Esperienze

Hera, il progetto Mobile evolve verso la “App Factory”. «Un motore d’innovazione per tutto il gruppo»

L’obiettivo della multiutility, che serve 3,5 milioni di cittadini in Emilia-Romagna e altre tre regioni, è di coronare il progetto di Mobile Enterprise con una struttura permanente, basata su un modello industriale di gestione end-to-end della mobility. «Non sviluppate App se non avete ben chiari i processi aziendali», consiglia il CIO Piera Fasoli

Pubblicato il 14 Gen 2016

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«Le cose più importanti che abbiamo imparato sono due. Una è che il Mobile è uno strumento indispensabile, ma bisogna partire dai processi: non fate le App se non avete ben chiari i processi dell’azienda. L’altra è che lo sviluppo di un’App va ben oltre l’interfaccia front end, il 70% del suo valore e del lavoro che richiede è legato al backend, ad attività come la sicurezza degli accessi e dei dati, la gestione del ciclo di vita dell’App, e l’integrazione con gli altri sistemi aziendali». Così Piera Fasoli, CIO del Gruppo Hera, ha riassunto al convegno di presentazione dell’Osservatorio Mobile Enterprise del Politecnico di Milano le lezioni apprese dal progetto avviato dal gruppo nel giugno 2014, con un approccio completo che contempla tutte le componenti tipiche di queste iniziative: dispositivi, app, e una piattaforma di gestione (Enterprise Mobility Management).

Hera è nata nel 2002 come aggregazione di 11 aziende municipalizzate operanti in Emilia-Romagna, e poi si è espansa nel tempo come gruppo rilevando altre utility in Veneto, Friuli e Marche. Oggi si occupa di acqua, energia, gas e ambiente (raccolta e trattamento rifiuti) servendo oltre 3,5 milioni di cittadini e 350 Comuni, con 8400 dipendenti.

La prima fase del progetto di Mobile Enterprise è stata mirata a creare una piattaforma capace di gestire molti diversi device e il loro accesso ai sistemi informativi di back-end in modo conforme alle policy di sicurezza, e su cui sviluppare le applicazioni aziendali. La piattaforma prevede un meccanismo di autenticazione e profilazione che apre l’accesso ad aree riservate distinte a seconda del ruolo, e garantisce la sicurezza di dati e documenti aziendali.

In parallelo Hera ha iniziato a sviluppare delle Mobile App a supporto dei processi, realizzate con un fornitore esterno che si occupa dello sviluppo vero e proprio in base alle linee guida espresse dal team di progetto interno. Le App, a oggi una decina, sono di tre tipi a seconda degli utenti di riferimento: cittadini, partner esterni, o personale dipendente, operativo sul campo. Con le App, Hera intende nel tempo coprire tutti i processi aziendali, dalla gestione della nota spese alla produttività personale, fino a quelli industriali: per l’area ambientale per esempio Hera ha un’App che permette di sfruttare i dati degli oltre 280mila cassonetti sul territorio, che sono stati censiti, taggati tramite RFId e georeferenziati e il cui stato viene poi rilevato e aggiornato dagli operatori sul campo.

«Nel tempo abbiamo sviluppato diverse App, sia verso il cittadino che verso l’interno – commenta Fasoli -. Nel primo caso un esempio è Rifiutologo, con funzioni di localizzazione delle stazioni ecologiche, informazioni sul ritiro a domicilio e segnalazione di problemi con foto: sono in generale molto curate nel design e sofisticate nelle funzioni, con possibilità anche di feedback per il cittadino. Nel caso delle App interne l’aspetto del design è molto più pragmatico ed essenziale, alcuni esempi sono l’arruolamento contatori, la gestione dei giri di ispezione, il quaderno di laboratorio».

«Stiamo lavorando molto sull’industrializzazione del processo di sviluppo, con particolare attenzione agli aspetti di sicurezza, gestione del ciclo di vita dell’App, e integrazione con il back-end. E all’estensione a tutti i tipi di device, sia aziendali sia dei dipendenti, con relative policy BYOD (bring your own device) e COPE (corporate owned, personally enabled)».

Per i Mobile Device infatti il Gruppo Hera ha adottato il paradigma BYOD per tutte le categorie professionali che non lavorano direttamente sul

campo. Alle altre categorie l’azienda ha distribuito circa 2000 dispositivi aziendali, scelti in base alle caratteristiche tecniche (memoria, connettività, etc.) che meglio rispondono alle specifiche esigenze.

«L’idea ora è creare una vera e propria App Factory, basata su un team di analisti funzionali e tecnici, User Experience Designer, esperti di architetture (sviluppo, integrazione, sicurezza), sviluppatori e tester, che lavori su un modello industriale di gestione end-to-end della mobility in Hera. Un modello che prevede metodologie “agile” di DevOps, la definizione di un ciclo di vita industrializzato delle App, e una suite software per l’automazione di alcune fasi come test e integrazione».

Tra i benefici Hera si attende l’ottimizzazione di tempi e costi di rilascio, la gestione con livelli di servizio dell’intero ciclo di vita delle App, l’applicazione e gestione sistematica delle regole di sicurezza, compatibilità con le linee guide di Hera, «e soprattutto la creazione di un “Motore industriale per l’innovazione” per tutto il gruppo: People, Operations, Clienti, nuovi modelli di business», sottolinea Fasoli.

«L’idea poi è di estendere questo approccio a tutta la gestione dei sistemi informativi, istituendo il modello “bimodale” di organizzazione dell’IT teorizzato da Gartner, con una nuova modalità di governance affiancata a quella tradizionale ma molto più agile e veloce in termini di tempi, e basata su una collaborazione con il business molto più stretta».

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