Tecnologie

IoT, AI, edge computing: quali vantaggi dall’integrazione e prospettive di mercato

La diffusione di IoT/IIoT e edge computing permette la creazione di un ecosistema che non equivale più al semplice insieme di oggetti. La connessione fra oggetti intelligenti non è più sufficiente, occorre che l’intelligenza posseduta da ciascun oggetto permetta l’abilitazione di nuovi scenari e servizi che valorizzino al meglio i dati raccolti

Pubblicato il 04 Feb 2021

IoT, AI, edge computing

IoT, AI, edge computing. Tre tecnologie in forte crescita e destinate a integrarsi fra loro, aumentando ulteriormente il loro potenziale “disruptive”.

Le previsioni riguardo alla diffusione dell’Internet of Things si sono rivelate sottostimate – nel 2015, Gartner prevedeva che, alla fine del 2020, vi sarebbero stati 26 miliardi di oggetti connessi in tutto il mondo – questa cifra è stata raggiunta e superata già alla fine del 2019.

Gli ultimi dati per l’Italia di Cisco Visual Networking Index indicano che nel 2021 gli oggetti connessi saranno più di 85 milioni, in pratica più IoT che smartphone (63mln c.a.) e che il 51% di tutte le connessioni deriverà da M2M.

M2M e Industrial Internet of Things

Innanzitutto, occorre fare una distinzione fra Internet of Things e Machine-to-Machine (M2). Si tratta di due tipologie differenti di comunicazione, ovvero il modo in cui ogni dispositivo comunica con altri dispositivi e con il mondo esterno. Entrambe le soluzioni hanno in comune l’automazione, cioè non necessitano di interazione umana, la differenza sta nel modo in cui le macchine, gli oggetti si relazionano fra loro.

Il M2M utilizza la comunicazione punto a punto. Un sistema IoT, invece, tipicamente colloca i suoi dispositivi in una rete globale permettendo un’integrazione su larga scala.

Dal punto di vista del networking, si può dire che sia l’Internet of Things che la sua variante industriale – IIoT – siano evoluzioni del M2M, ma la maggiore apertura verso l’esterno permette di creare grandi reti in cloud di dispositivi eterogenei, comunicanti tra loro e con gli utenti, rendendo via via possibile l’implementazione di applicazioni sempre più complesse e sofisticate.

Un altro aspetto importante del paradigma IoT/IIoT è la scalabilità – l’integrazione di nuovi dispositivi in sistemi preesistenti risulta semplice e veloce, differentemente da ciò che avviene nel M2M, dove l’inserimento di una nuova macchina o la modifica del sistema richiede una quantità maggiore di tempo e lavoro, in quanto nuove connessioni punto-punto devono essere create per ogni dispositivo.

L’IoT sta diventando sempre più onnipresente ma, per sfruttarne tutte le potenzialità, è necessario che anch’esso evolva. La potenza di elaborazione acquisisce maggiore importanza – perché la raccolta di dati senza elaborazione è pressoché inutile, diventa sempre più importante l’analisi dei dati in tempo reale.

Gli oggetti “intelligenti” diventano sistemi embedded con capacità AI, in alcuni casi anche di Machine Learning.

Si prevede che entro il 2025 il 25% degli IoT sarà dotato di questo tipo di capacità, ma la strada è ancora lunga se si tiene conto che al momento solo lo 0,5% circa ne è dotato. Questa scarsa percentuale è dovuta anche al fatto che sono ancora pochi gli hardware IoT dedicati all’AI/ML e mancano anche gli sviluppatori – su circa 22 milioni di sviluppatori di software nel mondo solo 1,2 milioni si concentrano su sistemi embedded e, di questi, solo lo 0,2% circa ha competenze minime di AI/ML.

Risulta quindi evidente la necessità di hardware IoT, semplici e familiari, ma in grado di rendere tangibile l’AI, piattaforme di sviluppo per la nuova generazione di servizi a valore.

AI, IoT, edge computing

L’IoT in ambito industriale

In ambito industriale, i dati ci confermano che chi ha introdotto queste tecnologie per trasformare la propria realtà raggiunge risultati tangibili e misurabili in diverse aree strategiche: dalla manutenzione predittiva al management degli asset, dalla tracciabilità della supply chain alla logistica, al miglioramento della customer care, solo per fare degli esempi.

Siamo nel pieno di una vera e propria rivoluzione, non solo economica, ma anche culturale: lo studio Modeling the Impact of AI on the World Economy del McKinsey Global Institute prevede entro il 2030 un aumento dell’attività economica globale di circa 13 trilioni di dollari, con una crescita di circa 1,2% di PIL annuo, eppure tutto questo non è minimamente paragonabile agli stravolgimenti culturali a cui l’intelligenza artificiale ha già dato vita e ai quali darà luogo in futuro.

AI, IoT e edge computing

I dati sono il motore della trasformazione digitale – le informazioni devono quindi essere facilmente accessibili e utilizzabili, creando un percorso per la creazione di valore sostenibile. È importante raccogliere dati, ma lo è ancora di più elaborarli, attività finora svolta principalmente in cloud, passo necessario in quanto gli algoritmi di AI richiedono un certo dispendio di risorse computazionali.

L’edge computing fornisce la soluzione ai limiti tipici delle infrastrutture cloud, evita problemi di latenza, sopperisce ai problemi di copertura delle reti fisse e mobili e soprattutto permette di prendere decisioni in tempo reale. L’edge computing non è una novità, l’innovazione è applicarlo all’IoT.

