Intelligenza Artificiale: Chatbot come entry point per arrivare all’AI con assessment, analisi e sviluppo  

Secondo Luca Valsecchi, amministratore delegato e co-fondatore di Vidiemme, l’Artificial Intelligence è adesso alla portata di sviluppatori e imprese. Banche, finanza, assicurazioni e telco sono già all’opera e si aprono nuove prospettive nell’Industria 4.0 con la robotica collaborativa

Pubblicato il 11 Set 2017

Luca Valsecchi, CEO, Vidiemme Consulting

Stiamo entrando nella stagione dell’Intelligenza Artificiale? Che prospettive si aprono per chi fa sviluppo e per chi intende adottare queste soluzioni? Mediaticamente l’Artificial Intelligenze o AI, è sempre più al centro dei dibattiti e appare come uno dei temi che possono contribuire allo sviluppo digitale in tanti e diversi settori, dalle banche alle società di telecomunicazioni, dalle assicurazioni al retail e, per il momento solo in prospettiva, dalla robotica dell’Industria 4.0 alle nuove forme di collaborazione uomo-macchina. Addirittura per l’AI il rischio rispetto al passato è quello di una sovraesposizione e per questo appare necessario cercare di riflettere sulle reali aspettative, non tanto dal punto di vista delle opportunità di “laboratorio“, ovvero di ciò che è possibile realizzare in assoluto, quanto per le aspettative commerciali, ovvero di ciò che è ragionevole vedere accadere nelle imprese nei prossimi mesi. Per questa ragione abbiamo incontrato una figura che con l’Intelligenza Artificiale ha un rapporto di lunga data e che unisce pragmaticamente sia la dimensione dello sviluppo verso nuove soluzioni sia quella della realizzazione di progetti concreti per il mondo delle aziende.

Dai sistemi esperti all’Intelligenza artificiale

Per Luca Valsecchi, amministratore delegato e co-fondatore di Vidiemme la passione per l’Intelligenza Artificiale è nata già nel 1988 all’Università, complice una tesi legata alla progettazione di un sistema esperto per l’analisi tecnica in Borsa. «In questo progetto lo studio si concentrava sulla identificazione e creazione di pattern ricorrenti per la definizione di modelli di calcolo» Una esperienza entusiasmante, ma che forse è arrivata troppo in anticipo sui tempi, anche perché all’epoca «non c’erano i Big Data – ricorda -, non c’era il Machine Learning, anche se già si pensava a sviluppare forme di autoapprendimento per le macchine». E il grande limite, evidente, era che per procedere con questi progetti era necessario disporre di una enorme capacità di calcolo che ancora aveva costi proibitivi. «Dovevi avere un “Cray” in casa – ironizza, ricordando uno dei più famosi brand di supercomputer –  e ovviamente il tema dei costi rendeva inaccessibile anche la sperimentazione». All’epoca l’Intelligenza Artificiale è rimasta in capo a pochi e lontana dal mercato. Ma il contesto è cambiato e arriviamo quasi ai giorni nostri. «Due anni e mezzo fa – racconta Valsecchi –  di ritorno da un viaggio di lavoro a San Francisco ho ripreso in considerazione l’AI con molto scetticismo e già allora sembrava assumere la fisionomia di un nuovo mantra. Lo giudicavo un fenomeno prevalentemente mediatico, ma mi sono ricreduto, prima di tutto e soprattutto perché molte delle idee e delle soluzioni alle quali si è lavorato in questi anni erano diventate non più solo “possibili”, ma realmente accessibili, “sostenibili” in termini di costi e di accesso per i developer».

Per quanto attiene alla potenza di calcolo necessaria per questi progetti non solo non è più indispensabile avere dei supercomputer, ma coloro che hanno idee e voglia di investire possono trovare le risorse necessarie in modalità As a Service, pagando solo quello che serve. E soprattutto, osserva ancora Valsecchi: «E’ radicalmente cambiato il concetto di canale e di relazione con gli “utenti”. Grazie ad esempio alla messaggistica, l’Intelligenza Artificiale ha visto un cambiamento radicale, qualitativo e quantitativo, nel numero di possibilità, nel numero di applicazioni e nel numero di relazioni attivabili».

