Lo scorso 21 luglio è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il testo il Decreto 26 maggio 2020 “Disposizioni applicative per nuovo credito d’imposta, per attività di ricerca e sviluppo, di innovazione tecnologica e di design”. Il decreto era atteso da tempo, ai fini della corretta applicazione del credito d’imposta per le attività di ricerca, sviluppo e innovazione, contenuto nella Legge di Bilancio 2020 (legge 27 dicembre 2019, n. 160, art. 1, commi da 199 a 206).
Le modifiche alla precedente disciplina sul credito d’imposta
Il nuovo credito d’imposta per ricerca e sviluppo modifica in modo sostanziale la precedente disciplina che era stata definita dal decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145 e successivamente prorogata con modifiche fino alla legge di bilancio 2019. Alle spese per ricerca fondamentale, ricerca industriale e sviluppo sperimentale si applica una aliquota sensibilmente inferiore a quella prevista fino al 2019 (12% rispetto a 50% e 25% in ragione della tipologia di spese ammissibili), ma la base di riferimento diventa l’intero volume di spese e non più la sola quota incrementale rispetto alla media annuale di quanto speso in ricerca e sviluppo nel triennio di riferimento (2012-2014).
Il nuovo decreto specifica ulteriormente cosa si deve intendere con ricerca e sviluppo, ovvero lavori originali intrapresi al fine di individuare possibili utilizzazioni o applicazioni delle nuove conoscenze che derivano dalla ricerca fondamentale, destinati a realizzare nuovi prodotti, nuovi processi o miglioramenti significativi di prodotti o processi. In tal senso, il credito d’imposta è ammissibile se si evidenzia un progresso o un avanzamento delle conoscenze in campo scientifico o tecnologico e non il semplice progresso delle conoscenze o capacità della singola impresa.
La legge di bilancio 2020 ha tuttavia introdotto una significativa novità che finalmente riconosce l’esigenza delle PMI italiane, meno orientate alla ricerca e sviluppo ma sicuramente capaci di sviluppare innovazione.
Il decreto 26 maggio 2020 definisce attività di innovazione tecnologica ammissibili al credito d’imposta i lavori finalizzati alla realizzazione o all’introduzione di prodotti o processi nuovi o significativamente migliorati, rispetto a quelli già realizzati o applicati dall’impresa. A titolo esemplificativo e non esaustivo, per prodotti nuovi o significativamente migliorati s’intendono beni o servizi che si differenziano, rispetto a quelli già realizzati dall’impresa, sul piano delle caratteristiche tecniche, dei componenti, dei materiali, del software incorporato, della facilità d’impiego, della semplificazione della procedura di utilizzo, della maggiore flessibilità o di altri elementi concernenti le prestazioni e le funzionalità; per processi nuovi o significativamente migliorati, rispetto a quelli già applicati dall’impresa, s’intendono processi o metodi di produzione e di distribuzione e logistica di beni o servizi che comportano cambiamenti significativi nelle tecnologie, negli impianti, macchinari e attrezzature, nel software, nell’efficienza delle risorse impiegate, nell’affidabilità e sicurezza per i soggetti interni o esterni coinvolti nei processi aziendali.
Esempi di innovazione di prodotto
Il decreto riporta anche alcuni esempi di ciò che possa essere considerata attività di innovazione:
- diverse caratteristiche tecniche del prodotto;
- nuovi componenti o materiali;
- nuovo software incorporato;
- migliore facilità d’impiego;
- altri elementi che riguardano prestazioni e funzionalità.
Esempi di innovazione di processo (produzione, logistica, servizi):
- cambiamenti nelle tecnologie impiegate;
- cambiamenti di macchinari, attrezzature, software;
- miglioramento efficienza;
- miglioramento affidabilità e sicurezza.
Il credito d’imposta previsto
Per le attività di innovazione è previsto un credito d’imposta pari al 6% delle spese ammissibili, con un limite pari a 1,5 mln di euro.
La legge di bilancio 2020 prevede inoltre un incentivo maggiorato al 10% per i progetti di innovazione digitale 4.0 e per i progetti dedicati alla transizione ecologica. La priorità di questi due importanti orientamenti della strategia industriale europea ha spinto il governo a premiare i progetti che più di altri stanno impegnando le imprese negli ultimi anni. Nel primo gruppo troviamo per esempio attività dedicate a:
- Creazione di una infrastruttura digitale per l’integrazione di tutti i dispositivi HW e SW.
- Soluzioni per migliorare la pianificazione della produzione per migliorare utilizzo macchina, ridurre i lead time, minimizzare costi.
- Soluzioni per l’ottimizzazione dei processi per migliorare la qualità e/o ridurre i costi.
- Soluzioni per la definizione e la generazione sistematica di indicatori di processo (KPI).
- Soluzioni per la generazione di report relativi al funzionamento delle risorse tecnologiche, materiali e personali.
