Molte sono le polemiche e i dibattiti che hanno che hanno
recentemente attraversato il mondo della telefonia Mobile
italiana. Tra questi, uno emerge ed assume un’importanza
particolare, non fosse altro che per il fenomeno
socio-culturale che ne costituisce la base: gli sms costano
troppo, l’Italia e gli operatori italiani si devono
adeguare al regolamento comunitario e conformarsi al tetto
massimo degli 11 centesimi di euro per messaggio. Sugli Sms
sono stati scritti chilometri di articoli, saggi, monografie e
ogni tipo di commento tecnico; lascio le analisi dotte ai
sociologi del lunedì mattina con i quali non posso competere.
Proverò invece a concentrarmi brevemente sul fulcro del
dibattito. In Italia gli Sms possono davvero costare molto;
spesso più della media europea. Del problema, dopo
l’Europa, se ne stanno occupando l’Authority per le
Comunicazioni, Mister Prezzi, l’Associazione dei gestori
telefonici (ASSTEL) e non so quali altri soggetti,
istituzionali e non. L’aspetto deteriore di far parte
dell’Unione Europea è senza dubbio quello di dover
convivere con il confronto (eterno) con le realtà dei nostri
coinquilini. Nulla di male se la comparazione di dati, cifre,
costi e quant’altro fosse sempre correttamente
contestualizzata (termine orribile ed abusato, me ne scuso),
purtroppo ciò non sempre accade, come per i messaggini. Nel
caso degli Sms fare una corretta tabella di confronto
richiederebbe tempo, spazio e troppa pazienza per i lettori di
questa rubrica, e per di più senza aggiungere nulla alle reali
cause di tali disparità. Che senso ha affermare che gli utenti
spagnoli pagano meno di noi i loro Sms? Qual è il termine di
confronto? L’euro inteso come unità di conto comune?
Quanti altri beni di consumo (tali sono oramai divenuti gli
Sms) hanno costi differenti all’interno
dell’Unione? Dove lo mettiamo il raffronto sul costo
della vita nei singoli paesi dell’Unione? È rilevante e
logico soffermarsi sul costo dell’Sms senza cercarne un
contesto omogeneo? A mio parere no, e proverò a spiegarne
qualche motivo. Il breve messaggio di testo è una piccola
manna per gli tutti gli operatori mobili, sotto qualsiasi cielo
essi operino: è corto, leggero, facile da trasportare e si
compra all’ingrosso. Inoltre, il suo costo industriale
come servizio (termine non corretto ma intuitivo) è da tempo
ammortizzato, e prossimo allo zero. Per dirla in termini da Bar
Sport, qualsiasi fosse il ribasso che gli operatori
applicassero ai propri Sms, il loro guadagno (in termini
percentuali) sarebbe comunque rilevante. E in effetti, a voler
essere obiettivi e senza associarsi acriticamente al coro di
chi se la prende sempre e comunque con gli operatori, in molti
casi gli Sms costano davvero poco, anzi spesso non (ci)
costerebbero nulla.
E allora dove sta il trucco? Semplice: non nei costi ma nelle
tariffe. Torniamo al contesto. La situazione italiana è da
manuale: una concentrazione di SIM tale che, se volessimo
dividerne il totale per “teste”, dovremmo
immaginare un telefonino anche per ogni culla di tutti i
reparti di ostetricia di ciascun ospedale italiano. A ciò si
aggiunga una propensione all’uso della conversazione in
mobilità al limite (spesso travalicato) del vandalismo
telematico, ed infine, un’assoluta assuefazione e
dipendenza da messaggino, tale da aver rivoluzionato le
relazioni interpersonali di almeno due generazioni. In questa
arcadica cornice operano quattro carrier telefonici, diversi
tra loro, ma pressoché identici nel cavalcare la tigre delle
proposte commerciali dove i messaggi piovono sull’utente
come la biblica manna (buona e gratis). Prendete una qualsiasi
offerta attualmente sul mercato: ultimo modello di telefono
gratis o quasi, costi ridotti all’osso, qualche migliaio
di minuti gratis al mese e, come sempre, un fantastilione di
Sms gratuiti. A volte ancora più che gratuiti: Sms per sempre
gratis tra utenti dello stesso operatore, o della stessa
tribù; verso tutti (ma non sempre in roaming, anche
domestico); da e verso un pugno di eletti (mogli, amico del
cuore, amanti) che se non dovessero restare tali continueranno
a beneficiare di siffatta prebenda, perché tanto voi ve ne
sarete già dimenticati (della tariffa, non della
moglie/amante). Sia chiaro, la concorrenza (quando c’è)
aiuta il mercato e dunque il consumatore (ASSTEL docet), ma
esiste davvero una concorrenza nelle tariffe proposte dai
nostri quattro moschettieri mobili? Di certo esiste un range
enorme di offerte e di tipologie tariffarie meravigliosamente
pubblicizzate, ma se tentassimo un raffronto per categorie
omogenee, probabilmente tra gli operatori troveremmo moduli
ripetitivi, per non dire “a ricalco”. Nulla di male
in fondo: pur con tutta la fantasia del marketing e della
comunicazione, alla fine si sta sempre vendendo traffico
telefonico. Tutto chiaro, problema risolto? Tutt’affatto.