Il rapporto tra Chatbot e Intelligenza artificiale

Ma nel momento in cui l’AI sta conquistando questa attenzione a livello mediatico è importante definire esattamente cosa si intende per Intelligenza Artificiale ed entro quale perimetro vanno collocate le principali applicazioni che oggi stanno approdando sul mercato. Spesso infatti chi parla di Intelligenza Artificiale è indotto a pensare alle Chatbot, ma non è necessariamente così. Grazie all’esplosione della messaggistica, sono in crescita le imprese che scelgono questa piattaforma per gestire la relazione con i clienti o con gli utenti dei loro servizi costruendo su questa base delle soluzioni che fanno riferimento a modelli di AI. Da qui la crescita di un altro importante fenomeno che abilità l’AI in tanti contesti e che attiene alle Interfacce Conversazionali, ovvero delle soluzioni per gestire in modo sempre più facile e intuitivo il rapporto e la relazione con gli utenti.

«Possiamo semplificare questa visione e parlare di Chatbot come di un modo per entrare nel mondo dell’Artificial Intelligence e nella realtà delle imprese. La Chatbot è indiscutibilmente un fenomeno trainante, meno suggestivo forse rispetto alle soluzioni dell’AI più sperimentale, ma certamente più efficace e appunto accessibile, soprattutto perché permette di sviluppare applicazioni i cui risultati sono immediatamente e concretamente misurabili».
L’altra considerazione dell’AD di Vidiemme riguarda il fatto che «nelle Chatbot la componente tecnologica di base è piuttosto bassa, e questo favorisce a sua volta il fatto che la stessa soglia di ingresso sia alla portata di un maggior numero di imprese». (Leggi il servizio sulle Interfacce conversazionali nell’Open banking e nei pagamenti digitali).

Il vero vantaggio competitivo dell’Artificial intelligence: competenze e processi

Ma attenzione a parlare di Artificial Intelligence perché «il vero valore aggiunto – sottolinea Valsecchi – è nella competenza sul processo, nella capacità di fare analisi e assessment. Da qui la lettura di un ulteriore fenomeno che guida lo sviluppo, non più solo verso tipologie di Chatbot che rispondono a “tutto”, ma a Chatbot verticali molto specializzate che vanno in profondità e che sono più esaustive nel rispondere alla domanda di servizi che comincia a prendere forma in modo strutturato in determinati settori». Dal punto di vista dello sviluppatore stiamo parlando di un impegno e di un investimento dove l’80% dell’effort e del valore è da collocare nell’assessment, nella scelta e nella costruzione del linguaggio più appropriato e il restante 20% è invece nella tecnologia.

Se si guarda ai mercati si vede che queste applicazioni sono una delle risposte più gettonate per quei business case che richiedono servizi di tipo H24. E non a caso il primissimo business case di riferimento è nel customer service e nel customer care. I driver sono da leggere nella capacità di risposta alle richieste degli utenti e nell’efficienza in termini di costi. Gli obiettivi dell’assistenza al cliente e della vendita di nuovi servizi possono essere strutturati in forma di Chatbot con soluzioni che partono da modelli di Intelligenza Artificiale e che vengono poi appunto applicati ai Bot.

AI per banche, assicurazioni, telco

Banche, assicurazioni, operatori nel settore delle telecomunicazioni sono tra gli attori che possono trovare una risposta alle esigenze di gestione del contatto con un numero crescente di clienti, i canali messenger sono un veicolo per fornire risposte automatizzate all’utente finale, per un business case che è chiaramente identificabile nelle soluzioni per il customer care e in possibili evoluzione del customer care stesso.

Ed entriamo così in un ambito che, dal punto di vista dello sviluppo, può essere definito come Custom Artificial intelligence, dove servono figure come gli AI Architect e dove lo sviluppo è in un mix tra delivery e consulenza pura, in cui è necessario permettere alle aziende clienti di sperimentare e grazie a cui cresceranno altre figure professionali nuove come ad esempio i Chatbot designer, ovvero figure con competenze chiamate a disegnare e costruire l’anima del Bot con una fortissima attenzione e competenza sui linguaggi e sui comportamenti e con un la capacità di aggiungere costantemente dati e informazioni in modo da automatizzare ogni processo in tutte le sue fasi.

