L’internet delle cose è una delle tecnologie abilitanti del paradigma Industria 4.0. Se ne parla ormai da tempo e se ne sta parlando talmente tanto che sembra quasi che le aziende stiano già usando l’IoT nel loro business. In realtà, i dati dicono il contrario.
Come stanno andando i progetti di Industrial IOT nel mondo
Secondo il report “Microsoft IoT Signals research report on state of IoT adoption”, pubblicato nel luglio 2019, il 32% dei manager intervistati ha dichiarato di aver abbandonato POC (Proof of Concept) sull’IoT industriale perché aventi costi di scale-up troppo alti, il 28% perché non avevano individuato un chiaro ROI (Return of Investment) e il 26% perché ha trovato difficile giustificare l’investimento senza un chiaro ritorno a breve termine.
Alla luce di questi dati, sembra quasi che, collegare le macchine industriali alla rete sia un processo molto complicato, costoso, rischioso e quindi da lasciare ai processi di innovazione più che alla produzione. Insomma, sembra che l’Industrial IoT sia una di quelle tecnologie “disruptive” di cui si parla più nei magazine di settore che nelle aziende reali.
Quello che esiste già: Machine to Machine communication
In realtà, un gran numero di macchine industriali è già connesso in rete e già scambia dati, ricette, programmi e parametri con software gestionali e sistemi di controllo della produzione. È dagli anni ‘80 che colleghiamo cavi di rete alle macchine industriali, lo sappiamo fare molto bene e lo chiamiamo M2M (Machine to Machine) communication.
Grazie al M2M abbiamo costruito le fabbriche robotizzate, i magazzini automatizzati, gli AGV (Automated Guided Vehicles) per la movimentazione merci e tanto altro. Grazie al M2M abbiamo spinto i processi “lean” ancora più avanti dando vita all’industria moderna, quella che conosciamo molto bene, che chiamiamo 3.0 come se fosse ormai cosa vecchia, destinata a morire, sostituita dalla neonata 4.0.
Il paradigma Industria 4.0 cambierà tutto
La quarta rivoluzione è sicuramente disruptive, cambierà tutto. Tuttavia, il paradigma 4.0 è stato eccessivamente dipinto come dirompente e discontinuo rispetto al passato. Questa narrativa molto spinta ha portato molti a credere che non fosse possibile una continuità con il passato, un progresso lineare dal 3.0 al 4.0 insomma.
L’unico modo per passare dalla terza alla quarta rivoluzione industriale è attraverso un cambiamento graduale, un’integrazione fra le tecnologie del passato e quelle del futuro e quindi una migrazione dell’impresa verso un paradigma più snello e fluido. L’azienda del 4.0 sarà più simile al mondo del digitale, del software, di Internet, che non a quello fisico delle fabbriche e del metallo.
Pensare al 4.0 come mutualmente esclusivo rispetto al 3.0 è sbagliato e fuorviante.
OT (Operation Technology): reti industriali e machine to machine communication
Le reti industriali M2M sono nate per gestire il “controllo” di apparati. Sono quindi progettate per avere basse latenze, ricezione garantita di pacchetti e comportamento certo ed affidabile. Il perché di questa struttura è intrinseco nella funzione a cui le reti M2M devono assolvere: controllare una macchina vuol dire agire sul mondo fisico attraverso segnali digitali. Se qualcosa va storto, non è possibile cliccare su “undo”!
Questa tipologia di rete è nota nel mondo industriale come OT. In OT il digitale funge solo da mezzo di trasferimento veloce e immateriale di informazioni fisiche.
Un tornio a controllo numerico invierà sulla rete la velocità di rotazione del proprio mandrino perché fisicamente ha un mandrino. Un tornio non manderà mai sulla rete OT la stima delle ore di moto previste per il mese successivo.
Nell’OT viene digitalizzato solo ciò che esiste e lo si fa in maniera lineare, così da consentire un’immediata associazione fra variabile digitale e suo corrispondente fisico. I PLC (Programmable Logic Controller) utilizzati per il controllo delle macchine industriali, mappano, tramite componenti hardware dedicate, i segnali acquisiti dai sensori in variabili scritte nel database. I PLC sono dei digitalizzatori della realtà fisica.
Il programmatore di PLC si limita a scrivere un algoritmo di controllo che a ogni passo, letti i segnali fisici provenienti dai sensori, modifica lo stato degli attuatori e quindi il mondo fisico in cui la macchina opera.
Il programma di un PLC lega ingressi e uscite attraverso un modello che è dato dalla natura fisica della macchina e che potrebbe essere replicato anche grazie a complessi circuiti elettrici analogici. Molte macchine industriali potrebbero infatti essere controllate, come si faceva negli anni 70-80, con soli cavi e componenti elettroniche discrete e analogiche.
In sintesi, il PLC è un digitalizzatore di modelli di controllo fisici.
IT (Information Technology): Internet e Industrial Internet of Things
La rete IT è ben diversa da quella OT. Nel mondo di Internet, la maggior parte dei dati non hanno un corrispondente fisico. Le variabili rappresentano idee presenti nella mente dei programmatori che poi vengono dotate di significato grazie alla creazione di un modello concettuale anch’esso definito dal programmatore.
