La professione dell’Health, Safety & Environment (HSE) Manager è relativamente recente. Sebbene talvolta la si confonda con quella del Responsabile del Servizio di Protezione e Prevenzione (RSPP) resa obbligatoria dal D.lgs. 81/08, identifica competenze e abilità che non sempre coincidono con i compiti svolti obbligatoriamente dal tecnico RSPP. La norma UNI 11720:2018, infatti, definisce i requisiti relativi all’attività dell’HSE Manager che coincide con “una figura professionale in grado di intercettare la domanda di quelle organizzazioni che vedono sempre più l’interazione tra i temi della sicurezza, della salute e dell’ambiente come la modalità più efficiente ed efficace per perseguire la conformità legislativa e le strategie aziendali, in una prospettiva di miglioramento continuo”. A differenza di quanto disciplinato tramite il D.lgs. 81/08, perciò, il ricorso all’HSE Manager da parte delle aziende ha carattere volontario, sebbene il suo impiego sia fortemente raccomandato da un quadro certificatorio di grande rilevanza nell’ambito della normazione tecnica. Ciò non toglie che RSPP e HSE Manager possano coincidere nella stessa persona, a patto ovviamente che riesca ad abbracciare tutte le mansioni richieste da entrambe le funzioni. Il che può avvenire all’interno delle imprese di piccole dimensioni, mentre diventa più arduo in quelle multisito o con un numero di addetti rilevante.
HSE Manager operativo e strategico
Risponde soprattutto alle esigenze delle seconde la norma UNI 11720:2018 nel prevedere addirittura due profili di HSE Manager distinti, proprio per far fronte alla complessità che il ruolo assume in contesti aziendali medio-grandi. Per gestire infatti le attività inerenti a salute, sicurezza e ambiente di lavoro la norma in questione ipotizza la presenza dell’HSE Manager operativo e dell’HSE Manager strategico. Come si ricava dai rispettivi nomi, mentre al primo compete l’onere di mettere in atto concretamente le azioni che servono per rendere i luoghi di lavoro più sicuri e a misura di coloro che li frequentano, il secondo affianca i vertici aziendali nella pianificazione delle strategie idonee a raggiungere gli obiettivi di minimizzazione del rischio e di miglioramento dell’ambiente di lavoro. La distinzione, che contempla anche percorsi di qualificazione differenti, non elimina tuttavia degli elementi in comune cha vanno dal supporto alla direzione nel programmare l’impatto dei fattori HSE sulle scelte di business all’aggiornamento della normativa in materia, sia di natura cogente sia di tipo volontario, dalla definizione degli interventi formativi a beneficio della forza lavoro alla gestione del rapporto con gli enti che, a vario titolo, sono coinvolti nel controllo e nella verifica del rispetto dei requisiti HSE.
Un profilo sempre più richiesto
L’importanza dell’HSE Manager, enfatizzata nell’ultimo biennio a causa della pandemia che ha impresso alla salubrità di uffici e stabilimenti un nuovo significato, sta crescendo in tutto il mondo. Se l’Italia si è dotata nel 2018 della norma UNI 11720:2018, in linea con il modello di riferimento del sistema di qualificazione European Qualification Framework (EQF), anche Paesi come gli Stati Uniti registrano una domanda in aumento di questo profilo. Secondo quanto riporta l’US Bureau of Labor Statistics, cioè la principale agenzia di indagine statistica sul lavoro del governo statunitense, gli specialisti e i tecnici di Health and Safety nel 2020 hanno guadagnato in media uno stipendio annuale pari a 76.340 dollari per gli specialisti e a 53.340 dollari per i tecnici (in Italia la retribuzione di un HSE Manager, sulla base di diversi siti di recruitment, si aggira attorno ai 50 mila euro). Il Bureau prevede anche che le posizioni in questo campo cresceranno, nel periodo compreso tra il 2020 e il 2030, a un ritmo del 7%. La speranza è che questa categoria di professionisti possa incidere nel far diminuire gli infortuni sul lavoro. Quelli con esito mortale negli Usa sono stati 4.764 nel 2020. Questa è una delle ragioni per cui l’HSE Manager, a tutte le latitudini, non può più esimersi dall’utilizzo della tecnologia per abbattere drasticamente percentuali così drammatiche.
