Smart City

ICity Rank 2021: un’Italia divisa in due, con un Nord che accoglie il maggior numero di città digitali

Svelata la Top Ten delle Smart City italiane di Forum PA: confermata la predominanza delle città del Nord, con eccezioni di piccole dimensioni e alcune città del Sud. Firenze ancora una volta il capoluogo più digitale d’Italia, sul podio insieme a Milano (seconda) e Bologna (terza), seguite da Roma Capitale, Modena, Bergamo, Torino, Trento, Cagliari e Parma. Visto il forte ascendente del PNRR sulla trasformazione digitale, occorre mettere le realtà più innovative nella condizione di sfruttare al massimo le loro capacità, e sostenere le più statiche per riattivarne le capacità di innovazione

Pubblicato il 26 Nov 2021

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Sul podio della decima edizione di ICity Rank 2021 – il rapporto annuale sulle Smart City italiane realizzato da Forum PA (FPA), società del gruppo Digital360, presentato in occasione dell’evento Forum PA Città in collaborazione con Enel X – le stesse città dell’anno scorso, anche se Milano toglie a Bologna il secondo posto. A primeggiare come capoluogo più digitale d’Italia– per il secondo anno consecutivo – è Firenze, in testa con 937 punti nell’indice di trasformazione digitale, potendo vantare risultati di eccellenza soprattutto nel campo degli open data, del wifi, di IoT e tecnologie di rete e app municipali, dove ottiene il massimo dei voti. Milano è seconda con un punteggio di 878, evidenziando punti di forza negli open data, nei servizi online, e nell’indice di “apertura”. Bologna è terza con 854 punti, grazie soprattutto ai risultati nei social e nell’IoT e tecnologie di rete. Alle spalle, un gruppo di città con valori molto vicini alle prime tre: i capoluoghi metropolitani Roma Capitale e Torino affiancati da città intermedie come Modena e Bergamo, sempre più protagoniste di processi di innovazione a 360 gradi. Trento si conferma ottava, seguita da Cagliari al 9° posto, prima città del Mezzogiorno. Parma chiude la Top Ten.

La ricerca valuta il posizionamento dei comuni capoluogo nell’indice di trasformazione digitale, ottenuto dalla media aritmetica di 8 indici settoriali (disponibilità online dei servizi pubblici, disponibilità di app di pubblica utilità, integrazione delle piattaforme digitali, utilizzo dei social media, rilascio degli open data, trasparenza, implementazione di reti wifi pubbliche e diffusione di tecnologie di rete), frutto della sintesi di 36 indicatori basati su 130 variabili e circa 14.000 dati elementari quasi interamente frutto di rilevazioni di FPA realizzate nell’anno in corso.

Subito dopo le prime dieci città, troviamo in graduatoria una serie di comuni – Reggio Emilia, Palermo, Venezia, Pisa, Genova, Rimini, Brescia, Cremona, Prato, Bari, Bolzano e Verona – che si distinguono per buoni risultati e posizionamenti in tutti gli indici settoriali oggetto della ricerca. È questa “innovazione di sistema” l’elemento che identifica le “città digitali”, come sottolinea Gianni Dominici, Direttore generale di FPA: “Le prime 22 città della classifica sono le città digitali, quelle che utilizzano in modo diffuso, organico e continuativo le nuove tecnologie nelle attività amministrative, nell’erogazione dei servizi, nella ​raccolta ed elaborazione dati, ​nell’informazione, nella comunicazione e nella partecipazione. Sono città che possono diventare piattaforma, creando le condizioni per lo sviluppo economico e sociale dei loro territori grazie al digitale. Nel gruppo più avanzato si trovano soprattutto grandi città del Nord, ma non mancano eccezioni di piccole dimensioni, come Pisa o Cremona, e alcune città del Sud, come Cagliari, Palermo o Bari, che dimostrano come un uso sapiente del digitale può modificare le tradizionali geografie dell’innovazione”.

Il report completo ICity Rank 2021 di FPA è disponibile QUI.

