Strategie

Il wireless che aiuta a stare bene

Elena Sini, CIO dell’Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori di Milano, illustra i servizi innovativi realizzati con il supporto delle ICT e i vantaggi della soluzione RFId implementata per garantire ai pazienti trasfusioni sicure

Pubblicato il 01 Apr 2008

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Fondato nel 1925, l’Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori di Milano (INT), già riconosciuto come Istituto di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) nel 1939, e recentemente trasformato in Fondazione, ha consolidato negli anni una posizione di eccellenza nel campo della ricerca oncologica. All’ingegner Elena Sini, CIO dell’INT e responsabile dell’implementazione e attuazione dei miglioramenti tecnologici, nell’ottica della ristrutturazione e potenziamento dell’area ICT, abbiamo chiesto di illustrare il supporto offerto dalle tecnologie RFId all’interno dell’Istituto.

Quando e perché la Fondazione Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori di Milano ha iniziato a valutare l’utilizzo delle tecnologie RFId?

Nel giugno del 2006 abbiamo avviato un progetto pilota per sperimentare le potenzialità delle tecnologie RFId a supporto del processo trasfusionale, dall’assegnazione delle sacche di sangue al paziente da parte del Servizio ImmunoTrasfusionale (SIMT), fino all’effettuazione della trasfusione in reparto, comprendendo quindi la verifica della corretta associazione sacca-paziente al momento della trasfusione. Il progetto pilota era inizialmente rivolto a garantire la sicurezza nel trasfusionale, soprattutto per quanto riguarda i problemi dell’univoco riconoscimento del paziente, della sicurezza del match paziente/prodotto-procedure e della tracciabilità del somministrato.

La tecnologia RFId è stata scelta come piattaforma tecnologica che consentisse di rispondere ai requisiti funzionali necessari e che potesse essere allo stesso tempo lo stimolo per l’estensione a macchia d’olio dell’innovazione tecnologica sia ad altri processi clinici chiave, sia ad altri ambiti, come ad esempio l’installazione di una rete Wi-Fi. Attraverso un panel di indicatori di processo (KPI – Key Performance Indicators) su efficienza, qualità e servizio, sono stati riscontrati risultati positivi a seguito dell’introduzione della soluzione applicativa, inducendo a ritenere che l’utilizzo della tecnologia RFId potesse essere proficua anche in altri contesti aziendali.

In che strategia aziendale si inserisce l’utilizzo delle tecnologie RFId?

Da qualche anno a questa parte abbiamo intrapreso una serie di iniziative nell’area ICT nell’ottica di approntare infrastrutture abilitanti per l’erogazione di servizi innovativi e di sviluppare nuovi applicativi informatici a supporto degli operatori. Abbiamo fatto in modo che le regole e gli standard tecnologicoarchitetturali conseguenti si avvicinino il più possibile ad una logica di sviluppo dei sistemi e della loro configurazione orientata al servizio integrato e non alla specifica applicazione. Ad integrazione di questi strumenti “standard”, si è ritenuto opportuno sperimentare nuove tecniche di gestione e sistemi di sicurezza, con l’utilizzo delle più attuali tecnologie informatiche per automatizzare e standardizzare i processi. Per progettare strumenti che possano essere di reale supporto per gli operatori, i sistemi devono essere integrati e pervasivi sui processi. Ad esempio, l’identificazione del paziente non è facile da realizzare. Per raggiungere questo, deve essere implementato un identificativo univoco per i pazienti e tutti i sistemi coinvolti devono essere in grado di favorire lo scambio delle informazioni ed essere interoperabili con l’applicazione RFId. L’Istituto punta a sviluppare una piattaforma comune che sia parte integrante dell’attuale portafoglio applicativo IT.

