Google crea Waymo e insieme a FCA punta ai servizi di ride sharing stile Uber

Scorporato il business delle self driving car. Ad annunciare la mossa il CEO (ex Hyundai) Steve Krafcik. Si parte da un minivan a guida semi-autonoma basato sulla Chrysler Pacifica e si punta alle flotte di robo-taxi

Pubblicato il 14 Dic 2016

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L’indiscrezione arriva dal Financial Times. Alphabet, la holding del colosso americano Google, ha annunciato lo spinoff delle attività legate allo sviluppo delle auto a guida autonoma che facevano capo alla divisione Google X, che verranno convogliate nella nuova realtà battezzata Waymo. Voci di corridoio danno per certo il lancio, entro la fine del 2017, di un servizio di ride sharing (come quello che ha decretato il successo di Uber) in cooperazione con Fiat Chrysler Automobiles (FCA). L’interesse di “Big G” si sposta, quindi, dalle self driving car per uso personale alle flotte di robo-taxi e minivan automatizzati per il trasporto condiviso.

Il Financial Times cita una dichiarazione resa da John Krafcik, Amministratore Delegato della divisione auto a guida autonoma di Google ed ex manager Hyundai, che dal 2015 guida il progetto Google X: «Waymo è un nuovo passo in avanti nei trasporti. Continueremo a condividere con Alphabet risorse e infrastrutture ma saremo più agili, come una startup che si sta lanciando in una nuova avventura». Il manager ha precisato che «la nuova azienda è specializzata nella tecnologia di guida autonoma, non nelle auto», sottolineando la volontà di concentrarsi sulla componente software dei robo-mezzi. Krafcik ha sostenuto che la tecnologia presenta «varie potenziali opportunità nei campi del ridesharing, dei trasporti, della logistica, delle auto per uso personale e nel trasporto pubblico».

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Google ha fatto da apripista per il settore delle self driving car, sul quale ora puntano, tra le altre, anche Tesla, Uber e Apple. Le sue sperimentazioni sono iniziate, infatti, nel 2009 all’interno dei propri campus prima e sulle strade pubbliche della California, del Texas e dello stato di Washington poi. Tuttavia,  “Big G” non è mai riuscita a presentare un prodotto market ready come, invece, hanno fatto Tesla, General Motors, Lyft e Uber. Quest’ultima, dal canto suo, ha avviato di recente a Pittsburgh un servizio di taxi (attualmente in fase di test) con veicoli autonomi sorvegliati da un tecnico al volante.

Le self driving car di Google hanno già percorso quasi 3 milioni di chilometri in modalità autonoma, registrando solo due incidenti. Il manager ha chiarito qual è la direzione intrapresa: puntare ai servizi di ride sharing sullo stile di quelli offerti da Uber con un offerta pronta per il mercato già entro la fine del 2017. Per farlo, però, la società ha bisogno di un partner nel settore automotive e la scelta già da tempo è ricaduta su Fiat Chrysler Automobiles. Lo scorso maggio, infatti, era stato presentato un accordo in base al quale FCA si era impegnata a fornire a Google 100 minivan Chrysler Pacifica a guida semi-autonoma, equipaggiati con sterzo a pedali, da impiegare nelle attività di test. Alcune indiscrezioni danno per certa la presentazione del primo Pacifica a guida semi-autonoma in occasione del prossimo CES di Las Vegas, la fiera dell’elettronica di consumo più importante del settore, che si terrà nella capitale americana del gioco d’azzardo all’inizio di gennaio.

Il pilota perfetto

D’altronde, il primo viaggio a guida totalmente autonoma su strade pubbliche di un mezzo Google risale allo scorso anno ad Austin (Texas), quando un passeggero non vedente aveva percorso un itinerario su un veicolo privo di pedali e volante. Ma Dmitri Dolgov, responsabile della tecnologia self driving cars di Waymo, frena i facili entusiasmi. «Per ora l’azienda dovrà utilizzare vetture con volante e pedali, soprattutto per tranquillizzare le autorità, ma il nostro obiettivo è di arrivare a farne a meno. Per farlo, occorre però costruire mappe più puntuali e precise, migliorare la guida in condizioni difficili come la forte pioggia o la neve e rendere la guida più scorrevole e lineare, senza scossoni». «L’auto non è importante – ha concluso poi Dolgov –. Noi siamo impegnati a costruire l’autista perfetto. Siamo stati su Prius, Lexus e abbiamo il nostro prototipo. Ora stiamo lavorando con Fiat-Chrysler su una nuova piattaforma e per quanto riguarda il software, è la stessa cosa. Ci vuole un po’ di tempo per abituarsi, ma l’operatività di base rimane la stessa».

Vista l’accelerazione tecnologica del mercato in questione, già lo scorso settembre il Dipartimento dei Trasporti degli Stati Uniti aveva proposto una normativa per regolamentare le auto senza conducente, con lo scopo di uniformare l’impianto regolatorio a livello nazionale. Il Governo degli Stati Uniti vuole prevenire i problemi derivanti dalle nuove tecnologie, intensificando il dialogo tra produttori, aziende tecnologiche e authority. La regolamentazione comprende una check list in 15 punti: si spazia dalla cyber-sicurezza alla presenza di una scatola nera (black box), fino alla definizione di casi controversi (i casi limite in cui, per evitare un ostacolo, l’auto sarebbe in grado provocare la morte di un passeggero o di un pedone).

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