Carlo Polese ricopre il ruolo di CIO Corporate di Parmalat, una delle poche grandi multinazionali alimentari italiane, dal giugno del 2007. Laureato in Giurisprudenza all’Università di Genova, Polese ha svolto per circa dieci anni attività di docenza e ricerca dapprima presso l’Istituto di Metodi Quantitativi dell’Università Bocconi e successivamente presso l’area Sistema Informativi della SDABocconi. Dal 1990 ha abbandonato l’ambito accademico per svolgere le proprie attività direttamente in azienda ed in particolare, a partire dal 1998, ha ricoperto la posizione di CIO in diverse aziende del settore dei beni di largo consumo conducendo progetti di trasformazione dei processi e di gestione del cambiamento organizzativo, fino ad approdare in Parmalat. Dopo aver rischiato di sparire dal mercato a seguito del noto crack finanziario venuto alla luce nel 2003, il Gruppo di Parma è tornato oggi ad avere una posizione di leadership a livello mondiale nella produzione e distribuzione di alimenti di uso quotidiano, quale il latte, i suoi derivati (yogurt, condimenti a base di panna, dessert e formaggi, con diversi brand) e le bevande a base di frutta (con il brand Santal). Lavorano in Parmalat circa 14 mila persone per un fatturato di circa 4 miliardi di euro. Il Gruppo è presente in 16 paesi con sedi e stabilimenti produttivi e in 10 paesi con accordi di licenza. I principali, in ordine di importanza di fatturato,sono Canada, Italia, Australia, Sudafrica, Venezuela, Colombia, Ecuador e quindi Russia, Portogallo e Romania.
Dottor Polese, quali solo le sue responsabilità in Parmalat?
Ricopro il ruolo di CIO di Parmalat S.p.A., con la responsabilità dei Sistemi Informativi nel nostro Paese, e funzioni di coordinamento tra tutte le funzioni ICT delle varie società del gruppo Parmalat, un’attività che sta assumendo via via dimensioni sempre maggiori. Il gruppo di lavoro worldwide è di circa 130 persone, una trentina in Italia. A livello organizzativo, la Funzione Sistemi Informativi riporta al CFO.
Quali sono le principali iniziative su cui siete attualmente impegnati?
In ambito internazionale, in particolare, operiamo secondo due direzioni principali. La prima è lo sviluppo di ciò che noi chiamiamo “famiglie professionali” che avviene sia con momenti strutturati di coordinamento tra i responsabili dei Sistemi Informativi delle varie società, con l’obiettivo di definire architetture IT e modalità di governo della funzione comuni e basate sulle “good practice” presenti nel gruppo, sia con la realizzazione di progetti di interesse comune, come ad esempio le iniziative in logica Enterprise 2.0, realizzazione di ambienti di collaborazione, e i portali tematici. L’altra direzione è quella del progetto che chiamiamo SAP Kernel, volto a supportare le società del gruppo nell’implementazione di questa soluzione. L’ERP porterà in prima battuta ad un’omogeneizzazione di tutti i sistemi transazionali dal punto di vista architetturale, ed in seconda battuta dovrà permettere la creazione di centri di competenze su questa piattaforma omogenei all’interno del gruppo. Per quanto riguarda l’Italia, invece, stiamo perseguendo tre obiettivi principali. Il primo consiste nella razionalizzazione dei sistemi transazionali. Il secondo contempla il potenziamento dell’area di Business Intelligence, con un focus su Analytics e Forecasting, ovvero con lo sviluppo di modelli predittivi soprattutto per l’analisi dello spending promozionale, un’area critica nel settore dei beni di largo consumo. In particolare, stiamo utilizzando un sistema di valutazione dell’efficacia promozionale, che ci permette di calcolare il ROI delle varie promozioni, mentre nel 2011 puntiamo a realizzare un modello di ottimizzazione dello spending promozionale sia a livello di categoria di prodotti che di clienti. Il terzo obiettivo prevede invece l’adozione di logiche web 2.0: ci faremo sperimentatori di alcune soluzioni da esportare poi a livello internazionale di gruppo.
Quali sono le linee strategiche di sviluppo per l’ICT?
Nel turbolento contesto economico che stiamo vivendo, abbiamo individuato due driver che, agendo parallelamente, guidano la strategia ICT. Per quanto riguarda la progettazione e lo sviluppo, l’accento è posto sull’integrazione dei processi, la semplificazione delle attività e l’estensione delle aree di supporto al business; per quanto concerne la gestione, invece, dalla precedente ottica di mero cost control, il focus si è spostato sul disporre di leve efficaci per il contenimento dei costi. Da ciò emerge la necessità di sviluppare una sorta di “contabilità analitica”, che alloca i costi ICT in modo dettagliato, per singolo processo di business, per permetterci di adeguare la struttura dei costi della funzione ICT in modo coerente all’evoluzione del business.
