Industry 4.0, lo stato dell’arte in Italia nella ricerca dell’Osservatorio Smart Manufacturing

La nuova frontiera della fabbrica intelligente riaccende le speranze sulle capacità per l’attività industriale di creare e distribuire ricchezza. Dalla panoramica dell’Osservatorio Smart Manufacturing è possibile capire, tra l’altro, anche quanto l’Italia sia pronta a beneficiare del programma Industry 4.0 da 50 miliardi di euro della Commissione europea

Pubblicato il 16 Ago 2016

Immagine fornita da Shutterstock

Per passare la nuova frontiera dell’Industry 4.0, tutte le economie più sviluppate vanno tracciando da tempo la propria road map, in modo da arrivare ben equipaggiate nel mondo della quarta rivoluzione industriale.

E l’Italia? Cosa si sta facendo per riconfigurare la struttura produttiva del secondo Paese manifatturiero d’Europa?

Le molteplici applicazioni delle Smart Manufacturing Technologies accendono nuove speranze sulle capacità per l’attività industriale di creare e distribuire ricchezza: tanto in Italia quanto nel resto d’Europa, anche nello scenario offuscato dalle incognite di Brexit.

Per la Fabbrica Italia è ora più che mai il momento di affrontare – in modo ampio, organico e sistematico – il salto evolutivo verso i sistemi cyber-fisici.

Digital fabrication, export in crescita per la meccanica strumentale Made in Italy

Le premesse per questo salto di qualità non mancano. E neppure i segnali rassicuranti. Nei settori trainanti del Made in Italy, esperienze incoraggianti arrivano da diverse imprese – in primis, dalle PMI di meccanica strumentale – in cui vengono introdotte e implementate le best practices dello smart manufacturing e della digital fabrication. Lo evidenzia anche l’ultimo Rapporto Export di SACE (Gruppo Cdp) – scaricabile da Economyup.it (vai alla pagina per scaricare il rapporto) – dove si sottolinea il ruolo de “la ‘fabbrica intelligente’, i ‘sistemi cyber-fisici’ o l’‘Internet delle Cose’, ossia lo sviluppo di sistemi tecnologici in grado di scambiarsi informazioni e interagire con l’ambiente esterno. Nella nuova Industria 4.0 si passerà dalla produzione centralizzata e quella decentralizzata, i macchinari comunicheranno tra loro per ottimizzare i processi e migliorare i prodotti, le tecnologie informatiche semplificheranno i flussi tra reparti e funzioni e agevoleranno il lavoro del management, anche nei rapporti con fornitori e distributori”.

Secondo le previsioni di SACE, l’export italiano di beni può mettere a segno un +3,2% nel 2016, comunque inferiore rispetto al 2015 (+3,8%), purché si concentrino gli sforzi sulle aree geografiche a maggior potenziale. Il ritmo di crescita potrà aumentare ulteriormente nel 2017, fino ad attestarsi al +4,1% nel 2019.

Osservatorio Smart Facturing, il quadro è positivo

Se queste sono le previsioni, qual è però lo scenario attuale?
Quanto sono diffuse le Smart Manufacturing Technologies nelle imprese italiane, e come si colloca l’Italia rispetto al resto del mondo?
A tale proposito, un’utile analisi sul campo di 307 aziende italiane ed estere è stata condotta nella Ricerca 2015-16 dell’Osservatorio Smart Manufacturing , promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano.
Oltre un terzo delle aziende dichiara di non conoscere i temi dello Smart Manufacturing e il tessuto imprenditoriale è pur sempre costituito da realtà di piccole dimensioni con una scarsa maturità di soluzioni informatiche: eppure il quadro dell’Industria 4.0 in Italia appare sostanzialmente positivo. Quasi un terzo delle imprese ha già avviato tre o più progetti utilizzando tecnologie digitali innovative come l’Industrial Internet of Things, l’Industrial Analytics, il Cloud Manufacturing, l’Advanced Automation, l’Advanced Human Machine Interface o l’Additive Manufacturing. Il mercato dello Smart Manufacturing nel 2015 in Italia vale già 1,2 miliardi di euro, poco meno quindi del 10% del totale degli investimenti industriali complessivi (10-12 miliardi di euro), trainato in particolare da grandi aziende di macchinari e dell’automotive. Un mercato costituito in maggioranza da applicazioni tecnologiche di Internet of Things per l’industria (il 66% del valore), in cui i progetti sono ancora principalmente in una fase pilota. Per il 2016 si prevede un tasso di crescita del 20%, buono ma insufficiente a recuperare anni di ritardo rispetto alle più mature esperienze internazionali, dove sono nati piani di azione di sviluppo nazionale.

