Elettronica ed elettrotecnica sono due mondi che si intersecano e vivono l’uno per osmosi dell’altro e viceversa, i confini sono labili e in realtà gli studi sono paralleli, anche se poi vanno a strutturarsi in ambiti attigui, l’elettrotecnica si sviluppa in ambito industriale legato alla grande distribuzione di energia, mentre l’elettronica è da sempre legata ai microchip del computer e quindi anche al modo dell’informatica e della comunicazione analogica e digitale, innestandosi sempre più nei nuovi mondi dei Big Data, AI, IoT.
Come nasce l’elettronica e in cosa è diversa dall’elettrotecnica
La storia dell’elettronica affonda le sue fondamenta nel 1799, quando un chimico di nome Alessandro Volta inventò la pila voltaica, che fu la prima batteria elettrochimica, in seguito nel 1880 la allora Commissione Elettrotecnica Internazionale approvò il volt come unità di misura della forza elettromotrice. Da ciò si evince che tramite una scoperta di matrice chimica si è poi arrivati ad avere un prodotto di natura ingegneristico, come i circuiti elettrici, di seguito si riporta un esempio di circuito chiuso.
Un circuito elettrico elementare
Dal Volt si passò poi a studiare la potenza del lavoro fatto nell’unità di tempo dal campo elettrico, che sono i Watt, per poi passare attraverso la famosa identità in cui si definisce l’intensità della corrente (Ampere) e la quantità di carica Coulomb (C): Watt = Volt x Ampere (J/C)
Quindi andando a studiare a livello chimico gli elettroni, che percorrevano un filo di rame si arrivò a scoprire il comportamento della corrente ed il suo utilizzo, facendo delle analogie con l’ingegneria idraulica, si utilizzarono delle formule matematiche proprie dei comportamenti fisici dei fluidi idraulici, per caratterizzare il comportamento del flusso della corrente elettrica. Infatti allo stesso modo di un sistema idraulico, un sistema elettrico instaura una corrente quando è presente una differenza di potenziale tra due punti del circuito. Per maneggiare agevolmente i circuiti elettrici si utilizzano a livello accademico le formule di Norton e Thevenin, il relativo teorema fu formulato dallo scienziato tedesco Hermann von Helmholtz nel 1853, ma fu riscoperto poi nel 1883 dall’ingegnere francese Léon Charles Thévenin, è chiamato anche teorema di rappresentazione del bipolo, perché consente di rappresentare una rete lineare a due morsetti (A, B) con un generatore di tensione ed un resistore in serie (formula di Thévenin) oppure con un generatore di corrente e un resistore in parallelo (formula di Norton), come si può studiare sui testi accademici di Fondamenti di Elettrotecnica di Giuseppe Martinelli e Mario Salerno.
Oggi con una simbolica staffetta intellettuale Massimo Panella sempre all’Università Sapienza si occupa di “Machine Learning”, quindi di reti neurali e intelligenza artificiale, che sono la proiezione nel futuro di quei circuiti in rame, su cui si studiava il passaggio di elettroni, che determina l’intensità della corrente elettrica. I “Sistemi Elettronici a banda frazionale stretta e banda frazionale larga” si possono analizzare in modo puntuale e preciso sui testi accademici di Luisa Franchina e Piero Marietti, i quali autori nella prefazione descrivono l’Elettronica come una scienza giovane, del nuovo secolo disordinato e contradditorio, per cui una scienza in fieri, che appoggia le sue fondamenta sulla fisica, la matematica, la teoria dei segnali e l’informatica. La leggenda narra che un colpo di fucile da intendersi come segnale di ricevuto stabilì l’inizio del canale hertziano per scambiare informazioni, dal quel momento la radiotecnica guidò la conoscenza in quel campo e solo in un secondo tempo fu chiamata Elettronica.
