Si chiama Starlink ed è il progetto di SpaceX, la società fondata da Elon Musk, per offrire Internet ovunque, senza limiti né frontiere, perché la connessione arriva dallo Spazio. Il suo ambizioso scopo è di coprire ogni angolo della Terra con connessioni veloci; questo aprirebbe numerose possibilità di applicazione per l’internet of things anche laddove oggi non esistono o non hanno le caratteristiche tecniche (bit rate, latenza) necessarie, come, ad esempio, in pieno oceano.
Come funziona Starlink
Internet veloce via satellite è già una realtà con Starlink, anche se il servizio viene offerto in modalità beta. A oggi, infatti, sono un migliaio i satelliti messi in orbita, ma dovrebbero diventare 50mila nei prossimi dieci anni.
Il servizio è effettuato con un kit di ricetrasmissione composto da un’antenna parabolica motorizzata da installare sul tetto dell’abitazione, dell’ufficio o della fabbrica o a terra. L’antenna parabolica necessita di un raggio ottico di 100 gradi e il suo costo si aggira intorno ai 750 dollari. La parabolica viene fornita con un treppiedi, che dispone alla base del piatto di due motori zenitali che permettono all’antenna di ruotare e orientarsi dinamicamente e automaticamente in base alla locazione del satellite che la serve in quel momento e in quel luogo. Un sistema diverso dagli impianti di ricezione per i satelliti Hot Bird o Astra, costituiti perlopiù da una parabolica fissa.
La dinamica di questo servizio, nella fattispecie per il tracciamento dei satelliti, è alquanto complessa e non si adatta facilmente alla realtà urbana europea. Questo tipo di ricetrasmissione dati, infatti, soffre dell’eclissi provocata da alberi alti o altri ostacoli, come edifici in linea ottica. Si adatta molto bene, invece, a funzionare in presenza di fenomeni atmosferici avversi, in quanto i risultati di ricetrasmissione durante i temporali o con cielo nuvoloso sono risultati buoni, con uno scarto in decibel pressoché irrisorio. Il kit viene fornito per essere installato a terra e non può, ad esempio, essere montato su camper o roulotte.
Il kit di Starlink per la ricetrasmissione satellitare
Starlink, il sistema di satelliti
I satelliti in orbita alta hanno una copertura (“foot print”) maggiore, ma le capacità di velocità dati sono inferiori e le latenze sono superiori; quelli in orbita bassa, invece sono più “zoomati” per la superficie terrestre, coprendo un foot print minore ma garantendo bassa latenza e alta velocità.
Il sistema Starlink coordina il passaggio di satelliti in tre orbite: alta, media e bassa in modalità non geo sincronizzata o non geostazionaria; questi satelliti non devono eclissarsi tra loro per non degradare il flusso dati di Internet. Inoltre, occorre coordinare i motori zenitali delle paraboliche delle utenze, in modo da puntare il satellite “più a portata” in quel momento per avere, appunto, un flusso dati ottimale. Questo coordinamento di movimenti e verifica di potenze dei segnali implica un uso massivo di sistemi d’intelligenza artificiale.
Il satellite Starlink v. 1.0 (foto Starlink)
I satelliti in orbita bassa sono apparati orbitanti tra i 200 e 2.000 chilometri di distanza dalla Terra. Questa tecnologia può offrire una larghezza di banda superiore, con latenza inferiore rispetto ai satelliti geostazionari messi in orbita anni fa per offrire Internet dallo Spazio (20-40 ms). Un flusso dati come questo potrebbe superare la velocità e latenza del 4G e forse anche quella del 5G. Con questo tipo di tecnologia si intende costruire intorno alla Terra una specie di “maglia”, sulle cui linee viaggiano i satelliti. Lavorare in un’orbita bassa implica che questi apparati devono essere relativamente piccoli e con una vita breve, per cui la sostituzione degli stessi non dovrebbe andare oltre i cinque anni. Al momento attuale, Starlink ha una velocità di trasmissione dati intorno a 150 Mbps, ma la promessa entro la fine del 2021 è di arrivare 300 Mbps.