- Sistemi per feedback-alert su derive di funzionamento dei processi
- Digitalizzazione dei processi.
- Digitalizzazione delle interazioni tra diversi operatori delle filiere produttive.
- Telediagnosi, teleassistenza, telemanutenzione, installazione a distanza, soluzioni atte a favorire lo smart working.
- Sviluppo di sistemi digitali “pay per use”.
- Soluzioni specifiche di blockchain, cybersecurity, edge e cloud computing.
Mentre per quanto concerne la transizione ecologica, gli esempi citati dal decreto riguardano:
- Progettazione di prodotti sostenibili concepiti per essere riutilizzati, riparati o aggiornati o sottoposti a riciclo ad elevata qualità (ecodesign).
- Realizzazione di catene del valore a ciclo chiuso.
- Introduzione di modelli di sinergia tra sistemi industriali (c.d. simbiosi industriale) in relazione a risorse materiali ed energetiche (sottoprodotti, rifiuti, energia termica di scarto, ciclo acque).
- Soluzioni per l’ottenimento di materie prime seconde da prodotti post-uso.
- Introduzione di tecnologie di disassemblaggio e/o remanufacturing.
- Soluzioni per monitorare il ciclo di vita dei prodotti.
- Introduzione di modelli di business “as-a-service”.
È bene notare che il credito d’imposta per l’innovazione è destinato a riconoscere un credito per spese diverse dagli investimenti in tecnologia, già coperti dal credito d’imposta I4.0 che ha sostituito l’iperammortamento. Con il credito d’imposta per l’innovazione l’impresa vede riconosciuti innanzitutto i costi del personale coinvolto nelle attività di innovazione.
Per esempio, nell’ipotesi che un’azienda decida di investire per digitalizzare il proprio sito produttivo dovrà acquistare nuovi macchinari e nuovi software sui quali potrà applicare il credito d’imposta I4.0 (40% per i beni materiali e 15% per i software) ma dovrà anche riorganizzare i propri processi, ridefinire la propria infrastruttura dati, individuare quali dati utilizzare – tra i tanti disponibili, prodotti dalle macchine – e come utilizzarli. Queste attività impegneranno competenze interne, consulenti, software per effettuare simulazioni, altre spese destinate unicamente alla progettazione delle caratteristiche della nuova fabbrica, che nulla hanno a che vedere con i costi per l’acquisto dei macchinari. Fino al 2019 tutti questi costi non potevano godere di alcun incentivo, oggi possono invece essere riconosciuti nella percentuale del 10%.
Digitalizzare la produzione
Il credito d’imposta per l’innovazione rappresenta per le imprese un’occasione per acquisire maggiore consapevolezza in relazione alle risorse da impegnare nei progetti di digitalizzazione, alle competenze necessarie per raggiungere i risultati attesi, ai tempi necessari per sviluppare organicamente un nuovo modo di produrre. Troppo spesso si pensa che sia sufficiente sostituire macchine e impianti obsoleti con nuovi prodotti per ottenere quasi magicamente una fabbrica digitale. Nella realtà dei fatti la fabbrica è costituita da macchine e impianti ma anche e soprattutto da processi, persone, flussi informativi, prassi e abitudini, lay-out fisici che influenzano in modo significativo l’efficacia e l’efficienza di produzione.
Digitalizzare la produzione significa progettare un nuovo modo di produrre e quindi dedicare la dovuta attenzione a tutti gli elementi che costituiscono la fabbrica odierna e definirne la nuova configurazione. Oggi questo processo è possibile nell’ambito di ciò che la legge definisce “attività di innovazione” ed è quindi fondamentale che le imprese colgano questa ulteriore opportunità per una trasformazione che non è più rimandabile.
Sotto il profilo formale, il decreto 26 maggio 2020 descrive come devono essere determinate e documentate le spese ammesse al credito d’imposta, che devono essere certificate da un revisore contabile (per le sole imprese non obbligate per legge alla revisione legale dei conti, le spese sostenute per adempiere all’obbligo di certificazione della documentazione contabile sono riconosciute in aumento del credito d’imposta per un importo non superiore a 5.000 euro). Ai fini di successivi controlli, le imprese beneficiarie sono tenute inoltre a redigere una relazione tecnica che deve fornire specifiche informazioni sugli obiettivi di innovazione, con la descrizione dello stato di fatto iniziale e della situazione futura, nonché dei criteri qualitativi e quantitativi rilevanti per la valutazione del concreto perseguimento degli obiettivi definiti.
In attesa che si delineino le linee di indirizzo per i nuovi incentivi alla digitalizzazione che il Governo si appresta a definire per la legge finanziaria 2021, la nuova disciplina rappresenta in ogni caso un importante “cambio di paradigma” che riconosce le diverse forme di impegno e investimento delle imprese, ed è cumulabile con tutti gli altri incentivi previsti.