Internet of Things, in Italia è già realtà. «Ma la persona rimanga al centro»

All’evento Cisco Internet of Everything Italian Forum a Milano molti interventi hanno fatto il punto sull’evoluzione del fenomeno nel mondo e nel nostro Paese. «Con l’IoT possiamo per esempio definire in Italia delle best practice di tracciabilità alimentare valide per tutto il mondo, come dimostrano i progetti che abbiamo in corso con Barilla per la pasta, e con ValorItalia per il vino», spiega Agostino Santoni, AD di Cisco Italia

Pubblicato il 20 Feb 2015

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L’Internet of Things (IoT) non è più un’interessante tendenza del futuro: è già realtà in molti campi. Il centro dell’evoluzione tecnologica però deve sempre rimanere la persona, connessa in modi sempre più avanzati a oggetti, macchine, processi e dati. Questo il filo conduttore della seconda edizione dellInternet of Everything Italian Forum, organizzato a Milano da Cisco Systems, e aperto da David Bevilacqua, che di Cisco è Vice President Sud Europa.

Tutti i numeri indicano che il fenomeno IoT sta ulteriormente accelerando, ha detto Bevilacqua, citando diversi dati: rispetto al 2013, nel 2014 sono stati venduti il doppio di sensori (23 miliardi), i venture capital hanno investito il 45% in più in quest’area (1,6 miliardi di dollari), e gli sviluppatori in questo campo sono aumentati del 50% (300mila). «Secondo gli analisti l’IoT ci metterà 10 anni a diventare un fenomeno di massa: la telefonia mobile ce ne ha messi 30. Inoltre da “consumer driven” sta diventando “enterprise driven”, visto che già il 37% delle connessioni avviene da applicazioni industriali».

Internet of things o Internet of employment 

Ma non è questione solo di numeri: l’IoT sta assumendo la guida della trasformazione digitale. «Brand molto diversi, come eBay, McDonald, Tesco, Axa, Google, hanno tutte un chief digitization officer: aziende di tutti i settori stanno diventando tecnologiche, specialiste di digitalizzazione nella loro industria, e anche il vostro settore sarà coinvolto». In effetti per Gartner il 75% del business diventerà digitale entro il 2020, ma solo il 30% delle iniziative avrà successo, soprattutto per l’incapacità delle aziende di “reimmaginare” il proprio business.

Bevilacqua ha concluso citando un paio di esempi positivi. L’operatore finanziario inglese Nationwide ha azzerato il problema dei tempi lunghi negli appuntamenti tra clienti e consulenti grazie a tecnologie come chat e videoconferenza: l’operatore è disponibile ogni volta che il cliente ne ha bisogno, gli appuntamenti vengono fissati entro la giornata. I risultati sono impressionanti: Nationwide ha aumentato del 60% i mutui venduti, riducendo nel contempo del 66% il costo delle vendite.

Altro caso è la città di Barcellona, uno dei migliori esempi di smart city, con 58 milioni di dollari risparmiati con una miglior gestione dell’acqua, 50 milioni in più dalla gestione “smart” dei parcheggi tramite app, e 50mila nuovi posti di lavoro legati alla smart city. «IoE infatti significa anche internet of employment: non è vero che la tecnologia distrugge posti, ne crea di nuovi in più di quelli che brucia. In molti settori mancano competenze, per esempio avremo bisogno di un milione di esperti di cybersecurity, analisti di dati, e così via. A partire dall’Italia, dove la disoccupazione è così alta, dobbiamo creare un sistema per generare competenze per il futuro».

Banzi (Arduino): è il momento dello “struggle for meaning”

Molti sono stati gli interventi all’evento, tra cui quello di Massimo Banzi, cofondatore del progetto Arduino. «L’IoT è nel momento dello “struggle for meaning”, le aspettative sono al massimo ma occorre capire quali sono le applicazioni più utili. Dagli anni ’80 per esempio si parla di frigoriferi “intelligenti”, ma nessuno ha ancora in casa un dispositivo del genere. Insomma non basta collegare un oggetto a internet per ottenere un’innovazione clamorosa».