Gli studiosi di tale scienza sono tutti legati a soluzioni relative a componenti circuitali, si possono citare nomi illustri del calibro di Marconi, De Forest, Colpitts, Hartley, Amstrong, per poi passare a scienziati di teorici come Bode, Nyquist, Wiener, Vallauri, Shannon e Pierce. A questo punto l’evoluzione degli studi nel campo della radiotecnica si indirizzò verso le teorie, che studiano la modulazione del segnale in ampiezza e in fase, ossia i modulatori di frequenza, i radar e le reti di telecomunicazione. In quest’ottica i segnali elettrici costituiscono la base degli studi accademici della teoria dei segnali, che si può approfondire sui testi di “Teoria dei Segnali Certi” di Tullio Bucciarelli, esimio professore dell’Università di Ingegneria de’ La Sapienza, di cui è stato anche preside. Tramite il calcolo probabilistico legato ai segnali elettrici e quindi alla potenza di trasmissione in Watt nell’etere si possono effettuare le comunicazioni cellulari, che sono possibili con i nostri smartphone attuali, che sempre attingono alla fisica dei campi elettromagnetici. Tramite tali teorie si è arrivati attualmente a sviluppare le nuove tecnologie come il 5G.
Da elettronica e elettrotecnica alle reti logiche e combinatorie
Attualmente maneggiamo smartphone che sono quasi dei personal computer e dei personal computer che stanno diventando quasi degli smartphone, nel senso che ci permettono di comunicare digitalmente. Tutto ciò lo dobbiamo agli studi che riguardano anche le “reti logiche”, che sono circuiti evoluti con porte AND, NAND e OR, da cui poi si possono costruire reti combinatorie, che portano a strutturare i registri di memoria dei computer classici, che si possono approfondire sui testi di Giacomo Cioffi.
Quindi l’elettronica è un vasto mondo in cui il transistor è dominante, e pur rimanendo sempre un dispositivo a semiconduttore, assume connotazioni diverse a seconda del campo di applicazione analogico o digitale.
Ormai
L’elettrotecnica è storia e sta mutando, quindi si sta evolvendo verso il nuovo confine della robotica, che è la tecnologia che darà vita agli androidi dotati di intelligenza artificiale.
La robotica in Italia è stata studiata e approfondita dal laboratorio Istituto di Tecnologia di Genova e ancora si sta procedendo con la ricerca in tale campo, attualmente con la direzione di Giorgio Metta mentre precedentemente sotto la guida di Roberto Cingolani, che ha ampiamente investigato anche i campi della robotica come parti di ricambio del corpo, indispensabili in casi ad esempio come l’atleta Bebe Vio, inoltre sono ampiamente studiate e analizzate le applicazioni di AI legate all’ambito del cognitivo.
Cosa studia l’ingegneria elettrica e cosa l’ingegneria elettronica
Gli studi accademici dell’ingegneria elettrica e ingegneria elettronica sono paralleli e in alcuni tratti si sovrappongono.
Infatti l’ingegneria elettrica si focalizza sui circuiti elettrici, che spaziano dai piccoli circuiti domestici alle grandi dorsali costituite da cavi elettrici di tipo industriale, che vengono anche messi in opera sui fondali degli oceani.
Invece l’ingegneria elettronica studia principalmente i circuiti elettronici costruiti con il silicio come ad esempio condensatori, transistor e diodi, che sono dei componenti elettronici passivi non-lineari a due terminali come il bipolo, per cui consentono al flusso di corrente elettrica di passare quasi totalmente in un verso ed essere bloccata quasi totalmente nel verso opposto, in seguito si sono evoluti in componenti legati all’elettronica digitale come l’invertitore a transistor MOSFET, che è la base dei circuiti integrati, oppure il CMOS (complementary metal-oxide semiconductor), che è un tipo di tecnologia utilizzata in elettronica digitale per la progettazione di circuiti integrati. Partendo dai transistor NMOS e CMOS si arriva alle tabelle della verità delle porte NOR, AND o NAND. Per cui con i CMOS all’alba degli anni ’80 iniziò l’era dei microprocessori, che sono comunemente usati attualmente come core dei nostri Personal Computer.
