Dopo 100.000 download dell’SDK, 10.000 sviluppatori che hanno contribuito con i loro feedback, otto release candidate e un anno e mezzo di beta (il nome in codice a dicembre 2016 era Brillo), Google rilascia ufficialmente Android Things 1.0, il suo sistema operativo destinato al mondo dell’Internet of Things.
Una piattaforma destinata agli sviluppatori, che poggia sul backend infrastrutturale della stessa Google, e che consente la messa in produzione e la successiva manutenzione di dispositivi IoT Android partendo non solo da una release “stabilizzata” del sistema operativo, ma soprattutto da un ecosistema di partner e dagli strumenti messi in campo di nuovo da Google, da Assistant fino al machine learning.
Cosa è Android Things di Google
Android Things è di fatto un sistema operativo embedded, pensato per essere utilizzato con dispositivi a basso consumo e con memoria ridotta, che garantisce supporto per Bluetooth Low Energy, Wi-Fi e il protocollo Weave: questo significa che viene automaticamente riconosciuto da altri dispositivi Android e può a sua volta riconoscerli.
Android Things è pensato per offrire agli sviluppatori tutto il necessario per realizzare qualunque tipologia di dispositivo IoT: Google ha stretto partnership con numerosi produttori hardware, con l’obiettivo di rendere disponibile un numero significativo di developer kits, e ha messo a disposizione degli sviluppatori anche una console di sviluppo per la gestione dei dispositivi e gli aggiornamenti in modalità OTA (over-the-air) sia in fase di prototipazione, sia in fase di produzione.
La console è liberamente utilizzabile fino a un massimo di 100 dispositivi, mentre, superato questo tetto, si deve passare a un accordo diretto con Google.
Nuovi SoM supportati
L’idea alla base di Android Things è quella di dare ai produttori non solo un sistema operativo gestito, ma anche hardware certificati, così da consentire loro di concentrarsi proprio sulla realizzazione dei loro dispositivi.
In concomitanza con l’annuncio, Google ha anticipato il supporto di Android Things per nuovi System-on-Module basati sulle piattaforme hardware NXP i.MX8M, Qualcomm SDA212, Qualcomm SDA624 e MediaTek MT8516, che dunque si aggiungono a Raspberry Pi 3 Model B e NXP i.MX7D, già supportate in precedenza.
Da parte sua, Google garantisce bug fix e patch di sicurezza per almeno tre anni, mentre i produttori hanno la possibilità di richiedere anche estensioni dei contratti di supporto.
Gli sviluppatori che hanno preso parte al beta testing, può già utilizzare la console per cominciare a validare le loro soluzioni, mentre per gli altri bisognerà attendere qualche settimana e comunque non oltre la fine dell’estate.
In pipeline, garantisce Google, ci saranno smart display da vendor come Lenovo, LG e JBL, così come gli smart speaker da aziende come iHome.