Per questo Banzi propone per l’IoT un “manifesto” che si basa sulle stesse parole usate da Slowfood per il cibo: la tecnologia deve essere “good, clean e fair”. Good si può tradurre con “aperto a tutti”, cioè open source, la caratteristica di base di Arduino. “Democratizzando” l’innovazione, sottolinea Banzi, la si accelera e la si arricchisce. Un esempio è Safecast, dispositivo per monitorare i livelli di radioattività a Fukushima basato su Arduino, che ha permesso di definire una mappa online della vera distribuzione delle radiazioni, più alta e diversa dalla versione ufficiale del governo giapponese.

Clean invece significa prima di tutto “no” al disposabile design: occorre preoccuparsi della user experience e della sostenibilità nel lungo termine, gli oggetti devono durare a lungo ed essere facilmente riciclabili. Inoltre design e tecnologia devono essere accessibili a tutti, non un lusso. Quanto a fair, «evitiamo l’approccio “il cliente è il prodotto”, il prodotto va accompagnato con servizi online per assicurare una user experience originale, e il consumatore dev’essere sempre a proprio agio e in controllo dei propri dati: per questo occorre auspicare l’applicazione all’uso della tecnologia di un sistema di valori».

Banzi ha infine accennato a Casa Jasmina, la “Smart Home” secondo Arduino: un’integrazione di IoT, domotica e design di interni realizzata in un appartamento vero a Torino. «Sarà pieno di tecnologie open source, per sperimentare l’interazione del digitale nel vissuto quotidiano su un lungo periodo».

All’evento hanno poi parlato anche Giorgio Metta, vice direttore dell’IIT (Istituto Italiano di Tecnologia) di Genova, che ha portato sul palco il robot iCub, esempio di “assistente domestico” («ma stiamo lavorando su altri tipi di robot, come plantoidi da usare in gruppi per monitorare l’ambiente, o grandi umanoidi per interventi in caso di disastri»), e Dianora Bardi, docente di lettere e vice presidente dell’Associazione Impara Digitale, che ha parlato di come le tecnologie digitali stanno trasformando i processi didattici e la scuola.

Interessante anche la tavola rotonda con Gianluigi Castelli, Executive Vice President ICT di ENI, Silvio Fraternali, Direttore Sistemi Informativi di Intesa Sanpaolo Group Services, Paola Petroni, Responsabile Network Technology di Enel, e Gilberto Ceresa, CIO di Fiat, che hanno parlato di come le rispettive aziende stanno iniziando a sperimentare le tecnologie IoT.

Un ecosistema con aziende già consolidate, acceleratori d’impresa, associazioni ed enti

Agostino Santoni, AD di Cisco Italia

Infine Agostino Santoni, amministratore delegato di Cisco in Italia, ha espresso fiducia negli sforzi dell’attuale Governo nella trasformazione digitale, citando poi alcuni esempi per dimostrare che anche in Italia oggi si può fare internet of things. Uno è Safety for Food (S4F), nell’industria agroalimentare, un settore fondamentale per il Made in Italy: «Possiamo definire in Italia delle best practice di tracciabilità alimentare valide per tutto il mondo: con Barilla stiamo lavorando per monitorare con l’IoT il processo di produzione di pasta e sugo dai campi agli stabilimenti, e lo stesso faremo con ValorItalia, l’ente che certifica le aziende vinicole in Italia, per il processo di produzione del vino».

L’IoE, ha concluso Santoni, deve essere interpretato creando un ecosistema, con aziende già consolidate, acceleratori d’impresa, associazioni ed enti come Confartigianato e Regione Lombardia, «con cui stiamo collaborando per individuare e accompagnare delle piccole imprese nel loro viaggio verso l’IoE».

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