Non v’è dubbio che le filiere lunghe e complesse di oggi siano inevitabilmente soggette a interruzioni, per i motivi più disparati, che vanno dalle dispute commerciali tra i diversi Paesi, che inevitabilmente si riflettono sui dazi doganali, all’incertezza politica, dalle catastrofi naturali alle pandemie, come purtroppo abbiamo sperimentato in questi ultimi mesi.
Non stupisce dunque che oggi più che mai le imprese si domandino come valutare e gestire i rischi connessi a queste interruzioni, adeguando le proprie supply chain a uno scenario di incertezza.
Il reassessment delle supply chain
Non è un vezzo.
Un interessante studio di McKinsey ha misurato l’impatto economico sulle supply chain in seguito a eventi “disruptive” come quelli sopra citati. Solo lo scorso anno, le perdite globali dovute a terremoti, inondazioni, incendi hanno raggiunto i 150 miliardi di dollari, mentre negli ultimi due anni le pesanti fluttuazioni sul fronte dazi e tariffe hanno avuto impatti pesantissimi e soprattutto repentini sulle attività di importazione ed esportazione.
E ancora non siamo nella condizione di valutare con precisione quale sarà l’impatto economico di Covid-19 sulle supply chain mondiali.
In ogni caso, si tratta di situazioni che da un lato generano costi elevati sull’immediato, ma che per di più richiedono lunghi tempi di recupero.
Per questo motivo diventa più che mai necessario per le imprese ripensare e rivalutare le strategie di Supply Chain Management, per renderle più resistenti a queste disruption.
Attenzione però, suggerisce ancora lo studio di McKinsey; l’impatto non è lo stesso per tutte le imprese, ma differisce anche in base al tipo di industry.
Le aziende del settore farmaceutico, ad esempio, operano in un ambiente altamente regolamentato e devono garantire forniture di più settimane per i farmaci critici. Per questo motivo, per le aziende di questo comparto è indispensabile assicurarsi scorte sufficienti e adeguate.
Le imprese che invece operano nei fast moving consumer goods devono tener conto dei problemi di deperibilità dei prodotti freschi e dunque hanno necessità di studiare con attenzione l’allocazione dei centri di distribuzione per garantirsi la necessaria agilità.
Infine, le imprese che operano nel manifatturiero discreto, caratterizzato da sistemi di produzione just-in-time, hanno la necessità di minimizzare il potenziale impatto dei ritardi di produzione.
Garantire la business continuity
Sempre secondo McKinsey, molte imprese hanno ancora un approccio reattivo nel loro modo di rispondere alle interruzioni della catena di approvvigionamento. Tuttavia, è chiara per tutte la necessità di diversificare le loro operation, di attuare strategie di multi-sourcing e di attivare forme di più stretta collaborazione e di regolare auditing dei fornitori per mettere in luce i rischi più rilevanti e intervenire per tempo.
Manca ancora, evidenzia lo studio, un adeguato livello di automatizzazione di queste attività. In genere, quando l’evento dirompente si verifica, le aziende finiscono per trovarsi impreparate, creano response team ad hoc, in generale rischiano di perdere tempo prezioso a causa della loro insufficiente preparazione.
Le aziende più mature sotto il profilo della capacità di gestione del rischio, dispongono di team permanenti e soprattutto hanno metodologie consolidate per garantire un costante, accurato e puntuale flusso di informazioni non solo lungo tutta la supply chain, ma anche all’interno della loro stessa organizzazione andando a toccare le altre funzioni, dal marketing, all’IT all’area legal.
Non solo.
Il livello di maturità nella gestione del rischio di fornitura si evince anche dalla capacità, oltre che dalla volontà, di porsi in ottica preventiva o addirittura predittiva di fronte al problema.
È importante monitorare costantemente tendenze ed eventi che potrebbero causare interruzioni nella catena di fornitura globale, assicurarsi che vi sia trasparenza nella catena di fornitura, strutturarsi per ricevere notifiche push su eventuali incidenti e sulle valutazioni di impatto sul proprio business.
In altre parole, è importante essere nella condizione di valutare correttamente e rapidamente gli eventi, costruendo una consapevolezza del rischio sia all’interno sia all’esterno del perimetro aziendale, per potervi rispondere al meglio.
La cultura della resilienza
Appare dunque chiaro che l’aumento della resilienza della supply chain rappresenti oggi un tema centrale per molte imprese che operano in filiere complesse.
Secondo McKinsey, per raggiungere questo obiettivo di resilienza è importante in primo luogo avere una chiara visione dei rischi e degli eventi più rilevanti che minacciano la tenuta della propria supply chain, valutandone l’impatto e di conseguenza la priorità. Nella valutazione dimensionale dei rischi, le imprese devono cioè scegliere tra eventi difficili da prevedere, ma gestibili in termini di impatto, eventi difficili da prevedere e gravi in termini di impatto, eventi prevedibili, che avrebbero un forte impatto una volta realizzati e i rischi a basso impatto che possono essere previsti e gestiti con maggiore facilità.
Ed è sui rischi prioritari che è indispensabile elaborare strategie di risposta. Si tratta, è evidente, di strategie di compromesso, ma perché sia economicamente sostenibile, è necessario quantificare il compromesso tra l’investimento nella prevenzione e il rischio di essere colpiti.
