Le ultime notizie lo dimostrano: «Per i grandi “over the top” del mercato mobile, avere un sistema di pagamenti integrato nello smartphone è ormai requisito irrinunciabile», come dice Valeria Portale, responsabile della ricerca dell’Osservatorio Mobile Payment & Commerce del Politecnico di Milano.
Negli ultimi giorni si è appreso che saranno proprio i pagamenti mobili la novità principale di Android 6.0 “Marshmallow”, in arrivo in autunno: in particolare, la piattaforma Android Pay. Tra agosto e settembre debutta anche Samsung Pay, per ora solo in Corea e a seguire negli Stati Uniti e Regno Unito, dove è già presente il rivale Apple Pay. «L’Italia non è nelle priorità di questi player, ma mi aspetto un lancio per la prima metà del 2016», dice Portale. Intanto le novità, a livello globale, potranno svelarsi (Android Pay, Samsung Pay) o maturare (Apple Pay) nel corso dell’autunno.
Sappiamo che Android Pay, a differenza del già lanciato Google Wallet, non richiede l’uso di un’app secondaria o di un PIN. L’utente potrà tenere traccia degli acquisti e bloccare le carte di credito perse, tramite l’Android Device Manager. L’esperienza di pagamenti mobili è integrata nel sistema operativo, come una qualsiasi altra funzione. Come Google Wallet, protegge i dati dell’utente tramite “tokenizzazione”: ossia POS e cellulare si scambiano un numero virtuale che rappresenta le informazioni di pagamento.
Samsung Pay si distingue perché oltre a usare l’NFC (come tutti gli altri sistemi rivali) supporta anche la banda magnetica (quindi i POS meno evoluti), grazie alla tecnologia Magnetic Secure Transmission. In Europa, dove i POS per i chip sono diffusissimi, non è un vantaggio sulla concorrenza. Samsung Pay permette anche l’identificazione tramite impronta digitale, come Apple Pay, ora supportato da 400 banche.
A proposito di Apple Pay, l’orologio intellligente Apple Watch sta giocando un ruolo importante: l’80% dei suoi utenti usa il servizio di pagamento, secondo l’osservatorio Wristly. Il numero di utilizzatori però è calato al 13,1%, a giugno (sul totale dei possessori di iPhone), da 15 per cento di marzo, secondo InfoScout e Pymnts (sul mercato Usa). Secondo gli analisti, Apple Pay starebbe scontando la fine dell’effetto curiosità. Alcuni dei pionieri non ne hanno colto il vantaggio, rispetto all’uso di carta di credito fisica, e quindi smettono di usare il servizio.
Mentre c’è tutto questo fermento, «in Italia al contrario la partita sembra sospesa. Banche e operatori telefonici hanno rallentato l’estensione dei servizi e gli accordi. Sono alla finestra: cercando di capire che succederà con l’arrivo degli “over the top”: Apple, Google e Samsung», dice Portale. «Temono, nell’incertezza, di fare investimenti nella direzione sbagliata, che poi sarà spazzata dai big: così vediamo che le banche, ultimamente, preferiscono fare accordi e servizi per pagamenti peer to peer».
Per gli operatori telefonici è un ulteriore problema da gestire. Hanno ormai perso il vantaggio competitivo che veniva dal partire per primi, con sistemi di pagamento SIM-based. Il mercato infatti non è decollato prima dello sbarco degli over the top. E ora anche i loro alleati, le banche, si attrezzano per fare accordi con altri soggetti.