In Italia nel 2018 è aumentata la spesa per la digitalizzazione del settore sanitario: è questa la principale conclusione dell‘Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano, secondo cui lo scorso anno la crescita è stata del +7%, per complessivi 1,39 miliardi di euro, contro il +2% registrato l’anno precedente. Un’altra buona notizia è che il digitale sta modificando tutte le fasi del mondo sanitario, dalla prevenzione alla cura, fino al post-ricovero, attraverso strumenti come la Cartella Clinica Elettronica, la Telemedicina, l’Intelligenza Artificiale e le Terapie Digitali. Ma per sfruttarne appieno le opportunità – secondo l’Osservatorio – occorrerebbe ripensare l’organizzazione e la governance del sistema, sviluppare le competenze del personale e rivedere la relazione fra operatori e pazienti in modo da mettere il cittadino al centro dei processi di prevenzione e cura e consentire un migliore e più rapido accesso alle informazioni e ai servizi sanitari.
Ritornando all’aumentata digitalizzazione del 2018, il report del Polimi evidenzia come a effettuare gli investimenti siano soprattutto le strutture sanitarie, con una spesa pari a 970 milioni di euro (+9% rispetto al 2017), seguite dalle Regioni con 330 milioni di euro (+3%), dai Medici di Medicina Generale (MMG) con 75,5 milioni (+4%), pari in media a 1.606 euro per medico e dal Ministero per la Salute con 16,9 milioni di euro (contro i 16,7 milioni nel 2017). Ma in cosa consiste l’innovazione digitale? Il report descrive un quadro parecchio frastagliato, in cui i sistemi dipartimentali e la Cartella Clinica Elettronica (CCE) raccolgono i budget più elevati, rispettivamente 97 e 50 milioni di euro e sono considerati prioritari dalle strutture sanitarie. La maggior parte delle aziende si è oggi dotata di un supporto informatico diffuso (cioè esteso ad oltre il 60% delle attività) nella gestione della diagnostica per immagini (88%) e delle analisi di laboratorio (86%), mentre nelle attività di sala operatoria risulta ancora in via di diffusione (63%).
Attualmente i contenuti multimediali gestiti in digitale con più frequenza sono quelli relativi alla radiologia (con l’84% delle aziende che ha digitalizzato oltre il 60% delle immagini prodotte), con tassi di diffusione che però si riducono per le ecografie (40%) e i tracciati ECG/EEG (33%), fino ad arrivare a limitate esperienze di gestione in modo integrato in digitale anche dei video di sala operatoria (7%).
Tra le novità tecnologiche segnalate dall’Osservatorio c’è la maggiore attenzione al tema dell‘Intelligenza artificiale: perlopiù si tratta di sperimentazioni, basate sull’elaborazione delle immagini per effettuare attività di supporto alla decisione diagnostica (presenti nel 40% delle aziende del campione) e del testo libero (24%). Sono queste ultime le applicazioni che i medici specialisti utilizzano maggiormente (30% e 26%) e che CIO e Direttori ritengono avranno un maggior impatto sul settore sanitario nei prossimi cinque anni. A limitare lo sviluppo della AI sono le limitate risorse economiche disponibili e l’alta complessità nell’implementazione di questi progetti.
Sul fronte dei servizi, la digitalizzazione nelle aziende sanitarie ha a che fare con la prenotazione e il pagamento online delle prestazioni sanitarie (presenti rispettivamente nell’88% e 76% delle strutture analizzate) che vengono principalmente messi a disposizione attraverso siti web o App (circa un’azienda su quattro) e che in quasi la metà dei casi sono fruibili tramite piattaforme regionali, spesso collegate al Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE). Anche se limitato, l’accesso ai servizi digitali dei cittadini è aumentato significativamente nell’ultimo anno (nel 2018 l’11% prenotava online e il 7% pagava usando Internet) e nella fascia 35-44 anni registra valori elevati (45% e 27%). Secondo un sondaggio condotto nell’ambito dell’Osservatorio, la maggioranza dei CIO delle aziende sanitarie (62%) ritiene che l’obiettivo prioritario legato all’offerta di servizi digitali al cittadino debba essere la riduzione dei tempi di attesa degli utenti. In questo caso, le principali barriere che frenano l’adozione di servizi innovativi sono l’interoperabilità dei diversi sistemi applicativi, la coesistenza fra nuovi sistemi e quelli già in uso e (indicata dal 57% dei CIO), e il rispetto della privacy e del GDPR (32%).