L’organizzazione del lavoro nella fabbrica intelligente

Tra i temi da affrontare, in prima linea c’è senz’altro quello delle ripercussioni dell’Industry 4.0 sull’organizzazione del lavoro negli stabilimenti e negli impianti produttivi (e anche negli uffici), sui livelli occupazionali della forza lavoro e sulle nuove figure tecniche e professionali che verranno richieste dal mercato nei prossimi decenni, quanto più si andranno diffondendo le applicazioni delle Smart Manufacturing Technologies e l’introduzione dell’Internet-of-Things nei vari ambiti applicativi in Italia, come ben chiarisce un articolo di agendadigitale.eu (vai all’articolo)  dedicato agli studi e alle analisi fin qui condotte sugli sviluppi futuri della fabbrica digitale, tra cui il report “The future of Jobs“, curato dal World Economic Forum. Ricordando anche, però, che si tratta di scenari che saranno compiuti e misurabili intorno al 2030.

50 miliardi di euro dalla Commissione europea per Industry 4.0 e il Digital single market

Ma la strada tracciata è quella, e le risorse a disposizione non mancano: come spiega un articolo di CorCom (vai all’articolo ), la Commissione europea ha annunciato per il piano Industry 4.0 un investimento da 50 miliardi di euro fino al 2020 per il Digital single market (al netto del terremoto di Brexit), con una serie di misure per coordinare gli sforzi degli Stati membri per la digitalizzazione dell’industria e dei servizi collegati su tutto il territorio comunitario, e una forte spinta agli investimenti congiunti tra settori diversi attraverso partnership strategiche e reti di imprese. Tra le priorità, lo sviluppo di standard comuni su alcuni dei settori e delle tecnologie chiave, a cominciare dalle reti di comunicazione 5G e dalla cybersecurity. Non basta: visto che l’Europa è il più grande produttore mondiale di dati scientifici, s’intende creare anche un ecosistema cloud europeo per il mondo dell’università e della ricerca, che come primo obiettivo avrà quello di mettere in rete più di un milione e 700mila ricercatori europei e i 70 milioni di persone che lavorano nel mondo della scienza e della tecnologia, offrendo una piattaforma comune dove poter immagazzinare, gestire, analizzare e riutilizzare i dati prodotti dal settore in Europa.

L’Italia è pronta per il programma europeo Industry 4.0?

Un piano di grande respiro, quindi, che richiederà impegno e determinazione da parte di ogni Paese Ue. A cominciare dall’Italia, come commenta in un’intervista su CorCom  Gianni Potti, presidente del comitato nazionale di coordinamento territoriale di Confindustria Servizi innovativi e tecnologici: “Spero che oltre agli investimenti il piano preveda anche obblighi per i Paesi. Non posso fare a meno di notare che questo all’Italia ha sempre fatto bene. Servono regole certe di impegno e di ingaggio per i Paesi rispetto a Industry 4.0, se davvero si vuole accelerare”.

Ma sull’applicabilità ‘a pioggia’ delle grandi soluzioni tecnologiche di Industry 4.0 sul sistema produttivo italiano, c’è anche chi chiede più cautela e più distinguo, come Federico Golla, presidente e amministratore delegato di Siemens Italia Spa, che – in un’intervista a CorCom (vai all’articolo) – parla di “un’evoluzione che avrà consistenza solo se ci sarà larga adesione dal mondo industriale. Per l’Italia, nello specifico, servirebbe una Industry 4.0 ‘light’, a uso e consumo della Pmi. Non è infatti pensabile, oggi, proporre le piattaforme di ultima generazione ai piccoli produttori di parti meccaniche che costituiscono l’ossatura della nuova fase del manifatturiero in Italia”. Il cantiere Industry 4.0 è più aperto che mai…

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