Internet of Things

Da Inail e IIT la prima mano artificiale “made in Italy”

Nasce dalla collaborazione dell’ente con l’Istituto Italiano di Tecnologia il primo arto antropomorfo polifunzionale interamente progettato e costruito in Italia. Sensori muscolari, tecnologie di 3D printing ed ergonomia per un dispositivo dal costo contenuto. La startup Rehab Technologies, creata ad hoc, è ora al lavoro su un esoscheletro motorizzato e una piattaforma evoluta per la riabilitazione

Pubblicato il 24 Apr 2015

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Il paziente Marco Zambelli con la protesi robotica nata dalla collaborazione di IIT e INAIL

Tecnologia ed esperienza clinica made in Italy si sono fuse per dare vita al primo prototipo di mano artificiale poliarticolata e polifunzionale. Si tratta di un dispositivo composto dai sensori e dai componenti hardware sviluppati dall’IIT (Istituto italiano di tecnologia) di Genova, anche grazie al 3D printing e perfezionato attraverso le competenze tecniche del Centro Protesi INAIL di Budrio (BO). Un arto antropomorfo di meno di 500 grammi di peso che a partire dal 2017, quando sarà commercializzato, potrà aiutare centinaia di pazienti a compiere in totale autonomia azioni anche complesse, offrendo al momento la possibilità di riprodurre l’85% dei movimenti di cui è capace una vera mano.

Il progetto, realizzato interamente in Italia, ha dato i suoi primi frutti a distanza di poco più di un anno dalla sigla dell’accordo INAIL-IIT, che risale a dicembre 2013 e che vede i due enti unire le forze per lo sviluppo di nuovi dispositivi protesici e riabilitativi avanzati. Una sinergia del valore di 11,5 milioni di euro coordinata da Antonio Bicchi, Giorgio Grioli e Manuel Catalano dell’IIT. Ma il progetto ha trovato compimento per quanto riguarda l’integrazione con l’organismo del paziente grazie al lavoro congiunto con Rinaldo Sacchetti, Emanuele Gruppioni e Simona Castellano di INAIL e il coinvolgimento di 20 fra ricercatori e sviluppatori dei laboratori IIT e personale tecnico e medico del Centro Protesi di Budrio, una vera istituzione per quanto riguarda questa disciplina, attivo dal 1961.

La mano robotica si inserisce dunque in una più ampia cornice progettuale che ha visto la costituzione di una startup, battezzata Rehab Technologies, attraverso la quale si elaboreranno sistemi e prodotti in chiave digitale, per abbattere le barriere innalzate da inabilità temporanee o permanenti. Il gruppo di lavoro è già all’opera su due nuovi dispositivi, attualmente in fase di pre-industrializzazione: un esoscheletro motorizzato per la deambulazione di persone paraplegiche, e una piattaforma robotica per la riabilitazione in campo ortopedico, neurologico e adatta, più in generale, ad alleviare tutte le patologie connesse all’invecchiamento.

Il comun denominatore dei tre progetti è il costo contenuto. Non ci sarebbe infatti vera innovazione se i dispositivi non fossero accessibili alla fascia più vasta del mercato. La mano robotica appena presentata, per esempio, sarà commercializzata, secondo quanto dichiarato da Roberto Cingolani, direttore scientifico dell’IIT, “al prezzo di uno scooter”. Dovrebbe quindi trattarsi di un ordine di grandezza di qualche migliaio di euro. L’economicità sarà garantita anche rispetto alla manutenzione, grazie alle caratteristiche ergonomiche del dispositivo, e ai consumi ridotti.

Come ha dimostrato Marco Zambelli (nella foto), il primo paziente del Centro Protesi INAIL che ha sperimentato la nuova mano bionica, la protesi, installata senza interventi invasivi, viene controllata attraverso un tendine artificiale da due sensori che recuperano e interpretano il segnale naturale dei muscoli residui sull’arto superiore, restituendo, dopo un apposito addestramento, un feedback sufficientemente chiaro per pianificare e compiere gesti che a volte riescono difficili persino ai normodotati, come per esempio piantare un chiodo con un martello.

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