Occorre un equilibrio tra il sostegno alle realtà di punta perché stiano al passo con le città innovative d’Europa e meccanismi che facilitino il trasferimento dei risultati a tutte le altre

L’esperienza della pandemia nel 2020 ha spinto la trasformazione digitale delle città italiane in modo generalizzato, ma sono le amministrazioni che già negli anni passati avevano avviato radicali processi di innovazione a mostrare oggi i risultati migliori. Il 2021 è stato un anno di assestamento, ma segnato da fenomeni importanti come la diffusione dell’APP IO e SPID o l’attivazione dei servizi di ANPR (Anagrafe nazionale della popolazione residente). Questa situazione ha portato a una polarizzazione: da una parte città che hanno continuato a sviluppare i processi di innovazione, dall’altra città che hanno rallentato. Da un lato, le “città digitali”, che si collocano quasi sempre nella parte elevata delle graduatorie degli 8 indici di ICity Rank e mai nella parte più bassa; dall’altro lato, una ventina di comuni quasi sempre nella parte più bassa delle classifiche. Condizione fortemente correlata a due caratteristiche “strutturali”: la ridotta dimensione demografica e l’appartenenza alla ripartizione meridionale.

Tra le prime 22 città del ranking, 10 sono città metropolitane e in generale le dimensioni sembrano incidere sulle performance generali. I capoluoghi con meno di 50.000 abitanti hanno uno scarto complessivo del 25% rispetto alla media nazionale. Per i piccoli, il ritardo medio è notevole in particolare negli open data, mentre le performance sono migliori nell’utilizzo dei social e nella diffusione delle reti wifi. In alcuni ambiti si segnalano però alcuni risultati di eccellenza di realtà di media dimensione, come il primo posto ottenuto da Pisa nelle piattaforme abilitanti, da Cremona nei servizi online o da Bolzano nell’IoT e tecnologie di rete.

I capoluoghi meridionali evidenziano un ritardo nella trasformazione digitale, collocandosi con più frequenza nella fascia bassa delle graduatorie. Confrontando il punteggio medio delle città del Mezzogiorno con quello nazionale si vede uno scarto complessivo di circa il 25%, che supera il 40% in ambiti come gli open data e le reti di wifi pubblico. Ma qualcosa si muove anche al Sud: oltre a Cagliari al 9° posto, troviamo Palermo al 12°, con il massimo dei voti nell’ambito degli Open Data, al pari di Milano e Pisa, e in ottima posizione nelle classifiche settoriali che riguardano apertura e servizi online. E al 20° nella classifica generale, c’è Bari, che eccelle soprattutto nell’apertura e nei servizi online. Da segnalare anche il recupero di Napoli, 26° posto, che scala 11 posizioni grazie al massimo dei voti nelle app municipali e il buon piazzamento nei social, e di Messina, che passa dall’89° posto del 2020 al 62°attuale, salendo di quasi 30 posizioni.

“Il 2022 sarà un anno cruciale per l’attuazione del PNRR che ha definito una visione strategica del futuro fondata sulla trasformazione digitale, e in questa fase sarà fondamentale il ruolo delle realtà urbane – dice Andrea Rangone, Presidente di Digital360 – Le città oggi sono le porte di ingresso per la partecipazione attiva, autonoma e responsabile di cittadini e imprese, in un momento in cui serve il massimo coinvolgimento di tutti. Di conseguenza, le realtà più innovative vanno messe nella condizione di sfruttare al massimo le loro capacità, mentre le più statiche dovranno essere sostenute per riattivarne le capacità di innovazione”.

Uno strumento di lavoro che può aiutare a individuare elementi di forza e debolezza e a stimolare la riflessione sulle strategie d’intervento

Ma per farlo, occorre uno strumento di lavoro che possa aiutare ad individuare elementi di forza e debolezza nell’articolazione territoriale delle dinamiche che appartengono alla trasformazione digitale e a stimolare la riflessione sulle strategie d’intervento. E l’ICity Rank si pone proprio in questi termini. Di seguito, diamo uno sguardo agli indici più rilevanti.

App municipali

Le rivoluzioni digitali non hanno dato solo la possibilità di accedere a distanza ai servizi amministrativi tradizionali ma anche
di crearne nuovi, in primo luogo di comunicazione e informazione in tempo reale rivolti in particolare ai device mobili. Le amministrazioni dei comuni capoluogo che, attraverso APP attivate direttamente o indirettamente, coprono almeno 5 dei 6 settori
considerati sono in crescita lenta ma costante (dalle 28 del 2019 alle 32 attuali). Più significativa la riduzione di quelle che
coprono al massimo due settori scese da 52 a 36 (e quelle dove non è stata rilevata nessuna APP sono scese da 15 a 0).