I riscontri positivi sull’utilizzo della soluzione applicativa a supporto del processo trasfusionale hanno indotto ad ipotizzare un utilizzo proficuo della tecnologia RFId anche in altri contesti aziendali. Crediamo infatti che, se adeguatamente progettate, le soluzioni RFId possano essere un mezzo efficace per combinare alti livelli di sicurezza con una tecnologia non invasiva, perché deve essere usata da tutto il personale sanitario coinvolto. Le applicazioni RFId stanno inoltre dimostrando di supportare lo scambio delle informazioni lungo l’intero processo, creando un collegamento tra applicazioni precedentemente non comunicanti tra loro e abilitando il processo di controllo.

Qual è la situazione attuale di utilizzo delle tecnologie RFId nella vostra azienda?

È nel contesto precedentemente descritto che si collocano le esperienze oggi attive: il Progetto Trasfusioni Sicure Integrate – che coinvolge anche l’Azienda Ospedaliera Niguarda di Milano e la Fondazione San Raffaele del Monte Tabor -, il Progetto Banca Istituzionale dei Tessuti Crioconservati ed un Progetto Strategico appena presentato al Ministero per la gestione avanzata del rischio in chemioterapia, che vede l’INT coordinare altre 29 unità operative. Tutti questi progetti sono visti come l’arricchimento di una comune piattaforma tecnologica abilitante l’innovazione di processo, che da un progetto pilota iniziale si sta ora evolvendo in varie direzioni.

Potrebbe descriverci nel dettaglio in cosa consiste il progetto teso a supportare mediante tecnologie RFId il processo trasfusionale?

Il progetto pilota, sviluppato con la collaborazione di Fondazione Politecnico di Milano e Hp, prevede che, al momento del ricovero nella Struttura Complessa di Trapianto di Midollo Osseo Allogenico (TMO), il paziente riceve un braccialetto RFId, che viene popolato direttamente al letto. Il Servizio Trasfusionale, riceve dopo aver processato la richiesta trasfusionale ed aver effettuato i controlli sul campione ematico, stampa un’etichetta RFId da apporre sulla sacca selezionata.

Prima di procedere alla trasfusione vera e propria, l’infermiere di reparto ha la possibilità di verificare la corretta associazione sacca-paziente mediante il PDA di cui è dotato e di registrare inoltre le informazioni inerenti l’avvio e la conclusione dell’evento trasfusionale. Tutte le informazioni registrate servono per la corretta associazione pre-trasfusionale saccapaziente. Ogni evento è tracciato automaticamente dal sistema e inviato al Servizio Immuno-Trasfusionale, che adesso può ricevere elettronicamente le informazioni inerenti alla trasfusione direttamente dal reparto e può quindi monitorare lo stato di consegna delle sacche di sangue, permettendo così di contenere i costi grazie alla razionalizzazione, di aumentare l’efficienza interna e di avere un maggiore controllo del consumo di sangue nei reparti.

L’applicazione che abbiamo sviluppato a supporto del processo trasfusionale ha registrato un tasso di utilizzo di oltre il 90% nei quattro mesi di sperimentazione, avendo in questo modo un impatto significativo sulla prevenzione degli errori. Questo è particolarmente significativo se consideriamo che l’applicazione sviluppata implementa un sistema di gestione del workflow per guidare gli operatori tra le diverse fasi della procedura trasfusionale. Un importante riconoscimento pubblico è giunto da Berlino, dove all’European Forum 2007 di Idc il progetto trasfusionale è stato premiato con l’“EMEA Idc Award 2007”.

Quanto risulta rilevante per l’implementazione di questi progetti l’interazione con altre strutture sanitarie?

È molto importante, se si pensa che il processo trasfusionale non coinvolge una singola struttura sanitaria, bensì tutte le strutture che afferiscono allo stesso distretto, chiamato DMTE. Alla luce dei riconoscimenti conseguiti, a fine 2007 la Regione Lombardia ha erogato un nuovo finanziamento biennale per consentire l’estensione della soluzione all’intero ciclo trasfusionale e svilupparla in altre strutture sanitarie del distretto dell’area Nord di Milano. Il progetto regionale si articola in due fasi: verrà in primo luogo creato un meta-modello trasfusionale con conseguente consolidamento funzionale ed estensione della tecnologia in uso anche alla gestione delle provette e a tutti i reparti dell’INT; la sperimentazione verrà in un secondo momento estesa all’Azienda Ospedaliera Niguarda e quindi a strutture terze con fornitura continuativa. L’applicazione dovrà inoltre essere interoperabile con un analogo sistema in sviluppo presso il San Raffaele: lo scopo è quello di raggiungere l’interoperabilità dei tag delle sacche di sangue tra l’applicazione presso l’Istituto e altri progetti paralleli finanziati dalla Regione Lombardia.

