La tecnologia RFId, lentamente ma inesorabilmente, sta
trovando sempre più vasta applicazione all’interno delle
aziende, innovando profondamente i modelli di gestione e di
processo. Oltre alla fisiologica riduzione dei costi di
produzione di tag e lettori e, parallelamente,
all’incremento di soluzioni concorrenti in termini di Sytem
Integrator, il successo dei test pilota realizzati da alcune
grandi aziende ha convinto ormai il mercato del valore di una
gestione automatizzata delle operations, attirando sempre di più
gli investimenti in questa tecnologia. I vantaggi,
riscontrabili in diverse fasi della gestione della distribuzione
e della vendita, interessano sia l’efficienza per il
rivenditore che l’esperienza di consumo degli
acquirenti. Dal punto di vista della GDO, i benefici
consolidati riguardano diversi aspetti della gestione logistica
dei processi; dal saving delle tempistiche delle
operations, che si attesta intorno al 64% nei casi di
best practice, grazie all’automazione dei processi di
ricevimento, registrazione, e sistemazione della merce in
magazzino, al contenimento della dispersione delle
merci, che può variare dal 20%, nei casi in cui si è
in presenza di un sistema pallet level, al 50% per i sistemi item
level, all’aumento dell’efficienza nella
gestione dei prodotti deperibili e obsolescenti, per una
quota di circa il 20%, grazie al monitoraggio in tempo reale
delle giacenze, ma anche delle condizioni di conservazione nel
caso di prodotti freschi o surgelati, al miglioramento
della gestione dell’out-of-stock e del rifornimento dei
punti vendita, contrastando le perdite da mancata
vendita e aumentando la disponibilità dei prodotti fino al 50%,
fino all’aumento di efficienza
nell’integrazione dei canali di vendita.
Una volta impiegato per i processi logistici,
l’RFId può essere elemento abilitante per nuove
forme di marketing e customer care a livello retailer. Alcuni
vantaggi sono stati individuati anche rispetto
all’esperienza di shopping e alla soddisfazione generale
del cliente, come il miglioramento dei processi di
raccolta di informazioni sui prodotti, della localizzazione
all’interno del punto vendita e delle fasi di acquisto,
grazie alle possibilità di acquisire informazioni aggiuntive sui
prodot ti, di monitorare la loro collocazione e disponibilità in
magazzino, e di automatizzare il pagamento, o la possibilità di
registrare informazioni sulle proprie preferenze individuali,
permettendo in questo modo al retailer di offrire
un’esperienza di acquisto aderente alle esigenze di ogni
consumatore (come nel caso dei camerini smart introdotti
da Prada) e di personalizzare alcuni prodotti,
migliorando il coinvolgimento del cliente e incentivando la
fidelizzazione. Non è superfluo sottolineare che la
tecnologia impiegata per i processi logistici è quella RFId UHF
passiva. Ciò è dovuto non solo alle prestazioni (che
effettivamente consentono maggiori distanze di lettura ma che
risentono molto della presenza di materiali elettromagneticamente
ostili quali metalli e liquidi), ma anche all’ideazione e
rateizzazione di standard sia tecnologici (gli ISO, in questo
caso 18000-6 b, c) che di servizi, (quelli dell’EPCGlobal
Inc). Infatti, nella distinzione tra soluzioni intra enterprise,
mirate a migliorare la qualità dei processi e la produttività
delle attività all’interno della singola impresa, e
soluzioni inter enterprise, finalizzate a creare le sinergie tra
i diversi attori della GDO in modo da integrare il flusso di
informazione su sistemi distribuiti all’esterno
dell’impresa, è importante ricordare il ruolo rivestito
per quest’ultimo fine dallo standard EPC (Electronic
Product Code), un’architettura di servizi di rete
per la condivisione delle informazioni codificata da EPC Global
Inc, l’organizzazione no-profit sviluppata
partendo dal progetto di ricerca universitario degli Auto-ID
Center, che oggi ha lo scopo di stabilire e promuovere
l’EPC come lo standard de facto per l’immediata,
automatica e accurata identificazione di qualsiasi oggetto, in
qualsiasi industria ovunque nel mondo. Solo grazie
all’introduzione di una codifica internazionale per la
strutturazione delle informazioni e per la trasmissione di queste
da un sistema all’altro è stato possibile trarre il
massimo vantaggio per l’integrazione dei processi,
task fondamentale per la cooperazione tra player indipendenti. Se
è vero che l’EPC ha alimentato l’entusiasmo per
questa tecnologia, parallelamente, bisogna notare che ad oggi
sono ancora limitati i casi in cui soluzioni RFId applicate alla
grande distribuzione hanno riscontrato un incremento di
produttività significativo. Questo è dovuto a diversi fattori,
primo tra tutti l’inesperienza che spinge a replicare
soluzioni sperimentate dai grandi pionieri senza una valutazione
d’efficacia specifica per il proprio ambito di business. Ad
esempio, il caso Wal Mart, una delle best practice più
rinomate, rappresenta sicuramente un importante esempio
di implementazione dell’RFId su larga scala, ma mette in
luce anche alcune difficoltà che hanno provocato una battuta
d’arresto nelle previsioni del distributore americano e,
conseguentemente, un cambiamento di rotta a livello strategico.
Una prima grande difficoltà è stata riscontrata nel
tracciamento del singolo prodotto, che di fronte a una grande
varietà merceologica, come nel caso del colosso della
distribuzione, comporta un aumento della complessità e dei costi
tale da non giustificare il ritorno in termini di efficienza.