In un mondo perfetto (Arcadia si, ma dei consumatori), se tutti
gli utenti utilizzassero le tariffe ad essi più congeniali
questa querelle non avrebbe motivo di esistere: con ogni
probabilità gli Sms sarebbero per tutti, (per dirla alla
sessantottina) “liberi e gratuiti”; ed anche il
paradosso comunitario per il quale il messaggista italico
rischia di spendere meno quando è all’estero rispetto al
suolo natio, non avrebbe motivo di esistere. Ma così non è.
Le tariffe sono una giungla effettiva ed impenetrabile, il
consumatore medio (non il teen-ager smanettone né il metodico
ingegnere) ha poca voglia di leggere le offerte con attenzione.
Ne prende una che gli sembra buona, e prima di cambiarla
aspetta che i telefonini funzionino su Marte. E allora di chi
è la colpa? Gli operatori ce la mettono tutta per invogliarci
a cambiare (ogni riferimento alla bionda con un nome da albergo
è puramente casuale), ma noi, popolo dei messaggini, con dita
veloci ed isteriche siamo troppo impegnati a
“bruciare” un appuntamento, litigare con l’ex
di turno o scrivere brevi poemi erotici alla fiamma attuale per
prestare attenzione alle tariffe dell’operatore. Ed ecco
che il container gratuito mensile di Sms non riusciamo mai a
spedirlo: perché scriviamo sempre alle persone sbagliate,
nelle fasce sbagliate o con il telefono agganciato alla cella
sbagliata. Oppure, molto più semplicemente, tanto tempo fa
quando il telefono era grande e pesante come un mattone forato,
siamo entrati in un negozio, la venditrice o il venditore (a
quei tempi comunque belli e sorridenti) ci ha mostrato il
modello, ha infilato dentro la SIM (manovra che allora ci
sembrava degna di un moderno Houdini), e dal quel giorno non ci
siamo più preoccupati di controllare quanto ci costa un
…Cara, sono preso sino ai capelli, non torno a cena.
Eccoci finalmente nel giusto contesto: sarà anche vero che gli
Sms italiani costano di più di quelli iberici o gallici, ma
potrebbero costarci davvero poco come nel resto della vecchia
Europa, se solo avessimo tempo e voglia di leggere quanto il
mercato ci offre. Pochi (in termini relativi) lo fanno
veramente, e forse molti di più lo farebbero se qualcuno si
preoccupasse di controllare davvero la reale comprensibilità
della comunicazione pubblicitaria che circa 100 volte al giorno
ci viene proposta da ogni tipo di media. Facciamo un po’
di ordine tutti insieme: operatori, comunicatori, regolatori,
osservatori e perché no, anche consumatori (in associazione e
non): ci importa davvero che un messaggino costi di più di un
mensaje quando qui nello Stivale potremmo averlo quasi gratis
sin d’ora, se solo avessimo voglia di informarci meglio?
Quante cose passato il Monte Bianco o il Brennero costano di
meno (o di più) e non sentiamo il bisogno di ricorrere a
Strasburgo o Bruxelles? Basta lamentarsi, siamo in Eurolandia
non eurolagna.