Che IoT e agricoltura andassero a braccetto è cosa risaputa e non a caso da tempo seguiamo questo fenomeno su www.agrifood.tech.
Il progetto di cui vi parliamo in questo articolo è particolarmente interessante poiché si tratta della realizzazione del più grande stabilimento di vertical farming in Italia e in Europa.
“Parliamo di un impianto che si estenderà per 9.000 metri quadrati, di fatto l’estensione di 45 campi da tennis, per dare l’idea, a Cavenago, alle porte di Milano – ci spiega Benedetto Di Salvo, vice presidente della Business Unit Digital Solutions di Sirti -. Un progetto pilota, che entrerà in produzione effettiva all’inizio del prossimo anno in Italia, e destinato a espandersi in altri Paesi europei”.
La vertical farm di Planet Farms
Il progetto, che ha in sé una forte componente tecnologica, da qui il coinvolgimento di una realtà come Sirti, nasce per iniziativa di Planet Farms e dei suoi due fondatori Luca Travaglini e Daniele Benadoff (che della società è amministratore delegato).
Planet Farms è nata con l’obiettivo di portare innovazione in agricoltura, coniugando la tradizione agronoma italiana con la specializzazione tecnica e informatica, senza compromettere le esigenze di qualità e gusto. Per sei anni Travaglini e Benadoff hanno sperimentato in laboratorio metodi di coltivazione indoor innovativi fino a mettere a punto questa iniziativa che ha ottenuto il sostegno della Comunità Europea nel quadro del programma LIFE di cui rispetta pienamente i parametri in termini di salvaguardia dell’ambiente e della natura.
“È la quintessenza del chilometro zero: si produce ovunque: dove c’è consumo si colloca l’impianto di produzione, eliminando così il trasporto. Ma non è solo questo il punto. Sappiamo bene che il deperimento di un prodotto ortofrutticolo inizia nel momento stesso in cui viene raccolto: quindi i vantaggi di questo progetto si traducono sia in termini di riduzione del carbon footprint e di miglioramento della qualità organolettica”, spiega ancora Di Salvo, sottolineando come, per altro la coltivazione indoor consente di utilizzare i cosiddetti “semi antichi”, non più utilizzati in agricoltura perché facilmente attaccabili da insetti e batteri.
“Stiamo dunque parlando di prodotti eccellenti che crescono senza pesticidi chimici e residui”.
I vantaggi del vertical farming
La scelta del vertical farming non è casuale: con il vertical farming, spiega in una nota Planet Farms, si risparmia il 90 per cento di superficie occupata nei campi e il 98 per cento dell’acqua.
I numeri parlano chiaro: in gioco c’è un uso oculato delle risorse.
Qualche esempio: in un campo per coltivare 1kg di insalata servono 25 lt di acqua, in una vertical farm ne bastano 3; 1 kg di pomodori richiede 156 litri di acqua se coltivato in campo, in verticale ne bastano 5. Senza contare che l’acqua viene a sua volta riciclata e riutilizzata.
Quanto alla tipologia di ortaggi che possono essere prodotti con questa tecnica, si parte con erbe aromatiche e insalate in foglia, per poi spingersi verso fiori e frutti, nello specifico frutti rossi e pomodori
“È una iniziativa che apre prospettive nuove per l’agricoltura e ne definisce, di fatto, una dimensione nuova”.
Il ruolo delle tecnologie: IoT, illuminazione e analytics
Come accennato all’inizio, in questo progetto c’è una forte componente tecnologica a guidarlo. Non è un caso che Planet Farms abbia coinvolto partner come Philips per gli impianti di illuminazione, Netafim per quelli di irrigazione e Sirti per la componente infrastrutturale della farm.
“Nel processo sviluppato da Planet Farms la luce è essenziale: si lavora su vere e proprie ricette di luce. Ogni pianta è un organismo senziente quindi si identificano nello spettro solare le bande e le lunghezze d’onda che favoriscono la fotosintesi”, racconta Benedetto Di Salvo, al quale tuttavia chiediamo di spiegare quale sia il ruolo di Sirti.
“Sirti ha messo a disposizione la propria capacità ingegneristica e di system integration”.
La vertical farm come smart building: il ruolo di Sirti
La vertical farm è di fatto un building intelligente, dotato di un layer di sensori capillare, e richiede un costante monitoraggio di tutti i parametri per tenere traccia di tutte le grandezze, raccogliere dati da inviare in un data center e nel cloud.
“Sirti ha partecipato a tutta la realizzazione degli impianti ausiliari e ha progettato e realizzato tutta la infrastruttura informatica che di fatto costituisce e rappresenta il sistema nervoso dell’impianto. Con IoT e sensori misuriamo temperatura, umidità relativa, luce, qualità dell’aria, acqua e punto di maturazione della pianta”.
E poi c’è la data analytics.
“Il dato è al centro di questo progetto e di questo impianto. Bisogna lavorare sui dati e sulle analytics per migliorare il prodotto finito e per garantirne la qualità”.
Fondamentale, per Planet Farms è garantire il consumatore finale su tutto il ciclo di vita del prodotto.
“Per questo motivo è stata adottata anche la tecnologia Blockchain per certificare la qualità del prodotto, dal seme al prodotto maturo: si certificano tutti i passaggi, dalla provenienza del seme fino al momento in cui la merce arriva sullo scaffale”.
“Potremmo definirla la Formula Uno dell’agricoltura”.