Internet of Things compie 20 anni

L’IoT compie vent’anni e Sophie Hand, Country Manager UK di EU Automation, illustra la visione del padre dell’IoT, Kevin Ashton e traccia i cambiamenti nell’arco di queste due decadi

Pubblicato il 26 Nov 2019

sicurezza dispositivi IoT

Nel 1999, Kevin Ashton coniò la frase “l’Internet delle cose” (Internet of Things, IoT) per presentare l’idea, all’epoca rivoluzionaria, di connettere le macchine a Internet affinché potessero condividere informazioni tra di loro e con gli esseri umani. In questo modo le macchine sarebbero diventate, a detta di Ashton, “il sistema nervoso dell’umanità.” L’IoT compie vent’anni e Sophie Hand, Country Manager per il Regno Unito presso il fornitore di componenti per l’automazione EU Automation, illustra la visione del padre dell’IoT.

Kevin Ashton

L’esperto in tecnologia nato a Birmingham utilizzò per la prima volta l’espressione “Internet delle cose” come titolo per una presentazione tenuta alla Procter & Gamble, dove dirigeva un lavoro pionieristico sull’identificazione a radio frequenza (RFID) e sui sensori. Come tutte le idee davvero rivoluzionarie, la sua era semplice ma assolutamente innovativa: connettere a Internet la RFID nella catena di approvvigionamento di Procter & Gamble, consentendo alle macchine di condividere dati utilizzabili per monitorare le loro performance e ottimizzare la produzione.

Da quella presentazione, Ashton proseguì fino a diventare il co-fondatore dell’Auto-ID Center al Massachusetts Institute of Technology (MIT), il cui obiettivo era sviluppare un sistema di identificazione degli oggetti basato sulla RFID. Il Centro ora si è trasformato in Auto-ID Labs, un gruppo di ricerca costituito da sette atenei in quattro continenti diversi che prosegue lo studio delle potenzialità dei dispositivi connessi.

L’IoT dieci anni dopo

Sebbene sembrasse promettente, dovettero trascorrere parecchi anni prima che l’idea di un mondo dove l’Internet potesse contribuire al miglioramento della società in tutti i suoi aspetti, dall’assistenza sanitaria all’industria manifatturiera, fosse completamente capita e concretizzata.

Nel 2009 Ashton ha osservato che, benché l’espressione “Internet delle cose” fosse all’epoca ampiamente utilizzata, la sua più ampia visione restava disattesa. “Oggi i computer, e quindi Internet, dipendono pressoché totalmente dagli esseri umani per le informazioni”, scrisse sul RFID Journal. “Abbiamo la necessità di fornire ai computer mezzi propri di raccolta delle informazioni, in modo che possano vedere, sentire e annusare il mondo da soli.”

Ashton intendeva dire che mentre chiunque capiva le potenzialità di Internet in termini di diffusione delle informazioni, pochi erano consapevoli dell’importanza del ruolo dei sensori nella raccolta dei dati. All’epoca, quasi tutti i dati disponibili su Internet erano in effetti raccolti e condivisi da esseri umani, o attraverso una tastiera o scansionando e caricando immagini e codici a barre. Tutto ciò presentava gravi mancanze, in quanto gli esseri umani hanno tempo, grado di precisione e orizzonte di attenzione limitati.

Ashton sosteneva che mentre le persone sono molto brave a lavorare con le idee, lo sono un po’ meno nel raccogliere dati sul mondo fisico che contiene miliardi informazioni, molte più di quanto noi potremmo mai digitare o scannerizzare. Pertanto, raccomandava un maggior uso della RFID e dei sensori per consentire ai computer di comprendere il mondo che li circonda senza le limitazioni imposte dai dati immessi dagli esseri umani.

Lo scenario contemporaneo: l’IoT 20 anni dopo

In una recente intervista con la Smithsonian Magazine, Ashton ha condiviso il suo entusiasmo per il fatto che l’IoT ha finalmente dato ai computer i mezzi per percepire il mondo da soli. Un decennio fa, i computer erano come cervelli privi di sensi, poiché potevano solo elaborare informazioni fornite dall’uomo. I sensori collegati in rete hanno dotato le macchine di occhi e orecchie, consentendo loro di raccogliere dati in maniera molto più efficiente.

In meno di due decenni, l’IoT ha stimolato l’evoluzione di tecnologie talmente radicate nelle nostre vite quotidiane da essere date per scontate, come nel caso dei sistemi GPS presenti sui nostri dispositivi mobili. Nel frattempo, i direttori degli stabilimenti si sono resi conto delle notevoli potenzialità della connettività per il monitoraggio e l’ottimizzazione delle loro linee di produzione. Questo ha portato alla nascita dell’Internet delle cose industriale (IIoT), il concetto che è alla base della quarta rivoluzione industriale e sta mutando il panorama dell’industria manifatturiera.

Ora, la vera sfida consiste nell’usare i dati per rispondere alle reali esigenze aziendali, soprattutto a fronte della rapida evoluzione dei trend di consumo. I data scientists svolgono un ruolo fondamentale in questa fase: i computer possono finalmente percepire il mondo e comunicare tra di loro, tuttavia servono persone per capirli e agire di conseguenza.

Sophie Hand, Country Manager UK EU Automation

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