Il problema dell’interoperabilità nell’IoT? Dall’open source due possibili soluzioni

L’estrema varietà di dispositivi, piattaforme e applicazioni prospetta una frammentazione difficile da gestire, con relativi costi. Un aiuto può venire dalla definizione di un middleware aperto di “orchestrazione”: le proposte di standard più autorevoli sono IoTivity dell’Open Interconnect Consortium, e AllJoyn framework, riconducibile alla Linux Foundation

Pubblicato il 16 Apr 2015

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La prospettiva concreta legata a Internet of Things di una crescita esponenziale nel numero di apparati connessi alla Rete presenta indubbiamente una serie di vantaggi importanti. Dietro una facciata di svariate possibilità di controllo ed elaborazione dati a distanza, si pone però anche una serie di problemi non trascurabili.

Proprio la grande varietà di dispositivi e soluzioni in gioco solleva la questione della compatibilità, tra loro e soprattutto con i relativi sistemi alle spalle. Vista anche come fattore distintivo, la specificità della singola applicazione solleva tutti i classici problemi legati alle soluzioni proprietarie, chiamate a interagire con un mondo particolarmente esteso. Prevedere una serie, improbabile per quantità, di connettori tra dispositivi e relative applicazioni, non ha molto senso. Un aiuto in questa direzione può venire dalla definizione di un middleware che sia il più orizzontale possibile. E una soluzione in questo senso può venire dal mondo open source.

Il lavoro per evitare ai responsabili IT di dover gestire un puzzle particolarmente complicato è già iniziato. Ma come sempre in queste fasi, la definizione di uno standard unico è ancora lontana: esistono alcune proposte elaborate da altrettanti gruppi di lavoro, forti del supporto di parti del mondo produttivo.

IOT Framework Open Source

Al momento, il principale problema è una frammentazione estesa come mai in passato. Ogni soluzione nasce dalla combinazione di svariati software in uso sui sistemi, dei protocolli di comunicazione e dalle relative proposte già elaborate. A differenza del passato, non si tratta più solo di armonizzare dati provenienti da sorgenti diverse. La situazione è molto più complessa, con la necessità che ogni singolo dispositivo dotato di sensore sia potenzialmente in grado di comunicare con altri, simili per funzionalità, ma totalmente diversi per concezione e ingegnerizzazione. Chi realizza un’app d’altra parte, ha interesse che sia compatibile con il maggior numero possibile di apparati, e da qui nascono le concrete prospettive per l’affermarsi di uno standard open source.

Due al momento appaiono le proposte più interessanti. Il progetto IoTivity sviluppato dall’Open Interconnect Consortium, può contare sull’appoggio prima di tutto di Intel, e si propone proprio di semplificare la comunicazione tra ogni dispositivo, garantendone anche la sicurezza, con particolare attenzione ai settori dalle maggiori prospettive: Automotive, Sanità e Automazione Industriale prima di tutto. L’idea è realizzare un sistema dove ogni dispositivo sia in grado di riconoscere gli altri nel proprio raggio d’azione e interagire considerando le rispettive caratteristiche. Tra gli oltre cinquanta nomi che stanno già contribuendo rientrano Cisco, Acer, Dell, GE, Samsung, Honeywell, HP, Siemens, Lenovo e McAfee.

L’alternativa più gettonata è AllJoyn framework, messo a punto da AllSeen Alliance, riconducibile alla Linux Foundation e forte di un consenso numericamente più consistente, formato da circa 120 aziende, tra cui Qualcomm, Microsoft, Haier, Panasonic, Sharp, TP-Link, Sony, LG, Cisco, D-Link, ADT, Honeywell, HTC, Lenovo, Netgear, Symantec e Verisign. L’idea è una sorta di gateway grazie al quale attraverso il Cloud garantire un controllo totale degli strumenti. Con la possibilità che comunichino anche direttamente tra di loro.

A prescindere da cosa si affermerà come standard  definitivo, in favore di una soluzione open source giocano diversi fattori. Oltre a una maggiore interoperabilità, per i produttori va considerata anche la minor necessità di procedere allo sviluppo software internamente, accelerando quindi la messa a punto di prodotti da proporre al mercato. Soprattutto però, risultano drasticamente abbattuti i problemi legati all’infrastruttura alla quale integrarsi.

La partita dovrebbe risolversi al massimo entro un paio d’anni. Da una parte, la più esperta AllSeen Alliance ha come punto di forza il consenso numericamente maggiore. Dall’altra, l’Open Interconnect Consortium può vantare nomi più importanti dal punto di vista del mercato. E non si possono trascurare le potenziali mosse dei produttori cinesi, ancora in grado di sconvolgere la situazione, ma anche l’entrata in campo di marchi di rilievo, non ancora ufficialmente schierati. AMD infatti, uno dei principali produttori di chip IoT, concorda sull’orientamento open source e segue da vicino la proposta AllSeen Alliance. È tuttavia ancora prematuro parlare di scelta definitiva.

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