Avete dovuto affrontare una riduzione del budget a seguito della crisi economica in atto?
Il primo anno in cui ci è stato chiesto un riallineamento rispetto alla proposta di budget è il 2011. Questo contenimento sarà in ogni caso compensato da investimenti fatti a livello di gruppo, di cui anche l’Italia beneficerà in parte. Nel periodo che va dal 2007 al 2010, invece, abbiamo aumentato notevolmente il livello degli investimenti fatti nel rinnovamento dei sistemi, raddoppian dolo: avevamo infatti l’obiettivo forte di colmare il gap lasciatoci dal crack finanziario che ha interessato l’azienda, e questo ha richiesto una pesante ristrutturazione. L’avvio del processo di modernizzazione ha coinvolto il mondo dei Sistemi Informativi, con l’idea di lavorare sull’aggiornamento dei sistemi correnti e parallelamente sperimentarne di nuovi. Il nostro obiettivo è quello di essere dei Fast Follower, ovvero di adottare nuove tecnologie non in veste di sperimentatori assoluti ma seguendo gli esempi di successo. Io sono arrivato in Parmalat nel 2007 e già si sentiva l’esigenza di avviare questo processo, ma mancava in parte la capacità di avviare iniziative concrete. Prima di intraprendere grandi progetti di modernizzazione è stato comunque necessario che la nostra funzione dimostrasse le propria capacità. Siamo quindi partiti da progetti di più piccola portata, che consentissero un ritorno immediato, come la revisione dei sistemi di reporting con una struttura di datawarehouse a supporto, in maniera da impostare le architetture in maniera adeguata. È poi stato il momento dell’iniziativa SAP for SmallBusiness: abbiamo scelto di partire da un piccolo progetto, che ha coinvolto Portogallo e Italia, per poi procedere all’implementazione del sistema SAP alla società nel suo intero.
Il portafoglio di outsourcing prevede un modello selettivo, con un ampio ventaglio di fornitori, di alcuni prevalenti. La strategia a tendere è orientata verso una maggiore segmentazione e una riduzione della durata dei contratti. L’esigenza di seguire con estrema attenzione il cliente interno nei processi core ci ha indotto a internalizzare i servizi di help desk dapprima per i depositi e le reti di vendita e successivamente estendere il numero verde di supporto diretto anche agli utenti di sede e degli stabilimenti. Ci siamo dati l’obiettivo di una percentuale del 55% di risoluzione delle problematiche al primo contatto, un KPI che stiamo ottenendo anche in questo periodo di turbolenza. Abbiamo realizzato delle survey per indagare il livello di soddisfazione dei nostri clienti interni e i risultati ci hanno confermato l’efficacia delle scelte intraprese.
Qual è il vostro approccio verso le tecnologie Mobile & Wireless? In quali ambiti forniscono i maggiori vantaggi?
Nel nostro settore le aree Sales e Distribution sono le più importanti e su queste evidentemente investiamo di più. Sulla parte Sales, in particolare la mobilità è un fatto storico: abbiamo un migliaio di furgoncini che quotidianamente distribuiscono i nostri prodotti, un key asset da sempre oggetto di innovazione. Una novità che abbiamo adottato di recente in questo campo è il sistema di CRM basato su tablet PC, pensato per tutta la forza vendita, non solo per chi si muove sul territorio con la merce, ma anche per i venditori tradizionali. Inoltre, recentemente abbiamo internalizzato il sistema a supporto dell’attività di rilevazione “in store”, che permette ai nostri Store Account, coloro cioè che visitano i vari punti vendita per monitorare le attività promozionali ed il posizionamento dei nostri prodotti, di fare le rilevazioni del caso in mobilità e di trasmettere le informazioni ad un punto centrale tramite una suite dedicata. Per quanto riguarda invece le soluzioni di Mobility a supporto del lavoro dei manager, che sempre più sono in movimento sul territorio, stiamo per avviare una nuova iniziativa, chiamata Knowledge Worker Mobility, che mira a definire un’architettura di mobilità e a ripensare la strumentazione. Abbiamo in programma un workshop nel quale verranno concordate le linee di evoluzione di queste tecnologie. Bisogna considerare che nella Mobility esiste un trade-off tra i vincoli di sicurezza e di privacy e la necessità di aprire i sistemi per permettere alla forza lavoro dispiegata nel mondo di avere accesso alle informazioni di cui hanno bisogno. Si tratta quindi in primo luogo di risolvere questa delicata questione, trovando il modo di coniugare queste due esigenze per sviluppare un’architettura adeguata. Senza poi trascurare le specifiche richieste che emergono da parte degli utilizzatori finali, che sicuramente sanno più di chiunque altro di cosa hanno bisogno. Il fatto è che avvertiamo la necessità di muoverci con prudenza, di programmare e studiare la nostra strategia in merito. Anziché seguire l’onda preferiamo governarla, e per farlo è necessario un momento di riflessione.