Inoltre il salto tecnologico successivo è legato alle comunicazioni effettuate tramite circuiti integrati analogici oppure digitali, per cui l’elettronica spazia ampiamente anche in tutto il campo scientifico delle telecomunicazioni terrestri e satellitari, tramite reti terrestri (GSM, UMTS, GPRS, TETRA, 3G, 4G, Lte, 5G), oppure reti satellitari coadiuvate dai RADAR.
Elettrotecnica ed elettronica incubatori dell’IoT
Nel mondo della domotica e dell’internet of things c’è un confine labile tra la programmazione software e il cablaggio fisico di un building, ossia sono due mondi interconnessi, uno è la parte strutturale dei cablaggi e l’altro sono gli algoritmi informatici, che comandano i sensori.
L’Internet of Things è il futuro, ma è anche la chiave del passato. Sì, la sua funzione principale può essere quella di rendere gli ambienti e gli oggetto più reattivi alle nostre esigenze attraverso l’uso di vari sensori collegati, ma sempre più spesso questi sensori vengono utilizzati per monitorare edifici e strutture storiche. Grazie a tale monitoraggio stiamo migliorando nel preservare il patrimonio mondiale, utilizzando la tecnologia del futuro per tenerci connessi al nostro passato collettivo, che nel caso dell’elettronica è rappresentato dall’elettrotecnica.
Case study: sensori geotecnici a Ponte Vecchio a Firenze
Un Case study dell’utilizzo della nuova tecnologia IoT è emerso per la prima volta nel maggio 2016, quando l’argine del fiume Arno a Firenze è crollato e ha messo in serio rischio la struttura dell’antico Ponte Vecchio. In tale situazione il Dipartimento di Geologia dell’Università di Firenze ha installato un sistema di sensori geotecnici per monitorare il ponte del XIV secolo, che è patrimonio dell’UNESCO. Per monitorare il ponte sono stati installati numerosi sensori wireless per 32 metri, tracciando la stabilità del ponte e del terreno circostante in tempo reale, per cui si inoltra un flusso costante di dati agli operatori, che li processano. Quindi è possibile un controllo in tempo reale in caso di pericolo, contribuendo a preservare il ponte e la sicurezza dei visitatori dello stesso.
Così si dimostra la potenza dell’IoT, che porta i dati più velocemente e in modo più sicuro al sistema centralizzato dove vengono incrociati con altri segnali. Utilizzando le tecnologie IoT, quando si verifica un evento, le città e le aziende sono in grado di rispondere più rapidamente, prevenendo eventuali disastri, che in normali condizioni di monitoraggio non sarebbero stati individuati, per la mancanza dei dati rilevati con la sensoristica remotizzata. Quindi come il Ponte Vecchio di Firenze, così anche un intero edificio può essere monitorato tramite una rete di sensori, che trasmettono le condizioni ambientali e strutturali dello stesso, andando a verificare se si devono fare eventualmente degli interventi di manutenzione, riducendo i costi degli stessi. È possibile anche monitorare gallerie d’arte tramite dei sensori, che rilevino l’umidità oppure la luce di una sala espositiva, per preservare pezzi d’arte antichi di secoli.
Dall’elettronica all’IoT e ai big data
Nel tempo ormai i dispositivi e le piattaforme IoT sono diventati molto diffusi e convenienti, per cui c’è un numero sempre maggiore di governi ed enti internazionali, che le utilizzano, essendo una tecnologia dirompente verso il futuro, ma che ci aiuta a rimanere in contatto con il nostro passato, ricordandoci cosa è prezioso e importante per la collettività.
In tale scenario di utilizzo dei big data sicuramente è molto importante che siano potenziati i collegamenti con banda ultralarga, tramite i cablaggi in fibra ottica, anche per far fronte all’attuale emergenza COVID-19, avendo come obiettivo di portare la fibra ovunque anche nelle aree non coperte, cosiddette bianche. Gli operatori che si stanno occupando di tale accelerazione infrastrutturale sono TIM ed Infratel Italia, a maggio 2020 hanno realizzato interventi in 310 comuni all’incirca, grazie all’attivazione di migliaia di cabinet, realizzando reti in tecnologia FTTC e FTTH.