Inoltre, i vantaggi economici non sono riscontrabili dai
fornitori più piccoli, che hanno spesso lamentato la mancata
realizzazione del ROI rispetto all’investimento imposto da
Wal Mart ai suoi cento più importanti collaboratori. Per
queste motivazioni l’azienda ha deciso di bloccare
l’automazione dei suoi centri distributivi per concentrarsi
al livello degli stores, valorizzando in questo modo il
ruolo dei singoli fornitori, chiamati a dotare di etichette
intelligenti pallet e contenitori piuttosto che gli item.
Un settore, invece, dove l’RFId ha trovato un
perfetto ambito di applicazione è quello della filiera della
moda. Una serie di fattori ha indotto a intravedere nel
fashion terreno fertile per l’RFId. I prodotti, infatti, si
prestano naturalmente ad essere contrassegnati con i tag di
identificazione, essendo realizzati con materiali che non
interferiscono con la lettura e già dotati di etichetta dalle
case produttrici, rendendo in questo modo molto più facile e
vantaggiosa l’identificazione item level. La
tracciabilità dei singoli prodotti in questo settore è un
fattore di cruciale importanza, in quanto risulta essere
uno dei metodi più efficaci di protezione del brand e di
contrasto alla contraffazione. Le tecnologie RFId intervengono in
questo senso identificando in modo certo e univoco il prodotto,
attestandone l’originalità, e tracciando la storia
dell’articolo lungo tutta la supply chain,
impedendo così la dispersione delle merci e
contrastandone la collocazione su mercati di vendita non
ufficiali (i mercati grigi, cioè i canali non ufficiali
in cui sono venduti prodotti ufficiali, creano più danni del mer
cato nero dei prodotti contraffatti). Un ruolo molto importante
è rivestito dalle case di moda, le quali devono rappresentare
una guida per gli altri attori della supply chain per
l’adozione della tecnologia, l’unico vero modo per
massimizzare i benefici lungo tutta la filiera. Anche le
applicazioni rivolte all’interazione con il consumatore
stanno riscontrando molto successo, aggiungendo informazioni
preziose sul prodotto e innovando l’intero processo di
acquisto. Rispetto ai costi dei tag, citati spesso come
principale barriera all’adozione, nel settore tessile e in
particolare per i prodotti ad alto valore aggiunto, questa
difficoltà viene superata, dato che nella maggior parte
dei casi il costo dei cartellini è maggiore rispetto a quello
dei singoli tag a perdere. Le ultime esperienze di successo
dell’identificazione automatica hanno riguardato proprio
aziende operanti nella grande distribuzione tessile, come
American Apparel, che ha dimostrato di aver conseguito un
aumento del 14% sulle vendite in seguito all’introduzione
di soluzioni in-store, e Serge Blanco, l’azienda francese
specializzata in abbigliamento sportivo di lusso che,
dopo due anni di sperimentazione, ha recentemente annunciato di
voler raggiungere la completa visibilità di ogni singolo
articolo (circa 1,5 milioni all’anno) nell’intera
rete di vendita. In ambito nazionale, l’RFId Lab del
CATTID, insieme ad un nutrito gruppo di partner tecnologici e
commerciali, sta portando avanti una sperimentazione della
tecnologia in ambito Tessile e Moda finalizzata allo sviluppo di
sistemi in grado di realizzare la gestione integrata della
distribuzione e di agire a tutela del marchio Made in Italy
tramite tecnologia RFId UHF passiva Item Level. Scopo del
progetto è l’ideazione di alcuni strumenti
“standard” e “plug and play” che possano
quindi spalancare la porta all’adozione dell’RFId a
numerosi player, senza ulteriori costosi investimenti in termini
di studi e analisi di fattibilità. Il progetto,
denominato TRAMA (Tecnologia RFId A supporto della Moda italiana
e per l’Anticontraffazione), prevede il coinvolgimento dei
rappresentanti di spicco del settore tessile e di
aziende impegnate nello sviluppo di soluzioni RFId per
individuare un modello replicabile e scalabile di tracciabilità
e identificazione dei prodotti ad alto valore, corrispondente
alle specificità del contesto italiano. L’applicazione
prevede l’intervento in fase di produzione, con
l’inserimento dei tag sui capi, e in fase di distribuzione,
allestendo le infrastrutture adatte per l’automazione del
passaggio dei prodotti dagli stabilimenti ai punti vendita. I
test effettuati finora in ambito wharehouse hanno permesso di
riscontrare la presenza di ampi margini di miglioramento nei
parametri di produttività, nonostante le sperimentazioni non
prevedessero lo stravolgimento dei processi logistici ma
semplicemente l’applicazione della tecnologia sul contesto
“as is”, proprio per valutare l’efficacia di
soluzioni immediatamente introducibili. Per quanto riguarda,
invece, l’analisi portata avanti sulla rete dei punti
vendita, è stato evidenziato quantitativamente come
l’RFId trovi la sua applicazione killer, oggi,
nelle fasi di inventario, dove abbatte anche del 75% il tempo
necessario all’operazione. Questi risultati,
sebbene ancora limitati ai test, dimostrano che la tecnologia
RFId può rappresentare un reale fattore di innovazione per le
aziende operanti nel Fashion e nel Made in Italy, e unitamente
alle sperimentazioni condotte finora da alcune importanti
aziende, tra cui Marks & Spencer, Lemmi Fashion, Gucci e
Belstaff, costituiscono i segnali evidenti dell’acquisita
consapevolezza del mercato riguardo l’elevato valore
strategico di questa promettente tecnologia.