Il modello concettuale è la descrizione estremamente semplificata di un sistema. Per esempio, i file organizzati in cartelle del nostro computer sono solamente un’illusione che i programmatori hanno deciso di dare agli utenti per rappresentare le informazioni digitali in maniera simile a come è organizzato un archivio cartaceo o una libreria. Lo hanno fatto per consentirci di utilizzare una tecnologia molto complessa in maniera semplice ed intuitiva.
In realtà, nei nostri hard disk non ci sono né cartelle né file ma miliardi di bit sparsi in locazioni di memoria. I file non sono scritti negli hard-disk in maniera contigua. Vengono scritti dove il sistema operativo trova posto libero. È per questo motivo che per, per velocizzare i nostri sistemi, ogni tanto serve de-frammentare il disco. Non è possibile deframmentare una libreria o un archivio cartaceo.
Questa dicotomia fra presenza di modello fisico o di modello concettuale porta a ciò che nella comunità informatica è noto come “symbol grounding problem”. Nell’OT i dati rappresentano sempre una realtà fisica, nell’IT è spesso vero il contrario. Questa differenza di vedute e modelli è all’origine della difficile convivenza fra OT e IT.
Nelle reti OT i simboli presenti nei programmi (variabili) hanno una rappresentazione fisica chiara e diretta perché legate a sensori fisici realmente presenti nella macchina industriale. Nel mondo IT non c’è invece corrispondenza fra variabili del programma e realtà fisica. Le variabili rappresentano solamente degli elementi di appoggio per la gestione dei dati che hanno significato solo nella mente del programmatore e servono solamente all’implementazione dell’algoritmo nella forma in cui il programmatore lo ha pensato.
Ogni programmatore può scrivere un software diverso per implementare lo stesso algoritmo e possono esistere diversi algoritmi per modellare lo stesso fenomeno o gestire lo stesso processo.
La tecnologia IT sostituirà la OT nell’Industria 4.0?
La tecnologia IT non è adatta al controllo industriale, non è stata progettata per questo e non è necessario sforzarsi per adattarla. Non è possibile controllare una taglierina industriale a cui lavorano degli operatori tramite un modello software completamente slegato dalla realtà fisica. Diventa complesso garantire la sicurezza degli operatori e avere garanzie sul comportamento degli apparati. Una taglierina deve avere un sistema di sicurezza che è gestito a hardware dal controllo macchina ed è quindi immune da errori di programmazione e hackeraggi.
Pensiamo per un attimo a un frullatore. L’unico modo per garantire la sicurezza dell’operatore è rendere impossibile l’accensione del motore se il tappo non è inserito. Per fare questo esiste un solo modo sicuro e garantito: inserire un interruttore che scollega il motore se il coperchio non è inserito. La presenza fisica del coperchio va quindi a perturbare lo stato dell’interruttore interrompendo la connessione con il motore, non c’è nessun algoritmo da inventare. Qualsiasi altra soluzione software non potrà mai garantire lo stesso livello di sicurezza.
Nell’OT è possibile creare sistemi di scurezza di questo tipo direttamente dentro i PLC “a hardware”, in IT questo non è possibile e non c’è necessità che lo diventi.
Il 4.0 si fa con l’integrazione fra IT e OT
Le imprese 4.0 integreranno tecnologia IT con quella OT andando a creare reti multilivello in cui ogni strato è gestito con la tecnologia più opportuna. In questo scenario, la tecnologia IT verrà utilizzata soprattutto per uniformare la comunicazione fra i livelli e fra le varie reti OT, aventi strutture e protocolli diversi.
L’integrazione di tecnologie IT, come l’Internet delle cose, nel mondo industriale non è quindi un processo puramente tecnologico, il fatto che oggi ci sia molta tecnologia IT di tipo consumer, pronta all’uso, non rende automatico il processo di evoluzione delle reti industriali verso un modello ibrido.
Non possiamo rimodernare le aziende semplicemente portando dentro gadget che abbiamo in casa. Perché questo processo evolutivo avvenga è necessario avviare processi atti a ripensare l’intera struttura di rete dell’azienda, così che questa possa evolvere verso un’architettura ibrida e quindi più scalabile, più performante ma al contempo sicura e affidabile.
I gateway IOT industriali servono a questo. Sono dei nodi di interfacciamento fra OT e IT. Un gateway IOT parla da un lato la lingua dell’OT, traduce questi segnali continui e legati al fisico in segnali adatti all’IT e quindi legati al modello concettuale con il quale si sta astraendo la fabbrica e poi li invia nella rete IT. L’internet of things industriale porterà quindi le potenzialità del mondo IT in industria, traghettando l’azienda oltre il paradigma del fisico e introducendo così il famoso “digital twin”.
Perché questo accada, però, c’è bisogno di progettare con attenzione e lungimiranza, ma soprattutto c’è bisogno di studiare tanto.