La possibilità di leggere le e-mail mentre ci si reca in ufficio può ridurre lo stress, perché si può iniziare la giornata sedendosi alla propria scrivania con le prime incombenze già smaltite. E in effetti un lavoratore dipendente su due in Italia dedica 45 minuti al giorno a controllare la posta prima di entrare in ufficio. Ma sono ben 9 su 10 quelli che continuano a lavorare fuori orario, contro il 77% della media europea. Per una volta, quindi, gli italiani sono primi in Europa, come risulta dallo studio “People-Inspired Security”, commissionato da Samsung e condotto recentemente da OnePoll su 4.500 persone in 7 Paesi europei, e cioè, oltre all’Italia, Gran Bretagna, Germania, Francia, Spagna, Belgio e Olanda.
Quali i motivi che spingono a leggere le mail prima di entrare in ufficio? I più votati sono la possibilità di svolgere una maggiore quantità di lavoro nel medesimo tempo (48%), la riduzione dello stress (34%) e una migliore gestione degli impegni personali (43%). Un elemento interessante che emerge dall’indagine è il fatto che gli italiani eccellono nel mettere insieme vita privata e vita lavorativa alla ricerca del tanto auspicato “work-life balance” di cui si parla molto negli ultimi anni. Grazie ai dispositivi mobili infatti l’86% dei dipendenti italiani fa cose personali sul posto di lavoro, contro il 75% della media europea. Il 69% di chi sbriga anche le faccende private in ufficio passa fino a mezz’ora al giorno a pagare bollette, ordinare la spesa o controllare i movimenti della banca online.
In pratica, il 32% usa lo smartphone del lavoro anche per faccende personali, con una media di 11 App personali, come Facebook, Whatsapp o Candy Crush sui dispositivi lavorativi, mentre il 49% usa lo smartphone personale anche a scopo lavorativo, con una media di 9 App professionali, come Microsoft Outlook o Lync. Degli intervistati, più di un quarto (27%) non sa se sia consentito questo uso “disinvolto”, e comunque non si pone il problema. In questo siamo battuti dagli spagnoli (39%), ma in generale oltre la metà degli intervistati (52%) non sa se la propria società possieda una policy di sicurezza mobile e, se anche esiste, non l’ha letta o la ignora.
«Le persone stanno cercando di semplificare una vita piena di impegni, facendo leva sulle potenzialità dei dispositivi mobili e sulle proprie competenze tecnologiche per portare a termine lavoro e impegni personali in modo rapido ed efficiente, quando, dove e come vogliono», commenta Rob Orr, vice presidente Enterprise Business di Samsung Europa. «Invece di soccombere per il sovraccarico di informazioni, sembra che abbiano sviluppato la capacità di fondere sfera personale e lavorativa a vantaggio di se stessi e delle aziende. Il rovescio della medaglia, tuttavia, è legato ai rischi sulla sicurezza dei dati».
Così, mentre è in arrivo per fine anno il regolamento generale sulla protezione dei dati dell’Unione Europea, lo studio mostra l’esistenza dei cosiddetti “lavoratori hacker”. Questi, forti della propria dimestichezza con le nuove tecnologie, utilizzano a scopo lavorativo lo strumento che preferiscono, senza tener conto di policy o restrizioni aziendali. E anche su questo fronte gli italiani primeggiano: più di un terzo (34% contro il 26% europeo) hanno utilizzato i propri device per aggirare consapevolmente gli ostacoli imposti, per esempio per accedere a siti web di file-sharing, bloccabili sui dispositivi di lavoro. La percentuale di persone che si comportano in questo modo sale al 46% con i “Millennials”, i giovani tra i 18 e i 34 anni.