Starlink non è la prima azienda a fornire servizi di internet satellitare, ma è la prima che offre questo tipo di flusso dati: veloce, dinamico e non geostazionario. Ci sono già aziende che offrono Internet via satellite geostazionario con un “foot print” per il Sudamerica, ad esempio, luoghi in cui fibre e dorsali sono più difficili da estendere. Anche Amazon sta cercando di entrare in questo mercato e prevede di mettere in orbita circa 3236 satelliti; Telesat, con sede in Canada, ne ha annunciati circa 117, in un progetto che ne prevede 500.
Le applicazioni di Internet via satellite a banda larga
Quali servizi richiedono un notevole flusso di dati in ogni parte del mondo? Le richieste vengono in parte dal settore militare, in quanto molte apparecchiature, come i droni autonomi funzionanti con intelligenza artificiale, necessitano di connessioni molto veloci e a oggi il loro uso è limitato dall’assenza di Internet in zone oceaniche. Anche le automazioni industriali gestite a distanza possono beneficiare di flussi dati continui satellitari, così come gli apparati di telechirurgia potrebbero fare interventi medici in ospedali remoti senza le latenze attuali. Per non parlare delle aziende che operano il tracciamento delle spedizioni, i veicoli autonomi e le aziende di logistica, che possono “governare” i loro robot di scaffalatura in tempo reale da ogni parte del pianeta.
I possibili utilizzi di questa nuova tecnologia sono molti. La scopo ultimo è quello di poter dare la possibilità a ogni persona di accedere agli stessi servizi senza la discriminante dei costi proibitivi.
I rischi per la cybersecurity
Starlink è un progetto ambizioso, ma con un rischio incombente: quello degli attacchi cyber. Perché con Starlink abbinato all’IoT si rischia di aprire la porta di casa agli hacker. Anche se il progetto è in fase beta, a causa della minima quantità di satelliti messi in orbita (a oggi circa 1000), viene offerto come un servizio affidabile dal punto di vista della sicurezza informatica, e in parte lo è. Le problematiche nascono per quegli utenti che si trovano per la prima volta a essere connessi a Internet veloce h24 con una serie di dispositivi IoT. Questo genera un problema di sicurezza informatica, perché gli apparati IoT vengono automaticamente esposti a scansioni e minacce dagli hacker. Possiamo dire, perciò, che Starlink apre “nuovi orizzonti” agli hacker per una quantità notevole di dispositivi di cui poter prendere il controllo. Se consideriamo che il progetto prevede di mettere in orbita 4.400 satelliti entro l’anno 2024 e 12mila entro il 2026, questo problema di sicurezza è destinato ad aggravarsi col tempo.
Video: la missione Starlink (fonte Space X – Tesla)
Starlink, gli altri pericoli
Starlink è un sistema innovativo e quello che non si può fare a meno di notare è che lo stia realizzando una azienda americana privata e non una asiatica. SpaceX è una società sottoposta ai protocolli e agli accordi ITAR, quindi estremamente vigilata dagli enti statali americani.
Per questo, c’è da augurarsi che il servizio venga controllato accuratamente, quanto meno dal punto di vista dell’integrità software dei satelliti, perché è impossibile immaginare cosa potrebbe accadere se solo una parte di questi satelliti di orbita bassa non geostazionaria venissero mandati fuori orbita e fuori controllo. Senza esagerare, visto che ad oggi oltre le vigilanze non esistono regolazioni legali, potremmo venirci a trovare sotto una pioggia di rottami ferrosi che, essendo in orbita bassa, non verrebbero disintegrati all’ingresso nell’atmosfera, facendo il loro ingresso nello spazio aereo internazionale. I pericoli che potrebbero crearsi, anche sulle rotte aeree, sarebbero imprevedibili e i danni incalcolabili.
Tutto ciò si complica ulteriormente se pensiamo che Starlink non è l’unica azienda privata con apparati in orbita e le agenzie spaziali statali dei paesi industrializzati possiedono anche loro satelliti civili e militari. Nel 2019, ad esempio, si è assistito alla necessità di manovra da parte di un satellite dell’ESA per evitare un impatto con uno dei satelliti di Starlink. Tra qualche anno, quindi, con l’aumento del numero di questi satelliti le cose potrebbero veramente complicarsi; a quel punto, un aiuto per “regolare il traffico” potrebbe venire dall’uso dell’intelligenza artificiale.