Poco più di un anno fa l’accordo iniziale che prometteva di cambiare gli equilibri nel settore automotive: BMW, Intel e Mobileye si erano unite per sviluppare congiuntamente una piattaforma per lo sviluppo di auto a guida autonoma.
Lo scenario iniziale, col tempo, è cambiato: Intel ha acquisito Mobileye e a BMW si è ora unita anche FCA, Fiat Chrysler Automobiles, che in questi giorni ha siglato un protocollo di intesa per entrare a far parte del programma di sviluppo, portando dunque in dote proprie risorse, competenze e capacità.
L’obiettivo dell’iniziativa, come si diceva, è quello di sviluppare una piattaforma per le auto a guida autonoma, scalabile sui livelli 3 (i veicoli definiti highly automated) e 4/5 (vale a dire i veicoli con fully automated driving) e soprattutto utilizzabile da tutti i produttori di automobili, che dunque potrebbero adottarla senza per questo venir meno alla loro identità di brand.
Il nuovo automotive ha bisogno di sinergie
FCA è il primo produttore che si aggiunge alla cordata e porta in dote, oltre a risorse ingegneristiche e tecniche, anche il suo presidio geografico e l’esperienza maturata sul mercato nordamericano: tutti elementi considerati di primaria importanza per un progetto che ha bisogno di sinergie ed economie di scala.
Va detto che i tempi del progetto non sembrano comunque cambiati: per i veicoli con fully automated driving la produzione è prevista per il 2021, mentre entro la fine del 2017 dovrebbero esserci 40 veicoli test su strada.
Nel frattempo, Mobileeye ha portato su strada una flotta di 100 macchine Level 4 e porterà come contributo al gruppo di sviluppo i dati e i risultati del proprio lavoro.
Il ruolo di FCA nel mercato dei veicoli a guida autonoma
Finora, l’impegno di FCA sul fronte delle auto a guida autonoma si era espresso nella collaborazione con Waymo, dunque nella galassia di Google. Rispetto a questa collaborazione, che non viene comunque messa in discussione dal nuovo accordo, quello che cambia con BMW, Intel e Mobileye è l’approccio.
Se con Waymo FCA si muove esattamente come Uber o Apple verso lo sviluppo di uno specifico veicolo a guida autonoma, con i nuovi partner si parla di piattaforme e di un modello di business legato non già alla vendita di un prodotto finito, ma alle revenue derivanti dalla cessione dei diritti di utilizzo della piattaforma stessa ad altri produttori che non hanno le risorse sufficienti per svilupparne una per conto proprio.