Se vivessimo in un mondo perfetto, i grandi vendor tecnologici si metterebbero a tavolino e, magari dopo accese discussioni, si accorderebbero sull’adozione comune di uno specifico standard, in modo da favorire le prospettive di crescita del mercato nel suo complesso. Ma la storia insegna che le cose vanno quasi sempre diversamente, nascono “guerre degli standard” che sono costose e provocano ritardi più o meno consistenti nel decollo di una tecnologia, perché sia i vendor che i consumatori nel dubbio adottano un atteggiamento passivo e attendista.
Un esempio è il mercato Smart Home, in cui i big player non stanno affatto collaborando alla definizione di standard comuni. Tra i framework sviluppati dai vari operatori del settore ci sono – in ordine di presentazione al mercato – Qualcomm AllJoin (ora donato alla AllSeen Alliance); Apple Home Kit; Intel IoTivity (sviluppato all’interno dell’Open Interconnect Consortium) e Google Brillo (presentato all’inizio di giugno all’evento Google I/O).
Chiaramente, la risposta di Google all’Apple Home Kit non poteva farsi attendere, ma ora il mercato si ritrova con uno standard in più con il quale confrontarsi. Contemporaneamente alla presentazione di Brillo, Google ha anche annunciato Weave. Di cosa si tratta? Weave è un “linguaggio applicativo per le apparecchiature intelligenti”, equivalente alla Cluster Library di ZigBee, tecnologia presente sul mercato da diversi anni e, quindi, decisamente più consolidata e matura.
Lo scorso maggio la ZigBee Alliance e la Thread Alliance (un’iniziativa Google/Nest) avevano annunciato un progetto congiunto per garantire la connessione nativa della Cluster Library di ZigBee con il network layer di Thread. I più avevano visto questo accordo come un passo avanti per ridurre la frammentazione del mercato e la proliferazione delle specifiche.
Ma gli annunci al Google I/O vanno nella direzione opposta. La mossa di fatto aggiunge una nuova sfida alla lunga battaglia in corso da anni tra i due colossi dei sistemi operativi Apple iOS e Google Android, che oggi si trovano in competizione diretta anche nell’ambito Smart Home. Home Kit risulta, di fatto, un’estensione di iOS, quindi Android per poter competere ad armi pari dovrà essere in grado di assicurare la stessa tipologia di ampliamento al proprio ambiente operativo.
Sulla scorta di questa accesa battaglia sugli standard, c’è da capire cosa accadrà in futuro alla AllSeen Alliance e all’Open Internet Consortium. Il mercato delle applicazioni Smart Home è davvero molto ampio, così molto dipenderà da come Google sarà in grado di raccogliere consensi intorno a Brillo.
L’impatto di Weave dovrebbe essere simile. Google ne ha assicurato la disponibilità entro fine anno, ma nell’ecosistema di ZigBee c’è molto scetticismo sul rispetto di queste tempistiche. Posto che ZigBee è molto ben posizionato nei segmenti dell’illuminazione intelligente e dei set-top box, un preannuncio di questo tipo, pur se fatto da un colosso come Google, non potrà avere un effetto immediato sui prodotti attualmente in commercio.
Il precedente del Wi-Fi
Tra pochi mesi le cose saranno più chiare, ma la memoria degli addetti ai lavori dell’IT va subito agli albori del Wi-Fi, alle incompatibilità sperimentate sia a livello di rete che di sistemi operativi. All’epoca, chi acquistava la scheda WLAN di un fornitore e l’access point di un altro si ritrovava a perdere molte ore per farli lavorare insieme, per aggiornarli, per applicare le patch e così via. I leader dell’industria hanno proposto una pletora di protocolli, ma alla fine è stato il mercato a convergere verso un unico standard universalmente riconosciuto e, oggi, finalmente i collegamenti delle reti Wi-Fi sono quasi automatici, e così i passaggi da una rete Wi-Fi a una rete cellulare.
In 15 anni, quindi, l’industria ne ha fatti di passi avanti sulla strada del wireless Internet, ma tornando al discorso Smart Home, questa competitività sugli standard complica il futuro del wireless Internet of Things. Dal punto di vista di Google, l’annuncio all’I/O rappresenta un modo per accorciare le distanze rispetto alla supremazia commerciale di Apple nel comparto. Ma, vista in prospettiva, questa mossa si traduce di fatto in una maggior frammentazione del mercato e incertezza sul futuro. E, in definitiva, nel rischio di una contrazione della crescita del business dell’Internet of Things. Gli utenti infatti, di fronte a così tanti standard, spesso sono spinti a non fare investimenti, nell’attesa di una maggior chiarezza.