E per quanto invece riguarda le tecnologie di Mobility applicate alla logistica, qual è la vostra esperienza?Anche questo è un aspetto di grande importanza per il nostro business, per cui il livello di applicazione è alto e consolidato da tempo. Di recente abbiamo avviato un nuovo progetto di integrazione tra i Manufacturing Execution System ed i Sistemi Gestionali. Il progetto è per ora attivo in Australia ed in parte in Sudafrica, e in procinto di essere implementato in Canada e poi anche in Italia. L’iniziativa si chiama Quality Monitoring Excellence e nasce dalla collaborazione tra la funzione ICT e le varie direzioni Operations, al fine di integrare tutti i sistemi di controllo delle linee di produzione, con l’obiettivo di acquisire più facilmente ed in maniera integrata tutte le informazioni utili alla pianificazione e al controllo di produzione. Stiamo insomma risalendo la catena del valore verso le fasi che precedono la distribuzione per rendere più tempestivi ed efficaci i sistemi di controllo qualità e tracciabilità.
Fate uso di tecnologie RFId?
Abbiamo posto molta attenzione alle tecnologie RFId e abbiamo anche partecipato ad un laboratorio di ricerca su queste tematiche attivo presso l’università di Parma. Il problema per noi è ancora il costo dei Tag, che è troppo elevato in relazione al valore dei nostri prodotti. Un Tag che costa 5 centesimi rappresenta una componente di costo troppo importante su un prodotto che viene poi venduto ad 1 euro. Il rapporto costi-benefici per noi non è ad oggi favorevole. Osserviamo comunque in maniera attenta l’evoluzione di questa tecnologia e vorremo essere pronti quando sarà in grado di offrire una soluzione adeguata alle nostre esigenze. All’orizzonte si stagliano soluzioni interessanti, ad esempio delle particolari stampanti che, utilizzando inchiostri speciali, sono in grado di creare Tag passivi a bassissimo costo che possono poi essere rilevati da appositi lettori.
Siete impegnati in diversi progetti che utilizzano i nuovi paradigmi di collaborazione 2.0, come l’iniziativa Kid2Kid rivolta ai giovani ad alto potenziale. Con quali risultati?
Il progetto Kid2Kid ha rappresentato l’incipit delle sperimentazioni nel mondo 2.0 e nasce da una forte volontà espressa dal CFO all’interno della funzione Amministrazione Finanza e Controllo, in cui già esisteva questo tipo di iniziativa mirata alla cura dei migliori talenti. Si è quindi colta questa opportunità nella convinzione che i più giovani siano i più ricettivi per questi strumenti, e, con la collaborazione di IBM, si è sviluppato questo piccolo incubatore. I risultati ottenuti sono molto interessanti: abbiamo ricevuto diverse idee innovative e spunti per la soluzione di problemi che, dopo aver rielaborato, sono in fase di implementazione. Sempre sul tema 2.0, a giugno abbiamo tenuto un workshop dal titolo “Technology 4 Business”, che ha raccolto il top management delle società più importanti del gruppo per discutere e fare informazione sull’evoluzione delle tecnologie nel mondo dei consumer products e delle implicazioni in ambito marketing nell’era del 2.0.
Sul mercato si sono affacciate di recente nuove proposte di servizio basate sul modello del cloudcomputing, o Software as a service. Le state valutando o utilizzando?
Stiamo lavorando all’introduzione di un’applicazione di Performance Management Appraisal con Success Factor: una suite in modalità Software As a Service che permette di valutare le performance del management. Stiamo ora valutando di applicarla a livello di gruppo, inizialmente per quanto riguarda il top management, per poi estenderla a tutti i whitecollars. Abbiamo anche sperimentato una soluzione di Unified Communication che consiste in una piattaforma di live meeting, ma non si è dimostrata di grande efficacia nella quotidianità: ci troviamo meglio con le tradizionali videoconferenze.