Potrebbe descriversi il progetto Banca Tessuti e come questo si configuri come il supporto all’attività di ricerca?

Il Progetto Banca Istituzionale dei Tessuti Crioconservati (BdT) si pone l’obiettivo di estendere la piattaforma RFId ad un contesto particolarmente innovativo, ma sicuramente anche abbastanza critico, sia dal punto di vista processuale che da quello più propriamente tecnologico. Le BdT sono entrate nel progetto strategico dell’Istituto nel 2004 con la costituzione e il mantenimento di una Banca di Materiale Biologico, considerata un nodo centrale per l’acquisizione di campioni biomolecolari in base ai quali sviluppare sperimentazioni cliniche d’avanguardia. La BdT dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano raccoglie oggi oltre 17.000 campioni di tessuti umani congelati, rappresentativi di un ampio spettro di patologie oncologiche.

Le attività di raccolta, campionamento, conservazione e utilizzo di tale materiale richiedono, tuttavia, il coordinamento di molteplici attività ad opera di team multidisciplinari, in quanto ai fini della ricerca biotecnologica è necessario processare ogni campione in maniera ottimale: la qualità del processo di preparazione e conservazione dei campioni è infatti importante perché le misurazioni dell’espressione genica assumono che le molecole di RNA ivi contenute rappresentino fedelmente le caratteristiche riscontrabili in vivo. Errate condizioni di conservazione, eccessivi tempi di lavorazione o un tardivo congelamento possono invece alterare la configurazione molecolare dei campioni, potenzialmente creando delle anomalie sui risultati delle sperimentazioni che verranno compiute su di essi.

Il Progetto Banca Istituzionale dei Tessuti Crioconservati, gestito da un team di lavoro composto dal personale interno dell’INT e da un gruppo di analisti della Fondazione Politecnico di Milano, punta all’istituzionalizzazione della BdT e alla sua riorganizzazione, introducendo come supporto alle attività uno strumento basato su tecnologie RFId per il tracciamento dei campioni biologici dal prelievo in sala operatoria allo stoccaggio. L’introduzione di questa tipologia di tecnologia assicurerà l’identificazione univoca dei campioni, la tracciabilità di processo merito per quanto riguarda le attività di lavorazione e movimentazione dei campioni, il controllo delle loro condizioni di conservazione, favorendo quindi una maggiore accuratezza nelle analisi molecolari. L’intento ultimo è la costituzione di una base di dati, contenente tutte le informazioni relative ai prelievi come supporto diagnostico ed alla ricerca scientifica con la riorganizzazione e la storicizzazione del patrimonio scientifico della Banca, e il potenziamento dell’infrastruttura dei sistemi di supporto. Abbiamo attualmente concluso il ridisegno dei processi, i prossimi step riguardano il disegno della soluzione e la progettazione applicativa, la realizzazione dei sistemi, l’attuazione e la sperimentazione vera e propria.

I benefici potenziali dell’intervento possono essere distinti in due macrogruppi: i vantaggi attesi per la Banca dei Tessuti e i vantaggi per l’Istituto. Nel primo gruppo rientrano l’incremento dei campioni recuperati, la trasparenza e il costante monitoraggio, la qualità e l’efficacia del servizio, i nuovi progetti di ricerca, mentre nel secondo il poter annoverare una Banca dei Tessuti all’avanguardia all’interno della propria struttura, l’incremento del patrimonio scientifico, il ritorno d’immagine e la possibilità di fornire servizi all’esterno.

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