Questo approccio e queste competenze abilitano il passaggio verso soluzioni più complesse e verso nuovi casi d’uso, come ad esempio quelli legati alla manifattura e all’Industria 4.0. Stiamo parlando della frontiera del Bot-to-Bot della comunicazione tra Bot e a questo punto di soluzioni di Intelligenza Artificiale che abilitano da una parte la comunicazione tra macchine e la comunicazione uomo-macchina con soluzioni pensate per sviluppare forme di apprendimento continuativo in modalità Machine Learning.

«Il presupposto – spiega Valsecchi –  sta nella disponibilità di Chatbot fortemente specializzate, con la capacità di accompagnare il cliente/utente nel maggior numero di passaggi permettendo la soluzione del maggior numero di problematiche. E con la capacità di disporre di quella intelligenza che permette al Bot di capire quando è necessario passare a un diverso livello, gestito da un altro bot in modo trasparente per l’utente».

Nell’Intelligenza artificiale si parte dall’assesment

In questi casi più che mai il progetto ha bisogno di un fortissimo effort a livello di assessment, inteso come base di lavoro per lo sviluppo della Chatbot e come conoscenza di tutti i possibili contesti nei quali si sviluppano le azioni e le possibili misure da adottare per arrivare, grazie al percorso logico delle Chatbot, a uno dei nodi centrali dell’Intelligenza Artificiale, ovvero alla domanda che dovrebbe essere sempre alla base di ogni progetto di AI: è il sistema che guida l’utente o è l’utente che si può muovere autonomamente sulla base della sua libera iniziativa e il sistema interpreta la sua libera iniziativa?

Davanti a questo tema si apre un bivio che si affronta e si risolve prima di tutto con un adeguato assessment. Lo sviluppo del progetto può ad esempio seguire una logica ad alberatura, in modo da definire a priori dei percorsi che guidano il cliente o l’utente, oppure il cliente è “libero” di esprimere le sue necessità e il Bot deve essere in grado di riconoscere tutto ciò che attiene al suo linguaggio con soluzioni di Natural Language Processing per identificare dei pattern, recuperare le risposte più adeguate e restituire un percorso coerente con le aspettative dell’utente e con gli obiettivi dell’azienda. La risposta a questo tema secondo Valsecchi è prima di tutto nella destinazione finale del Bot: se ad uso interno in una azienda o se aperto all’esterno e in questo secondo caso, ancora una volta, occorre capire con attenzione a quale tipo di pubblico si rivolge e per quale tipo di supporto.

Ai e Industria 4.0

Nel caso ad esempio del mondo Industria 4.0, l’ingresso di soluzioni di Intelligenza Artificiale sono alla base delle soluzioni di robotica collaborativa e per queste soluzioni, ancora una volta, il fattore critico di successo è da individuare nelle interfacce conversazionali, ovvero nelle soluzioni che partendo dal presupposto fondamentale, – il vero requirement dell’Industry 4.0 – di garantire all’operatore la possibilità di avere le “mani libere”, consente di agire sui device, sulle macchine e con l’ambiente. E’ qui che entra in gioco il Machine learning perché, nei contesti interni, l’Intelligenza Artificiale permette di costruire dei veri e propri percorsi di autoapprendimento nei quali inserire il rapporto tra uomo e macchina con un apprendimento progressivo.

Ma che ruolo può svolgere in questo contesto una società che fa primariamente sviluppo, che opera nella creazione di soluzioni? «A mio avviso – spiega Valsecchi – non si può non avere un approccio consulenziale. Oggi più che mai è necessario procedere con la sperimentazione, e allo stesso tempo occorre aiutare le aziende a capire e vedere concretamente che cosa si può fare e come si devono gestire queste interfacce, cosa vuol dire anche a livello di organizzazione mettere in relazione due o più Bot e come si deve agire a livello di organizzazione per trarre il massimo vantaggio, magari in forma incrementale, da queste soluzioni. Non ci sono soluzioni standardizzate – conclude – ci sono analisi, assessment, sperimentazione e misurazione degli obiettivi e tanto, tanto sviluppo sul campo».

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