, attraverso DesktopMate, tutte le lavatrici dei suoi clienti; i sistemi della casa produttrice che, sempre attraverso la nostra piattaforma, possono censire tutta una serie di informazioni relative ai propri prodotti. Abbiamo ideato la lampada interattiva, che saluta quando si rientra a casa illuminando il salotto con le immagini scattate da altri dispositivi. Abbiamo immaginato l’auto del futuro che tramite DesktopMate riesce a interagire con il centro di revisione per programmare interventi ordinari o straordinari, si fa riconoscere dal basculante del garage che si apre al suo arrivo, paga la sosta in base al tempo di permanenza con un meccanismo di credito a scalare.
Non sono più scene di un film di fantasia, ma situazioni che presto diventeranno parte del nostro quotidiano, in cui i device agiscono come una specie di “prolunga” dei nostri sensi amplificando in modo esponenziale le nostre capacità di comunicazione e relazione. Un mondo in cui gli oggetti e le persone possono interagire e i sensori diventano i nuovi media.
* Partner di Softec SpA