Dall’automotive alle smart grid fino agli elettrodomestici, passando per un modo completamente nuovo di intendere e usare gli smartphone: la visione di Qualcomm per il prossimo quinquennio, al termine del quale dovrebbe prendere il largo la rivoluzione del 5G, contempla un futuro in cui non esisteranno più oggetti disconnessi dalla rete. Anzi, in molti casi saranno gli stessi oggetti a generarla o amplificarla con dati, notifiche e segnali radio. Gli oggetti avranno la funzione di “hub interoperabili”, a patto che soddisfino due condizioni: smettano di essere dei semplici silos gestiti con soluzioni proprietarie e abbiano batterie dalla durata abbastanza elevata per poter garantire la costruzione di servizi e modelli di business a lungo termine. Quanto elevata? Si parla di circa dieci anni.
«Serviranno anche nuove metodologie di interconnessione da dispositivo a dispositivo in chiave P2P, a partire dalle comunicazioni vehicle to vehicle – spiega Fabio Iaione, country manager per l’Italia di Qualcomm –. Gli smartphone e i tablet rimarranno al centro dell’esperienza d’uso, ma l’ondata tecnologica dei prossimi tre anni spingerà l’utente su altri device, abilitando di fatto l’Internet of Things. Il wireless è al centro di questa rivoluzione, visto che per il 2018 sono previsti cinque miliardi di connessioni mobili nel mondo». Non si tratta comunque di una realtà da venire, ma di un contesto in divenire: già oggi l’Internet of Things rappresenta il 10% del fatturato di Qualcomm, generate negli ambiti smart home, automotive e wearable (specialmente quelli Android).
Il costruttore di chipset e hardware per la connettività è intenzionato a mantenere la propria leadership durante tutta la fase di transizione tra il 4G e il 5G. La strada da intraprendere passa per l‘integrazione di device e reti, LTE e wi-fi, senza escludere le bande non licenziate, e la standardizzazione dei protocolli di comunicazione tra oggetti anche di brand diversi, quando non concorrenti.
Sul secondo fronte, il gruppo lavora attivamente nei progetti internazionali oneM2M (che si compone a livello globale di 12 partner attivi nello sviluppo di layer di comunicazione tra piattaforme hardware e software diverse) e soprattutto su AllJoyn, il framework open source guidato dalla stessa Qualcomm che conta 150 membri associati. «Hanno aderito tra gli altri LG, Panasonic, At&T, Vodafone, Haier – conferma Iaione -. Certo, riscontriamo anche atteggiamenti più chiusi da parte di altri player, che forse sono interessati a soluzioni più verticali. Che in ogni caso noi abbiamo deciso di supportare: il mercato poi deciderà la filosofia vincente. Dal canto nostro, vogliamo vedere quanto di quel che è successo nel mondo degli smartphone è replicabile in altri contesti. Ma comunque andranno le cose, siamo convinti che AllJoyn favorirà la nascita di un ecosistema di sviluppatori localizzati e specializzati in differenti aree geografiche».
Per quanto riguarda invece la connettività, a partire dal 2016 Qualcomm commercializzerà l‘LTE direct, che consente di mettere in comunicazione tra loro dispositivi fino a 500 metri di distanza, trasformandoli di fatto (tramite un piccolo upgrade software) in piccoli ripetitori di segnale, aumentando l’efficienza e la ridondanza della rete. «Prevediamo un’infinità di applicazioni sia in ambito consumer che rispetto alla public safety», dice Iaione.
L’ultimo capitolo è quello del video. «Gli analisti sostengono che il 65% del traffico dati sarà generato da video – conferma il numero uno di Qualcomm in Italia -. Non abbiamo dubbi che la tecnologia protagonista a sostegno della diffusione di contenuti in 4K e ultra HD sarà l’LTE broadcast (trasmissione uno a molti, simile a quella televisiva, ndr) perché fornisce una completa definizione dell’ambiente di utilizzo per le telco così come per gli operatori broadcasting tradizionali, senza naturalmente dimenticare gli OTT».