Insiti nell’Iot ci sono le problematiche legate alla Cyber Security, in quanto l’aumento massiccio di dispositivi IoT ha aperto la strada a una nuova modalità di “aggressioni”: oggi gli hacker possono diffondere malware e virus attraverso un numero molto più elevato di macchine, che sono collegate anche alle reti wireless dei sensori. Si stima che attualmente ci sono in funzione circa 6,4 miliardi di dispositivi IoT, senza contare tablet, smatphone e PC, quindi i device sembrerebbero arrivare a quota 9 miliardi. Con una crescita così esponenziale di device connessi ai sistemi IoT diventa strategico adottare misure di sicurezza ad hoc. Il concetto è semplice ci si può ricondurre per analogia ad un’equazione, in quanto aumentando il numero di dispositivi connessi alla rete aumenta anche il numero delle vulnerabilità e dei possibili punti di accesso per un eventuale attacco al sistema informativo aziendale o governativo. Essendo gli oggetti connessi alla rete, i dispositivi IoT sono vulnerabili alle minacce cyber, come lo dimostrano ampiamente i numerosi attacchi subiti da imprese e privati.
Per far fronte ai rischi della sicurezza informatica in Europa, il 27 giugno 2019 è entrato in vigore il “Cybersecurity Act”, che è un regolamento che assegna all’agenzia comunitaria per la sicurezza informatica (ENISA) nuovi compiti e risorse per proteggere gli utenti dagli attacchi hacker, anche grazie a una certificazione per gli oggetti connessi.
A livello infrastrutturale una possibile soluzione per rendere le comunicazioni sensibili veramente sicure è la dorsale italiana in fibra ottica, che allo stato attuale rappresenta la piattaforma su cui realizzare in futuro la rete italiana di comunicazione quantistica o Italian Quantum Backbone.
Nel 2019 i ricercatori dell’Istituto nazionale di ottica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ino) collaborando con il Laboratorio europeo di spettroscopia non Lineare (Lens), entrambi di Firenze, hanno portato a termine il primo test su territorio italiano di un sistema di crittografia quantistica (QKD), utilizzando il canale di trasmissione della dorsale italiana in fibra ottica, che collega Torino a Matera, per un totale di lunghezza cavi pari a 1.800km, che è stato realizzato dall’Istituto Nazionale di Ricerca in Metrologia (Inrim). Tale cablaggio in fibra a cristalli fotonici distribuisce un segnale ottico, che è utilizzato anche presso la Borsa Italiana di Milano, ma in futuro potrà essere utilizzato anche per la distribuzione di chiavi quantistiche, Network Quantum Key Distribution (QKD).
Conclusioni
Il mondo dell’elettrotecnica e dell’elettronica sono in continua evoluzione e assumono vesti nuove nel nuovo millennio come le comunicazioni analogiche, digitali e l’IoT. Per proiettare nel futuro tali ambiti governati dalle STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), è doveroso a livello sociale e morale cercare di introdurre anche in Italia la componente femminile dell’umanità, per garantire la diversità di genere, in quanto darebbe un sostanzioso valore aggiunto in senso trasversale ma anche verticale allo sviluppo della ricerca scientifica, per esplorare i nuovi campi dell’IoT, dell’intelligenza artificiale (AI), dei Big Data e della Quantum Information.
In un momento storico in cui la neoeletta vicepresidente degli Stati Uniti d’America Kamala Harris dice alle ragazze “di sognare in grande” e avvicinarsi alle STEM, e il nuovo Rettore dell’Università Sapienza è una donna, Antonella Polimeni, dopo ben 700 anni di storia al maschile, vuol dire che nel mondo intero le ragazze, senza porsi limiti a livello mentale, possono azzardare a fare il passo più lungo della gamba per arrivare a superare il famoso soffitto di cristallo nell’ambito delle materie tecniche come l’ingegneria elettrica ed elettronica.