La ricerca sull’IIoT condotta nel 2020 da IoT analytics sintetizza molto bene i vantaggi dell’edge computing IoT:

  1. Architetture aperte: liberazione dai protocolli proprietari e dalle architetture chiuse, si evita il vendor lock-in, si aumenta l’interoperabilità;
  2. Pre-elaborazione e filtraggio dei dati: si ottengono dati più “puliti” da inviare al cloud, riducendo così i costi della larghezza di banda;
  3. Edge Computing: elevata capacità computazionale per analizzare i dati, bassa latenza e alta velocità di trasmissione degli stessi;
  4. Applicazioni distribuite/multifunzionalità: Le applicazioni sono disaccoppiate dall’hardware che le ospita, dando quindi vita ad architetture flessibili in cui, a seconda delle necessità, possono spostarsi verticalmente verso il cloud o orizzontalmente da una risorsa di calcolo intelligente a un’altra;
  5. Carichi di lavoro consolidati: presenza su uno stesso hardware di più sistemi operativi (Linux, Windows, RTOS) e applicazioni containerizzate (Docker 1, Win Container) che porta al consolidamento del carico di lavoro;
  6. Distribuzione/gestione scalabile: Le risorse di edge computing intelligenti sono connesse in modo sicuro a reti locali o ad aree estese (LAN, WAN) e possono quindi essere facilmente implementate e gestite da una posizione centrale.

Si stima che il mercato dell’edge computing IIoT raggiungerà 30,8 miliardi di dollari entro il 2025, rispetto agli 11,6 miliardi di dollari del 2020.

L’interesse per l’edge computing è giustificato dal fatto che sostituire IoT “stupidi” con IoT che ne fanno uso ha diverse e importanti implicazioni per le aziende di tutti i settori: aumento della flessibilità del sistema, della funzionalità, drastica riduzione dei costi.

Con l’avvento dei nuovi dispositivi IoT, dotati di capacità di calcolo impensabili solo fino a qualche anno fa, si è aperta la possibilità di raccogliere ed elaborare i dati dove vengono prodotti, che si traduce in una minore latenza e in una maggiore efficienza delle comunicazioni.

Inoltre, l’elaborazione in edge rende più efficiente la gestione della qualità dei dati, come il filtraggio e la prioritizzazione. Svolgere queste attività in loco significa ottenere set di dati più puliti che possono essere elaborati in Cloud per ulteriori analisi in modo più rapido ed efficiente.

Ecosistema, non un insieme di oggetti

L’IoT avvicina sempre più mondo fisico e digitale: piccoli oggetti con elevata capacità sensoriale, computazionale e di comunicazione. Inoltre, assistiamo a una progressiva riduzione dei costi e dei consumi energetici. Concetti quali sensor e data fusion iniziano a essere diffusi fra le applicazioni IoT, mettendo a fattor comune dati provenienti da più sensori e applicando algoritmi di AI si estraggono nuove informazioni; inoltre, grazie al confronto tra più fonti, i dati stessi divengono più affidabili.

Il 2017 è stato l’anno degli assistenti vocali per la casa, in grado di generare importanti ricadute in termini di operabilità e compatibilità dei dispositivi. Attorno ai propri home speaker gli OTT hanno iniziato a costruire importanti ecosistemi con una pervasività ben oltre i confini della smart home, con nuove applicazioni che vanno dalla smart car, alla smart city e in numerosi altri contesti.

La diffusione quindi di IoT/IIoT edge computing permette la creazione di un ecosistema che non equivale più al semplice insieme di oggetti. La connessione fra oggetti intelligenti non è più sufficiente, occorre che l’intelligenza posseduta da ciascun oggetto permetta l’abilitazione di nuovi scenari e servizi che valorizzino al meglio i dati raccolti, favorendo la competitività e al contempo preservando la privacy e garantendo adeguati livelli di cyber security.

AI, IoT, edge computing
Infografica da Osservatori.net

Startup e nuove soluzioni

Secondo i dati provenienti dagli Osservatori Polimi, nel 2020 continua a crescere il contributo delle startup nella creazione di nuove soluzioni. Queste soluzioni possono essere suddivise in tre macro-categorie:

  • Software Solution (85%)
  • Enabling Technology (8%)
  • Physical Solution(7%).

Come Software Solution troviamo le startup che sviluppano algoritmi per AI.

Nell’Enabling Technology quelle che sviluppano componenti strutturali e propedeutici per la realizzazione di un progetto AI.

Infine, nella Physical Solution quelle che sviluppano autonomous robot, vehicle e intelligent object.

Sono proprio quest’ultime maggiormente chiamate in causa nella realizzazione dei sistemi intelligenti di cui sopra.

Quando si parla di startup è importante monitorare non solo i finanziamenti ricevuti ma anche l’effettiva capacità di conquistare/mantenere mercato. Il 2020 è stato un anno a dir poco impegnativo per moltissime startup innovative, il mondo della R&D è come rimasto congelato dalla pandemia e moltissimi progetti hanno subito se non una battuta di arresto, quanto meno un rallentamento. Per le startup che sviluppano hardware per AI in Italia non è facile trovare investitori, perché per sua natura l’hardware è impegnativo, costoso, complesso da gestire, quindi molto rischioso. Permane inoltre un leggero scetticismo da parte dei grandi player nei confronti del mondo delle startup, considerate spesso alla stregua di “hobbisti” e raramente degne di essere attenzionate per progetti di Open Innovation, nonostante se ne parli moltissimo.

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