Il settore dove sono state riscontrate con maggiore frequenza app attive promosse direttamente o indirettamente (tramite
aziende o enti collegati operanti nel settore) è quello della mobilità (dal pagamento dei parcheggi alle informazioni
in tempo reale sul trasporto pubblico), seguito da cultura/turismo (guide, app illustrative dei luoghi e degli eventi della città) e dal settore dei rifiuti (spesso app di supporto alla raccolta differenziata). In crescita negli ultimi anni le APP con gli alert per la sicurezza e quelle istituzionali (notizie, accesso ai servizi, segnalazioni di disservizi).

Sono sette le città che raggiungono il punteggio massimo, tra le quali due capoluoghi metropolitani (Napoli e Firenze) e
cinque città intermedie (Modena, Padova, Parma, Reggio Emilia e Trento) seguite a brevissima distanza da altre tre
metropolitane (Milano, Roma Capitale e Torino).

La distribuzione territoriale per fasce di posizioni nella classifica vede una forte concentrazione delle amministrazioni settentrionali nella
fascia più elevata, di quelle dell’Italia Centrale nella fascia intermedia e di quelle meridionali nella fascia più bassa. Nessun capoluogo con meno di 50.000 abitanti si colloca nella fascia più elevata e nessuna città con più di 250.000 si colloca in quella più bassa.

Social PA

In termini di utilizzo dei social media come strumento di comunicazione con i cittadini e i city users, la rilevazione effettuata da FPA nel secondo semestre 2021 ha ridotto a un solo caso su 107 le situazioni in cui non si è riuscita a riscontrare la presenza dell’amministrazione dei comuni capoluogo sui 7 strumenti di comunicazione social considerati (Facebook, YouTube, Twitter, Linkedin, Messenger, Instagram e Telegram). All’opposto, sono salite a 21 le amministrazioni che risultano essere presenti su tutti e 7  gli strumenti e altre 64 ne hanno attivati almeno 5.

Nel dettaglio, Facebook è il social più presente (101 profili delle amministrazioni rilevati) seguito da YouTube (100 canali), quindi Twitter (82). Per gli altri strumenti rilevati Linkedin è il più presente (83), seguito da Messenger (77), Instagram (72) e Telegram (46).

L’andamento del “grado di copertura” (quota % delle presenze social effettivamente attivabili) mostra la forte accelerazione manifestatasi nel primo semestre del 2020 quando, anche in conseguenza delle accresciute necessità di comunicazione legate alla pandemia, è salito all’84% contro il 78% del secondo semestre 2019. In quattro anni la copertura complessiva è passata dal 69% del 2017 (221 attivazioni) all’88% del 2021 (286 attivazioni).

Bologna conquista la prima posizione precedendo altre città metropolitane come Venezia e Torino. Pordenone (7^) è l’unica città non metropolitana presente nella top ten. Cagliari (8^) è la prima realtà del Mezzogiorno. Firenze, Napoli, Roma Capitale, Genova e Milano completano i vertici della graduatoria. Anche se per i singoli social media media non mancano le eccezioni, nel complesso, la discriminante geografica ha una notevole influenza: quasi la metà delle amministrazioni del Nord si colloca nella fascia elevata della classifica, la quota scende a un terzo per quelle dell’Italia centrale e a meno di un settimo per le città del Mezzogiorno.

Open Data

Le rilevazioni effettuate periodicamente da FPA sui portali open data dei Comuni capoluogo confermano un quadro piuttosto polarizzato, con pochi top performer che si contraddistinguono per numerosità dei dataset rilasciati e qualità della accessibilità, contrapposti ad una ampio numero che mostrano ancora un basso o nullo livello di impegno in questo versante. Sono ancora 43 i comuni per i quali non è stato possibile rintracciare la pubblicazione di dataset cui si contrappongono altrettanti che hanno superato la soglia dei 25. Dei 64 comuni attivi, peraltro, solo 52 pubblicano almeno un file in formato interoperabile (erano 47 nel 2020).