Infine, la gestione dei rischi sulla supply chain deve essere integrata nei processi decisionali e di pianificazione, deve cioè rientrare a pieno titolo nei processi che riguardano le operation. È il primo passo verso la creazione di una vera cultura del rischio e di una impresa resiliente.
La sfida per il manifatturiero
La sfida, appare evidente, è particolarmente pressante per le realtà che operano nel manifatturiero. È vero, negli ultimi anni, nel quadro dei loro percorsi di digital transformation, molte si sono dotate di strumenti potenti ed efficaci per la pianificazione della domanda e la gestione della logistica, vale a dire per la prima e l’ultima parte della loro catena di approvvigionamento, ma il monitoraggio delle prestazioni della produzione manifatturiera lungo la supply chain sembra essere rimasto un po’ fuori dai progetti di modernizzazione. Soprattutto in molte imprese manca un approccio sistematico al supply chain management, ovvero una piena comprensione della capacità, della produttività, dell’efficienza e della qualità delle macchine lungo la catena di fornitura grazie alla possibilità di analizzare i dati a livello di macchina / parte / lotto.
È da un approccio sistemico come questo che deriva la possibilità di effettuare benchmark, bilanciare i carichi e pianificare la capacità di produzione, implementare una tracciabilità completa della produzione.
Di fatto, un corretto Supply Chain Management entra di diritto nelle practice che accompagnano la transizione delle imprese del manifatturiero verso lo Smart Manufacturing, inteso come un impegno per raggiungere livelli più elevati di intelligenza, orchestrazione e ottimizzazione all’interno delle fabbriche e lungo la catena del valore della produzione. Questo impegno richiede la sincronizzazione su tre dimensioni chiave:
- Industrial Internet of Things (IIoT)
- product lifecycle
- supply chain management
Molte aziende sembrano investire di più sul ciclo di vita del prodotto e sulle dimensioni intelligenti della fabbrica piuttosto che sulla dimensione che riguarda la catena del valore.
È una dimensione che richiede di essere affrontata in modo sistematico, coniugando alleanze strategiche e nuovi processi aziendali e soprattutto creando una stretta connessione tra la catena del valore e il flusso di dati che accompagna materiali, componenti e prodotti fisici.
L’obiettivo è raggiungere integrazione ottimale del processo, riduzione delle scorte, prodotti migliori e maggiore soddisfazione del cliente.
Questo richiede un approccio integrato alla gestione dei fornitori di materiali e parti, alla gestione dei flussi di informazioni attraverso i dipartimenti interni, area di produzione inclusa, fino alla gestione della consegna del prodotto al cliente finale.
Significa che il lungo processo di standardizzazione avviato con l’introduzione digli ERP in azienda, deve ora abbracciare l’intera catena del valore.
Supply Chain Management: la visione di Oracle
Da tempo Oracle si dice convinta che parlare di supply chain non significhi più limitarsi ad approvvigionamento, produzione, distribuzione e vendita di prodotti. È più che mai indispensabile oggi acquisire piena visibilità sulla propria supply chain per prendere decisioni intelligenti, creare customer experience più convincenti e prepararsi ad eventi non pianificati.
Servono però nuovi livelli di automazione, perché non si tratta certo di obiettivi perseguibili con una gestione manuale e non integrata dei flussi.
Serve una importante iniezione di leve tecnologiche, dall’IoT all’Artificial Intelligence fino alla Blockchain, tre ambiti nei quali la società sta investendo in modo importante in questi anni.
L’intelligenza Artificiale, ad esempio, trova ampi casi d’uso proprio nella gestione automatica di aggiornamenti e notifiche, nella verifica sulla qualità dei prodotti, nella gestione dei temi di compliance e adesione a requisiti normativi, nel tracking degli asset, nella prevenzione delle frodi, nella automatizzazione dei task, nei progetti di predictive maintenance e ancora per ottenere quella visibilità necessaria su tutti gli attori della filiera.
Analogamente, le tecnologie dell’Internet of Things migliorano la gestione della supply chain: elaborando i dati che provengono dalla fabbrica, il monitoraggio della produzione consente una vista in tempo reale delle operations in generale e del funzionamento delle linee di produzione.
Dalla produttività alla sicurezza
L’analisi dei dati consente di valutare lo “stato di salute” dei macchinari e il loro livello di utilizzo, informazioni preziose nei processi decisionali: sulla base di tutti questi indicatori i direttori di produzione possono identificare apparecchiature inattive o sottoutilizzate che, se potenziate, possono ottimizzare la produzione del prodotto; possono identificare malfunzionamenti le cui conseguenze possono riverberarsi non solo sulla operatività e sulla produzione ma addirittura sulla sicurezza degli operatori sulla linea.
Così, l’implementazione dell’IoT nel Supply Chain Management ha effetti positivi in termini di miglioramento della business intelligence, riduzione degli errori, automazione di una serie di attività di monitoraggio degli asset, controllo della sicurezza fisica dei dipendenti, maggiore accuratezza nel forecasting, riduzione delle rotture di stock, tempi di downtime dei macchinari.
La blockchain, infine, rappresenta al momento sia una sfida sia un vantaggio competitivo per le imprese che la implementano in produzione e nello specifico nella gestione della propria suplly chain.
I vantaggi?
Aumento della sicurezza, maggiore automatizzazione, velocizzazione delle transazioni, riduzione delle frodi, miglioramento di governace e compliance, riduzione dei costi amministrativi.
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