Manca ancora l’ufficialità, ma la certificazione da parte di un’agenzia di stampa come Reuters (unitamente all’assenza di smentite) lascia pensare che la notizia sia vera: il governo uscente di Mario Draghi e Intel avrebbero scelto la cittadina di Vigasio (Verona) come sito preferito per una nuova fabbrica di chip da realizzare in Italia. Una notizia, che a dire la verità, non giunge del tutto inaspettata: già lo scorso agosto avevamo scritto come in risposta all’esigenza, espressa molto chiaramente nei piani di recovery europei e in particolare dal Chips Act, di aumentare la capacità produttiva di chip continentale, la multinazionale avrebbe potuto inaugurare uno stabilimento produttivo in Piemonte o in Veneto. La scelta di Vigasio sarebbe stata presa per la maggiore vicinanza ai mercati del Nord Europa e in particolare alla Germania, dove Intel intenderebbe aprire altre due fabbriche. L’investimento italiano è infatti parte di un più ampio piano annunciato dal produttore di chip statunitense lo scorso marzo per investire fino a 80 miliardi di euro (77,5 miliardi di dollari) nel prossimo decennio nella creazione di nuova capacità produttiva in tutta Europa.
Secondo le fonti di Reuters, lo stabilimento di Vigasio dovrebbe comportare un investimento iniziale di circa 4,5 miliardi di euro, destinato ad aumentare nel tempo, 1.500 posti di lavoro più altri 3.500 tra fornitori e partner. Le attività produttive dovrebbero iniziare tra il 2025 e il 2027 e la fabbrica italiana sarebbe un avanzato impianto di confezionamento e assemblaggio di semiconduttori. Particolare non certo di secondaria importanza è che il Governo uscente italiano era pronto a finanziare fino al 40% dell’investimento totale di Intel in Italia. Ovviamente la concretizzazione del progetto passerà nelle mani del nuovo Governo che si insedierà in autunno, che però con tutta probabilità non cercherà di farsi scappare dalle mani un investimento internazionale di questa portata. Data anche la strategicità della scelta aumentare la produzione di chip nazionale, in un contesto internazionale che ha dimostrato tutte le sofferenze delle supply chain dell’elettronica. Non a caso, riferisce sempre la Reuters, il Governo Draghi era anche in trattative per investimenti similari con STMicroelectronics franco-italiana, i produttori di chip taiwanesi MEMC Electronic Materials Inc e TSMCe Israeli Tower Semiconductor, che Intel ha acquistato all’inizio di quest’anno.