17 amministrazioni capoluogo rendono disponibili gli open data con modalità di accesso molto elevate (portali articolati con link alla HP); in 20 casi l’accessibilità è comunque elevata (pagine con indicizzazione standard direttamente accessibili dalla HP o portali articolati ma con accesso dalla HP indiretto);  in 13 casi sono pagine con indicizzazione standard e accesso indiretto dalla HP; in 14 casi su 64 le modalità di accesso sono carenti (elenchi non indicizzati e accessibili solo indirettamente dalla HP).

Milano, Palermo e Pisa si collocano al vertice della graduatoria seguite a brevissima distanza da Firenze. Lecce, Reggio Emilia e Udine affiancano Pisa come città non metropolitane presenti. Bologna, Torino e Roma Capitale completano il quadro della Top 10.

Si rileva una significativa discriminante geografica: il 60% dei capoluoghi del Mezzogiorno non hanno attivato pubblicazione di Open Data, mentre la quota dei capoluoghi del Nord che si collocano nella fascia più elevata è decisamente più ampia. La discriminante dimensionale appare in questo caso assolutamente cruciale: solo un comune al di sotto dei 50.000 ab. appartiene alla fascia più elevata della graduatoria e ben 15 su 23 non pubblicano Open Data; al contrario, 10 su 12 città con oltre 250.000 ab. si collocano nel terzo più elevato della graduatoria.

Wi-Fi pubblico

Il numero di capoluoghi dove è possibile identificare la presenza di reti WiFi pubbliche è progressivamente cresciuto negli ultimi anni; restano, tuttavia, grandissime differenze nella consistenza di queste reti in rapporto alla popolazione e alla superficie. C’è molta disomogeneità anche nelle modalità di comunicazione della presenza di queste reti nei siti istituzionali: sono solo 29 i capoluoghi dove vengono indicati su mappe navigabili i punti di accesso e fornite indicazioni chiare per l’attivazione.

Firenze si riconferma al vertice della graduatoria precedendo Bergamo e Cagliari (unico capoluogo meridionale presente). Bologna, Milano, Venezia e Roma Capitale sono gli altri capoluoghi metropolitani presenti al vertice mentre Trento, Brescia e Modena completano il quadro dei non metropolitani.

Molto nette le differenze delle distribuzioni nelle fasce della graduatoria delle amministrazioni delle diverse ripartizioni: solo 2 capoluoghi del Mezzogiorno si collocano nella fascia elevata e 2 capoluoghi del Nord si collocano in quella più bassa. Meno semplice che in altri ambiti la correlazione con la dimensione demografica con una presenza non irrilevante delle piccole città nelle fasce intermedia ed elevata.

IoT e Tecnologie di rete

Nel 2021 si è registrata una significativa crescita del numero dei comuni capoluogo dove sono presenti strumenti per la raccolta dei rifiuti che impiegano tecnologie digitali come i contenitori stradali dotati di sistemi di identificazione o i sacchi di raccolta dotati di codici/microchip. Le città che impiegano (anche parzialmente o sperimentalmente) entrambi gli strumenti sono passate infatti dalle 14 del 2019 alle 25 attuali e quelle che ne impiegano almeno uno dei due da 30 a 51.

La rete di illuminazione pubblica è una delle più importanti infrastrutture abilitanti per le responsive cities. Secondo le rilevazioni effettuate da FPA il numero delle città capoluogo dove è stata sperimentata l’istallazione di «pali smart» è salito da 17 nel 2017 (dato Istat) a 35 nel 2021.

La classifica dell’indice basato sui 5 indicatori settoriali è guidata da Bolzano e Firenze seguite a breve distanza da
Bologna, Brescia, Cuneo, Mantova e Parma. Un altro gruppo di sei città occupa a parità di punteggio l’ottava posizione.

Lo scarto tra le città del Nord e quelle del resto del paese è evidente. Più della metà dei capoluoghi settentrionali si colloca nella parte elevata della graduatoria mentre questa quota scende sotto il 20% nel Centro e nel Mezzogiorno. Molto nitida è anche la correlazione progressiva con la dimensione demografica: solo un capoluogo con meno di 50.000 abitanti entra nella parte più elevata della graduatoria mentre sono 10 su 12 le grandi città che vi si collocano.

Immagine fornita da Shutterstock

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