La testimonianza di Ubiquicom
Tra le tecnologie più efficaci, in tal senso, rientrano quelle riconducibili nell’alveo della localizzazione in tempo reale o RTLS (Real-Time Locating System). “Si calcola che solo negli Stati Uniti muoiano all’incirca tra gli 80 e i 100 carrellisti ogni anno” sostiene Giorgio Fiammenghi, Chief Marketing Officer di Ubiquicom. Un numero enorme, raffrontabile con quelli riportati in Italia dall’Inail. “Con i nostri sistemi anti-collision basati sulla localizzazione ed estremamente precisi questo numero si può ridurre drasticamente. Tali sistemi, infatti, agiscono sulla macchina utilizzata nella logistica, provocandone, al superamento di soglie di pericolo per macchine o pedoni azioni di emergenza automatiche quali avvisi sonori o anche il rallentamento ed evitando così moltissimi incidenti e infortuni.
Un classico use case è quello dello stabilimento su due piani in cui è presente un montacarichi. L’incidente più ricorrente avviene quando un carrello elevatore in manovra urta violentemente contro il montacarichi perché le forche del carrello sono alzate, causando potenzialmente danni al carrellista, alla merce e all’impianto di sollevamento con pesanti ritardi o fermi nella produzione. Questo problema si risolve facilmente impostando delle soglie di allerta ad hoc e gestendo i meccanismi del carrello elevatore, dall’alzata delle forche al rallentamento”. È un esempio che viene incontro non soltanto ai parametri di Health e Safety di cui si deve occupare l’HSE Manager, ma anche a quelli più ampi di una sostenibilità a 360 gradi.
“Sostenibilità significa ridurre lo stress dei carrellisti di quei magazzini nei quali sono presenti decine o centinaia di persone contemporaneamente. Significa riduzione e soprattutto prevenzione degli infortuni sul lavoro. Basti pensare che l’utilizzo dei sistemi RTLS consente la raccolta di una grande quantità di insight, dando la possibilità di creare report inerenti, ad esempio, agli incidenti avvenuti o a quelli sfiorati (i cosiddetti near miss), così da valutare le azioni necessarie a migliorare la sicurezza di magazzini e stabilimenti. Sostenibilità infine vuol dire anche efficientamento e risparmio di risorse grazie all’applicazione di tecnologie come IoT e Intelligenza Artificiale integrate al Real-Time Locating System. Tutti aspetti che un HSE Manager dovrebbe avere ben presente”.
La localizzazione come chiave per l’HSE
Il concetto chiave della localizzazione va oltre, spiega ancora Fiammenghi: “Una delle nostre soluzioni prevede un dispositivo indossabile che integra la preziosa funzione che permette di segnalare l’‘uomo a terra’ ed è pensata per i lavoratori solitari. Un’altra è progettata per quelle squadre che lavorano in ambienti in cui sono richiesti dispositivi di sicurezza e consente di verificare, mediante un alert, che si stiano effettivamente utilizzando. La localizzazione, perciò, da una parte permette di proteggere i lavoratori negli ambienti rischiosi, dall’altra di intervenire tempestivamente quando si verifica un incidente. Spesso sentiamo parlare di persone che perdono la vita dentro le cisterne. Questo accade perché non indossano dispositivi basati sulla localizzazione che, ad esempio, rilevando la posizione del lavoratore in determinate zone a rischio e la mancanza di DPI idonei, lo avvisano di tale mancanza attraverso sistemi di allerta”.
I campi di applicazione sono davvero tanti: industria manifatturiera, logistica e trasporti, Oil & Gas, healthcare. A variare, oltre al modello di trasmissione (Wi-Fi, Bluetooth, BLE), è l’accuratezza della localizzazione. “Esigenze come l’uomo a terra e l’anti-collision hanno necessità diverse di accuratezza. Uno dei punti distintivi della nostra offerta è quello di sapere governare il trade-off tra accuratezza e costi dei dispositivi della infrastruttura necessaria” conclude Giorgio Fiammenghi, con un invito implicito rivolto agli HSE Manager affinché identifichino la soluzione ai propri bisogni a seconda del sistema di localizzazione più adatto al contesto aziendale in cui operano, indoor/oudoor, e in base all’infrastruttura di trasmissione del segnale.